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Full text of "Gli "anciens régimes" e la democrazia diretta"

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Pubblicazioni dello stesso Autore 



Le basi economiche deiramore (edizione della Critica 

Sociale, Milano 1896). 
Una repubblica italiana: il Cantone Ticino (edizione 

ds^lla Critica Sociale, Milano 1899). 

In corso di stampa: 

Studi dì filosofia, storia, politica e letteratura. 

Di prossima pubblicazione: 

La metafisica scientifica e la sua morale. 
\ Comuni, le Repubbliche e le Signorie. 



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GIUSEPPE RENSI 



GII «aaclens réglmes" 

e 

la democrazia diretta 

CON INTRODUZIONE 

DI 

ARCAN0E1.0 OHI SI- ERI 



BELLINZONA 

Stab. Tip.-Lit. El. Em. Colombi S^ C, 
1902. 



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ALLA MIA LAURETTA 

CHE MI CONGIUNSE ALLA PICCOLA ITALIA 

DOVE SON FATTE REALTÀ LE ISTITUZIONI 

AUGURATE IN QUESTE PAGINE 

PER L' ITALIA GRANDE 



388225 



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^^^-rù£!0 A ^c^-^^-^=^ A c£CO^ 



Ho letto le bozze di questo libro e due 
sentimenti antitetici mi impediscono di 
scriverne, come vorrei, una delle con- 
suete prefazioni o presentazioni gioconda- 
mente allettatrici; non già che mi scar- 
seggi l'ammirazione pel libro e pel suo 
autore, mi scarseggia bensì la fiducia nel 
pubblico.... italiano. 

Ecco — finalmente — dopo tanti anni 
(quanti?) un'opera veramente politica nel 
senso dei nostri antichi. Ed è scritta dopo 
coscienziosi studi e osservazioni proprie, 
con lucidità di forma, semplice, non ar- 
zigogolata o astrusa, per cui quest'opera 
del Rensi dovrebbe divenire « popolare ». 
E tratta i problemi oggi più comune- 
mente discussi; essa affronta collo specillo 



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vili 

di una coltura non superficiale i « luoghi 
comuni » i « pregiudizi » le « frasi fatte » 
universalmente accettate dal giornalismo 
italiano ; cosicché non dovrebb' esservi 
persona mediocremente istrutta, e che si 
interessi poco o tanto di amministrazione 
e di politica, la quale non sentisse il 
desiderio di leggere, di conoscere, di di- 
scutere magari, quanto il Rensi viene 
limpidamente discorrendo nelle sue pa- 
gine. 

I tre capitoli dedicati al « Sistema 
Parlamentare » costituiscono per sé soli 
una compiuta ed esauriente monografia. 
Nessun deputato o pubblicista, e — se 
non fossimo in Italia — vorrei aggiun- 
gere « nessun elettore » dovrebbe esimersi 
dal meditarli. L'autore é un positivista: 
parola oggi screditata, dopo che si pro- 
clamano positivisti i più disinvolti az- 
zeccagarbugli dell' apriorismo politico va- 
neggiante; ma egli è un positivista sen- 
z'ai tri aggiuntivi, onde trae le sue osser- 
vazioni dall'esperienza della storia costi- 
tuzionale inglese (di cui non é a dire 
quanto sia mitologica l'opinione che se 
ne ha in Italia) e un poco altresì dall'e- 
sperienza della storia costituzionale no- 
strana. Gli autori che cita, i fatti che 



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IX 



ricorda, mettono il lettore sulla via di 
corroborare coli' esperienza propria le 
conclusioni dell'autore. 

Valore e compiutezza monografica pre- 
senta altresì l'ultima parte del volume, 
dove discorre della « Democrazia diretta ». 
Quante notizie di fatto, ignote anche ai. 
superuomini del mondo politico italiano, 
a deputati, a capi-partito, a ex-ministri 
e a futuri ministri! Perocché — e qui 
parliamo per esperienza nostra — l'in- 
signe ignoranza delle classi politiche, di 
quelle che si dicono « dirigenti » in Italia 
relativamente a quanto concerne le con- 
dizioni di vita interna degli altri popoli 
— geografiche, commerciali, giuridiche, 
costituzionali, religiose, di educazione, di 
costumi ecc. — sorprende ogni più pes- 
simista prevenzione. Tutti si credono dotti 
in politica estera e costituzionale, perchè 
leggono qualche giornale francese o ber- 
linese; la nazione meno ignota in Italia 
è, realmente, la Francia, i cui avveni- 
menti politici, la cui letteratura, le cui 
discussioni hanno prontamente eco nel 
giornalismo italiano. Ma delle stesse « Po- 
tenze alleate», dell'impero Germanico e 
dei singoli Stati ond' è costituito; dello 
stesso Impero Austro-Ungarico, basta ai 



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più (anche se deputati o ministri) quel 
medio quid di opinioni correnti, che ogni 
più distratto lettore si è venuto formando 
dalla lettura abituale dei giornali no- 
strani. Degli altri paesi poi, Spagna, 
Turchia, Stati Uniti, della stessa Inghil- 
terra, si ha, in Italia, un'opinione, ripeto, 
mitologica, specie di nebulosa in cui 
vaporano le frasi fatte, i fattacci, i motti 
per ridere ed altre sciocchezze, più o 
meno allegre, lette distrattamente nei 
giornali. — - Tra i paesi di cui non si ha 
che un'opinione mitologica (od anzi, per 
ciò che riguarda l' interno funzionamento 
istituzionale, non se ne ha notizia alcuna) 
è la vicina Confederazione Svizzera. 

Eppure neir autonomia de' suol 22 Can- 
toni, nella singolare applicazione d' una 
medesima auto-reggenza a tre razze diffe- 
renti, la Svizzera offre agli studiosi il più 
ricco gabinetto sperimentale di politica 
e di sociologia contemporanea. L'autore 
di questo libro, che ha modo di seguire 
giorno per giorno le cose svizzere per 
diretta informazione, ha saputo far tesoro 
di quel crogiuolo sperimentale per le sue 
accolte considerazioni, discorrendo del 
tema — quasi nuovo in Italia — della 
Democrazia diretta. 



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XI. 



strano a dirsi. L'Italia che fu la terra 
classica degli « Scrittori politici » da qua- 
rant'anni sembra una terra isterilita, dove 
più non possa allignare questa pianta del 
libero pensiero. Dopo Mazzini, dopo Cat- 
taneOy dopo Giuseppe Ferrari, dopo Min- 
ghetti ^ Jacini, Scialoia, Montanelli (e po- 
tete citare altri nomi — ma tutti della 
generazione anteriore all' unificazione) 
dove sono, chi sono, gli scrittori politici ? 

Chi ricordi che la letteratura politica 
fiorisce ad Atene, non a Sparta ; a Fi- 
renze, non a Venezia; tra i dibattiti della 
libertà, non tra gli ossequi della servitù; 
non giudicherà forse troppo glorioso que- 
st'ultimo periodo di nostra storia con- 
temporanea, cosi scarso di letteratura 
politica — nel senso che questa parola 
aveva presso i nostri antichi. Della sta- 
gnazione in cui s' impadula il pensiero 
nazionale è prova la ripetizione uniforme, 
a distanza di due, di tre, di quattro de- 
cenni, dei medesimi volgari idiotismi, 
l'importanza che si dà a sofismi e bizan- 
tinismi, che già vennero confutati dai 
fatti o dalla critica quando ebbero, la 
prima volta, propugnatori più sottili e 
più eloquenti, che oggi non abbiano. La 
stagnazione del pensiero politico è effetto 



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XII 



e causa ad un tempo deirarresto di una 
nazione. 

Questo libro del Rensi — concepito 
con larga e serena veduta delle più ca- 
pitali questioni costituzionali del nostro 
tempo, dissimulante sotto la popolarità 
del dettato la coscienziosa dottrina della 
materia, segnalante agl'italiani, al di sotto 
delle parvenze dell' attuale regime parla- 
mentare, in che consistano le condizioni 
essenziali di una vera democrazia — avrà 
esso la fortuna che si merita ? Sarà letto 
e meditato, come dovrebb'essere, dai so- 
cialisti e dai repubblicani ? Sarà meditato 
e magari discusso, come dovrebbero per 
decoro di partito, dai costituzionali con- 
servatori come dai costituzionali rifor- 
misti ? Avrà esso il merito di attrarre 
verso queste esperienze storiche e con- 
temporanee dei vari regimi politici, l'at- 
tenzione sagace dei giovani studiosi, da 
una fanatica neofilia per certe dottrine 
portati a sprezzare aprioristicamente (e per- 
ciò insensatamente) lo studio di quelle 
forme istituzionali, la cui importanza sta 
alle funzioni della vita sociale, cosi come 
ìli sii uthira dell'organismo sta alla salute 
biologica, cosi come la struttura di un 



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xni 

orologio non è indiflferente al suo esatto 
e durevole funzionamento? 

Comunque sia per essere accolto, questo 
libro del Rensi ha il merito di riproporre 
— per la prima volta, dopo quasi due 
generazioni — il problema del migliore 
dei governi, problema d'interesse ugual- 
mente vitale e attuale per l'Italia, per la 
Francia, per l'Inghilterra, pel Belgio, per 
qualsiasi Stato civile, e di averlo propo- 
sto e illuminato con quella sincerità e 
oggettività di ricerche, da cui, per troppo 
tempo, la deficienza dei faziosi o l'ipo- 
crisia degli opportunisti ci avevano al- 
lontanati. 

Bergamo, 22 dicembre 1901. 

Arcangelo GmsLERi. 



vac^T'-^^fsijfci^ 



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Gli «anciens régimes» 

e 

la democrazia diretta 



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^^^-raao & ^7;^^^- •A'''Q££r>^' 



PREFAZIONE 



. Chiunque segue, anche superficialmente, la po' 
litica italiana, è al corrente delle varie fasi della 
contesa sorta tra una parte del partito socialista, 
da un latOy e un'altra parte dello stesso partito 
e il partito repubblicano, dall'altro. 

Questa contesa incominciò in seguito alle di- 
chiarazioni di ministeriaUsmo di alcuni tra i 
pili eminenti uomini del partito socialista ita- 
liano — primo e più deciso su questa ma Filippo 
Turati, che, del resto, ed di sopra di questo pas- 
seggero dissenso, tutti profondamente amiamo e 
stimiamo. S'inasprì in seguito alla campagna 
oratoria di Enrico Ferri in Romagna ed altrove, 
tendente a sostenere, cx>ntrariamente a qtianto 
aveva cercato di dimostrare con alcuni articoli 
della Critica Sociale (') chi scrive queste linee. 



(*) Vedi / Profeti dell'idea socialista in Italia in Critica 
Sociale del !• e 16 Marzo, !• e 16 Aprile 1901. Ripubbli- 
cando in Tolume a parte (ora in corso dì stampa) questi 
ed altri miei Studiti avrò occasione di spiegare brevemente 
il mio pensiero in argomento. 



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:\ i: -':'!::*'/>' * prefazione 



che Giuseppe Mazzini non può considerarsi 
quale un precursore del socialismo e che la srm 
dottrina è prettamente ** borghese^'. Finalmente, 
quella contesa raggiunse la sua ultima fase 
durante e immediatamente dopo il congresso re- 
pubblicano di Ancona {l-S Novembre 1901), 

In questa ultima fase le obbiezioni dei socia- 
listi ministeriali ai repubblicani posson j riassu- 
mersi così: voi (essi dicono)Xvi rinchiudi, i e nétta 
"pregiudiziale" che fuori della repubblica non 
vi sia salvezza e che nulla si possa fare senza 
di essa. Data questa ** pregiudiziale'* vo do- 
vreste, logicamente, appartarvi dall' odierna vita 
politica attiva e restringervi ad una afferma- 
mazione sterilmente rivoluzionaria. Invece, voi 
prendete parte a questa vita politica, domandate 
e proponete riforme, e con ciò, dimostrando di 
essere persuasi che riforme si possano ottenere 
anche nella monarchia, negate la slessa vostra 
^^pregiudiziale" e di conseguenza abbattete la 
chiave di volta su cui poggia il vostro edificio 
di partito politico. 

Ma questa argomentazione ci pare alquanto 
semplicista. Sembra, infatti, che si possa, senza 
incoerenza, ritenere che solo la repubblica demo- 
cratica {tipo svizzero o americano) presenti Vam- 
tÀente politico atto alla facile, normale, piena e 
perfetta espUcazione della volontà popolare; che 
^^amìmmte politico presentato da una monarchia 
sia sempre le mille migVa lontano daW offrire 
queòii vantaggi; che sia, quindi, opportuno dif- 
fùmhre Videa repubblicana e cercar di convin- 



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PREFAZIONE 



cere il maggior numero possibile di cittadini détta 
verità dei due fatài ora accennati; — e, ciò non 
ostante, riconoscere che quàlcJie piccolo fram- 
mento di bene, qualche riforma utile può com- 
piersi anche con la monarchia, e, quindi, cercar 
di ottenerli. 

La giustificazione deW esistenza di un partilo 
repubblicano — e del repubblicanesimo del par- 
tito socialista — sta completamente nelle tre 
prime circostanze or ora accennate, e non è 
per nulla invalidata daU^ ultima ; così come non 
sarebbe invalidata V affermazione d*un povero 
diavolo che il vitto carneo è l'unico igienico, dal 
fatto che egli è costretto a nutnrsi di palate. 
O forse che gli si potrebbe obbiettare: voi siete 
incoerente: una volta che pronunciate quella 
affermazione, voi dovete incrociare le braccia in 
attesa del vitto carneo: e se vi ostinate a man- 
giare patate, dimostrate con dò V insostenibilità 
della vostra proposizione f Ma il povero diavolo 
continuerà, giustamente, ad affermare che il vitto 
carneo è V unico igienico, e, ciò non ostante, non 
potendo di meglio, a mangiare patate, e, finché 
non può procurarsi quello, cercherà magari 
di aggiungere a queste qualche altra specie di 
nutrimento inferiore. Ciò è, semplicemente, quel 
che fa il partilo repubblicano, quando, fermo 
nétta proposizione che la forma repubblicana- 
democratica moderna è V unica igienica per la 
salute dei popoli, e costante nel diffondere e far 
penetrare nei cervelli questa verità, pure, anziché 
appartarsi e lasciarsi monr di fame, si nutre 



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6 PREFAZIONE 



della maggior quantità di patate o di altri ali- 
menti inferiori che gli è dato procurarsi in mo- 
7uxrchia, e cerca di aumentare più che sia possi-- 
bile questa razione. 

Del resto, si noti che se vi fo^se^incoerema nel 
partito repubbUcano la stessa incoerenza esiste- 
rebbe per il partilo socialista. Anche il partilo 
socialista pone come proposizione che Vunico or- 
dinamento buono è dato dalla collettivizzazione 
dei mezzi di produzione; e tale proposizione pre- 
dica come caposaldo del partito. Ciò non ostante 
cerca di ottenere quelle briciole di miglioramento 
che è dato raggiungere nell'assetto capitalistico. 
Se qu£sto fa il partito socialista, perchè non potrà 
il repubblicano fare, analogamente, la stessissima 
cosa nel campo suo f 



Tra gU uomini politici italiani che hanno 
maggiormente consacrato i loro sforzi a dimo- 
strare che un partito repubblicano non lui ragione 
di esistere, si è segnalato in questi ultimi tempi, 
Von. Ettore Sacchi, il quale svolse il suo concetto 
in argomento specialmente con un discorso pro- 
nunciato il 30 Giugno 1901 a Cremona, e con 
un articolo^ che leggiamo in questo momento^ 
nella Nuova Antologia del 15 Novembre 1901. 

Ciò che rende particolarmente ingiustificata 
V attitudine deWon. Sacchi è lo sforzo ch'egli fa 
per invocare a suo favore il positivismo e quasi 



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PREFAZIONE 



per atteggiarsi a un discepolo in politica di 
Roberto Ardigò. 

Impero^xhè il pensiero ddVon, Sacchi si fonda 
sopra tre capisaldi che sono quanto di meno 
positivo e di più aprioristico si possa immagi, 
nare; e rifugge daW affrontare la realtà anche 
negli axxessori, come quando^ rinnovando U caso 
di Tecoppa, addita, tanto nel discorso quanto 
neW articolo, lo scandalo che cM scrive queste 
linee "ha detto male di Garibaldi", quasi vo- 
lendo così risolvere la questione se V opera di 
Garibaldi sia stata utile o no alla causa détta 
democrazia italiana cól soUto assai poco positivo 
colpo di tamburone patriottico e senza affacciarsi 
a discutere % fatti su cui il nostro giudizio era 
appoggi/ito O. 

I tre capisaldi del pensiero ddPon, Sacchi sui 
quali egli scorre come su principi che non abbi- 
sognino di dimostrazione sono i seguenti: 

I, Che la monarchia non è una forza ope- 
rante * fuori détte masse popolari» una istitu- 
zione *che esiste per sé, distinta e separata dal 
popolo», È invece connaturata con questo, perchè 
costituisce « un ordinamento da esso espressa- 
mente e tacitamente voluto; in modo cioè espli- 
cito dalle generazioni che votarono nei plebisciti 
e in modo tacito dalle successive generazioni per 
tutto lo insieme della vita dello Stato.» 



(*) Abbiamo ** detto male di Garibaldi ** in due articoli 
della Critica Sociale del V Novembre e 1* Dicembre 1900, 
ohe faranno parte degli Studii ora in corso di itampa. 



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8 PREFAZIONE 



II. Che non è più a farsi questione di mo- 
narchia repubblica perchè "nel sistema rap- 
presentativo, essendo il suffragio la leva che può 
sollevare il m^ndo poUtico " la monarchia non 
può aver e altro ufficio che di inalveare la volontà 
del popolo per le risoluzioni che esso crede gio- 
vevoli*. 

III. Che V ipotesi che la monarchia possa 
contrastare alla volontà popolare è smentita 
dalla storia, la quMe "dà torto ai dubitanti, 
ai condizionali^ ai diffidenti ". 

Abbiamo detto che questi tre punti fondamen- 
tali del pensiero dell' on» Sacchi sono quanto di 
meno positivo si possa immaginare, 

E, per vero, qtcanto al primo, crediamo che 
nessun politico positivista, per dimostrare che una 
monarchia in generale e Vitaliana in particolare 
è connaturale alla vita della nazione, oserebbe 
seriamente invocare i plebisciti. Tutti, anche 
coloro che fingono di prenderli con solennità, 
sanno come questi avvengono. Sanno che il ple- 
biscito ha creato i?i Francia l'impero. E sanno 
che in Italia quella scarsissima serietà che ha 
questa forma di manifestazione della volontà 
popolare è stata per di piti distrutta dal mo- 
mento di tumultuario entusiasmo in cui la vota- 
zione accadde, e dal modo particolare con cui il 
quesito ddr accettazione della monarchia venne, 
iberna posnòUità di scelta, sottoposto ai cittadini. 
Maggior ragione avrebbe Fon. Sacchi se la forma 
monarchica fosse stata costruita in Italia da una 
Costituente co?ne nel Belgio dopo la rivoluzione 

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PREFAZIONE 9 



dd 1830. Ma tanto si era sicuri che la monarchia 
fosse la forma naturale in cui poteva adagiarsi 
U popolo italiano, che la Costituente, la quale sóla,se 
mai, poteva esprimere seriamente l'organizzazione 
politica naturale aU* Italia, fu accuratamente e 
con ogni sforzo tenuta lontana. 

Quanto al ^modo tacilo* con cui le genera- 
zioni successive a quella che votò nel plebiscito 
mostrarono e mostrano di volere le istituzioni 
attuali, ci sarebbe da rispondere due cose: la 
prima che bisognerebbe anzitutto ricercare se pa- 
recchie manifestazioni del popolo italiano non 
ismenOscano T affermazione dell' on. Sacchi; la 
seconda che U * mx)do tacito » di consenso popo- 
lare per un governo^ potrebbe, se fosse seria 
mente probante, invocarsi a favore di migliaia 
di governi da tutti riconosciuti per pessimi e di- 
mostrati daUa storia contran allo spirito della 
nazione e alla volontà del popolo che li sopportò. 

Il secondo caposaldo deU*on, Sacelli, che, doè, 
nel sistema rappresentativo, il suffragio sia tutto 
e la 'monarchia quindi non possa avere altro 
ufficio che di inalveare la volontà del popolo, 
anziché essere un concetto positivista, è un vecchio 
lu>ogo comune del dottrinarismo proprio ai pro- 
fessori di diritto costituzionale. Per la sua con- 
futazione rimandiamo Von, Sacchi ai libri del 
Mosca — questo sì un vero scrittore politico 
positivista — o quanto meno ai riferimenti che 
a taU libri si fanno nelle pagine che seguano. 

La terza affermazione delUon. Sacchi, essere 
doè ripotesi che la monarchia possa contraltare 



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10 PREFAZIONE 



aUa volontà popolare smentita dalla storia, è 
destituita d* ogni fondamento. Bisognava, per 
provarla^ che Von, Sacchi avesse confutato i fatti 
raccolti nei nostri articoli della Critica Sociale, 
da lui ricordati; fatti^ i quaU, se non altro, 
attestano che Vaffermazione sopradetta Jia bisogno 
di venire lungamente dimostrata. Ma Von. Sacchi 
crede di aver fatto una dimostrazione trionfale 
quando ha citato raUargamento del suffragio, 
semplice superficialità, vera polvere negli occhi 
dei gonzi; e dimentica la sostanza, cioè Vininter- 
rotta e concatenala serie di fatti che va dal pro- 
dama di Moncalieri attraverso ai lunghi anni 
di crisi extraparlamentari, fino aU^ulUma crisi, 
la cui soluzione fu pure extraparlamentare per 
quanto riguarda i dicasteri della guerra e della 
marina, e nella quale F esclusione dello stesso 
on. Sacxhi e deU^on, Marcora si dovette {diremo 
anche noi parafrasando una frase che ebbe un 
momento di celebrità) a ragioni "che tutti sanno ", 
anche perchè le rivelò la Gazzetta del Popolo 
del 14 Febbraio 1901 (*). 
. Questo U positivismo politico déWon. Sacchi, 

* * 

Ma torniamo alla polemica dei socialisti coi 
repubblicani. 

Con le pagine che seguono noi, senza presU' 
mere minimamente di assiderci a giudici e nep' 



(») Vedi oltre pag. 86. 



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PREFAZIONE 1 1 



pure di entrare direttamente netta polemica, 
abbiamo voluto soltanto mettere in luce la verità 
cui sopra s'è alludo: e cioè che solo le forme 
repubblicane-democraticJie moderne (^) consentono 
un pieno e normale elaterio della volontà popo- 
lare — verità affermata, del resto, nel programma 
minimo socialista come primo postulato politico, 
così formulato: 

« Stato democratico, dove il proletariato si senta 
realmente uguale — politicamente e giuridica- 
mente — al capitalista; e quindi: 

« I. Suffragio universale, semplice, diretto e 
segreto per tutti i maggiorenni d' ambo i sessi. 
— Elettorato passivo illimitato, salvo'* interdi- 
zione per infermità. — JRappresentanza propor- 
zionale. — Referendum, 



{}) Senza preoccuparci soverchiamente dei rigore scien- 
tifico dei vocaboli, e pur sapendo che le due espressioni 
democrazia diretta e democrazia pura sono usate promi- 
scuamente e ne^o stesso senso, avvertiamo, tanto per esser 
intesi, che abbiamo adoperato la prima per sig^nificare i 
sistemi in cui ,il popolo sgoverna direttamente mediante 
sopratutto il referendum e i diritti dMniziativa e di revi- 
sione; mentre riserveremmo la seconda più specialmente 
per quei sistemi in cui il popolo non ha assemblee che lo 
rappresentino, ma gerisce i suoi affari in adunanze uni- 
versali, come nei Cantoni svizzeri a Landsgemeinde. 

Così, quando parliamo^'di sistemi "puramente parla- 
mentari " •* parlamentari " tout court, intendiamo quegli 
Stati in cui la funzione legislativa è affidata ai Parlamenti 
in modo esclusivo, in contrapposizione a quelli in cui è affi- 
data in ultima istanza al popolo stesso, cioè agli Stati a 
democrazia diretta. 



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12 PREFAZIONE 



« II. Tutte le cariche, senza eccezione, eleggibili, 
revocabili, responsabili, retribuite, ecc. » . 

E si noti che la Dichiarazione che precede il 
programma minima avverte che questo sta al 
massimo « nei rapporti di mezzo a fine » . Non 
v*è bisogno d'insistere sull'importanza di questa 
affermazione in relazione coUa trasformandone 
politica di cui al n. 11,^ 

Le polemiche fanno sempre perdere la misura 
e riescono a squilibrare le posizioni. Così è av- 
venuto di queUa di cui abbiamo parlato. Più 
ancora che nelle sfere intellettualmente e politi- 
camente più elevate dei due partiti, nei piccoli 
ambienti e neUe piccole discussioni locali si corse 
oltre al segno, e, da parte socialista, nella natu- 
rale esagerazione cui la disputa conduce, si andò, 
se non erriamo, fino a rimettere a nuovo la teoria 
deW indifferenza verso le forme di governo. 

Per ciò ci parve opportuno ricordare gli argo 
menti e i fatti che tale indifferenza condannano, 
e che, per contro, provano ed illustrano l'oppor- 
tunità dei postulati del programma minimo 
socialista surriportati. 

Si tratta soltanto di ricordare ; epperò sarebbe 
ultroneo voler cercare in queste pagine novità o 
profondità di vedute. 



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Capitoi-o I. 

Vecchi e nuovi governi. 



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^^Ò>rù^ ^ ypi^^s^ A Q££n^ 



U coimiue e general isaimio criterio di di- 
stinzione tra le forine di giovemo è quello 
deillia loro riispiondenza o nooi rieipondenza alla 
voloautà popolare e del faitto ohe esse lascino 
o no iHbero il corso aM'iaifltueinza di questa vo- 
k^ntà popolare nella «comipagine deillo Stato. 

Si ' può dire che questo criterio risalga ad 
Aristotile, il quale ha distinto i governi in 
monarchici (in cui la volontà i)opoilare non 
ha alcuna influenza i)eroliè vi è sovrana quel- 
la del re), aristocratici (in cui la volontà po- 
polare ha solo una piccolissima influenza, 
quella rappresentata dalla piccola classe che 
esercita il potere) e in democratici, in cui la 
volontà del popolo prevale pienamente. 

Tale distinzione delle forme di governo, 
basata sul criterio della prevalenza o dell'e- 
sclusione della volontà poi>olare, fu accettata 
e seguita, da Aristotile in i)oi, da quasi tutti 



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"7^ 



16 CAPITOLO I 



gii scrittori politici. Ed essa, considerata a- 
strattamcdite, è, a nostro avviso, come apparirà 
in seguito, esatta. 

Ma, se la lopniula di distinzione accennata 
è esatta in astmtto, g-li errori sopravvengono 
nelil' applicazione concreta di essa. E' veris- 
simK) che l'escloisiione o l'ammissione della vo- 
lontà popolare alla direzione della cosa pub- 
blica ipuò, teoricamente, stabilire un taglio 
netto e preciso tra le forme di governo. Ma 
quando si tratta di determinare praticamente 
se la tale o la tale altra costituzione politica 
ammetta od escluda Finfluenza della volontà 
popolare; quando si tratta di determinare se 
la tale o la tal altra costituzione politica vada 
claissificata tra quelle che concedono corso alla 
volontà popolare o tra quelle che le elevano 
contro barriere; allora sorgano gli equivoci 
e gli inganni. 

In base al criterio enunciato, noi siamo, 
per esempio, abituati a fare una profonda e 
rigorosa distinzione tra due forme di go- 
verno. Quando pensiamo a costituzioni poli- 
tiche stabilite all'infuori della volontà po- 
polare e neganti a questa ogni influenza nello 
Stato, ci si affacciano tosto alla mente ^.e 
monarchie assolute , gli anciens régimes ; 
quando pensiamo a ordinamenti politici aperti 
alFinflusso della volontà popolare, e organiz- 
ziati appunto collo scopo di accordare a que- 
sta la prevalenza, ci si presentano tosto i go- 
verni ostituzionali, rappresentativi, parla- 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 17 

menitari, diffusisi nella prima metà del se- 
colo XIX, in seguito alla rivofluzione fran- 
cese, x>er tutta Europa. 

La teoria della sovranità popolare, la teo- 
ria che i governi tengono il loro potere dalla 
comunità per delegazione, è accettata (come 
riconosce un acerrimo e formidabdle nemico 
della democraziia, il Summer Maine (1)) in 
tutti i paesi d' Europa e d'America (meno la 
Russia e la Turchia). E dovunque si credette 
che quella teoria potesse prendere corpc e 
tradursi effettivamente in pratica mediante 
i governi parlamentari. Perciò le rivoluzioni 
— lo sforzo supremo compiuto dal popolo 
per ccoiquistare la sovranità — mirarono do- 
vunque ad attuare il regime rappresentativo. 

La rivoluzione dell'SQ, quella del 1820 in 
Ispagna, quella del 1821 e le successive in 
Piemonte e negli altri Stati italiani, quella 
del 1848 in Germania e in Austria, /avevano 
nettamente per iscopo di fondare la sovra- 
nità i>opolare, e tale fu lo scopo che si ri- 
tenne e si prcclamò raggiunto coll'istituzione 
dei governi parlamentari. Ne derivò la con- 
vinzione profonda, radicata, incrollabile che 
questi governi abbiano pienamente realizzato 
l'aspirazione alla sovranità popolare, la quale 
era stata il motivo della loro introduzione; 



(1) Essai sur U goucernement populaire ^Thorin 1887) 
pag. 21 e seg. 



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18 CAPITOLO I 



e che essi rappresentino -di frooite ai vecchi 
regimi asi^oluti, l'era nuova, l'era della li- 
bertà opposta a quella della schiavitù. 

Da questo punto -di vista, la storia oi pare, 
comunemente, divisa eoa: fino al 1789 esclu- 
sione assoluta della volontà popolare dal po- 
tere pubblico che si concentrava (come scrive 
il Palma) (1) «nel signore di una reggia»; 
poi , r aihisso tumultuicso della rivoluziione 
franioese, e di quelle che la seguirono negli 
altri paesi; infine, il sorgere da questo abisso 
dei governi a base di volontà popolare che si 
insddiano in tutto' il mondo civile (meno la 
Russia) mediante le Costituzioni e i Parla- 
menti. 

Se noi richiamiamjo alla memoria l'educa- 
zione storica ohe abbiamo tratta dai libri o 
ricevuta «nelle souole vediamo che essa è pro- 
prio informata a qu^ti concetti. I vecchi go- 
verni erano la comipressione sistematica della 
volontà popcilare, la schiaivitìi; e noi risen- 
tiamo ancora il senso di oscura tetraggine 
che ci ispirava lo studio della loro storia fat- 
tane nelle scuole o che emana da qualunque 
dei più comuni libri di storia quando trat- 
tano di quelli. I nuovi governi sono la libertà, 
il trionfo della volontà po-polare; e ancora 
ramimentiamo il sospiro di soddisfazione, con 



(l) Vor^if iti iUrilto costituzionale (Firenze Pellas 1881) 
r, 2S,!. 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI J9 

Cfui durante il nostro studio f^colasti'oo, o du- 
rante la nostra lettura usciti dal triste pelago 
dei vedahi regimi e giunti al periodo dei nuo- 
vi Stati poipolari, es/clamavano col dolce bri- 
vido' di chi ha sfuggito un pericolo: final- 
mente siamo liberi! cose sinaili a quelle di 
una volta , fortunati noi , non ne vedremo 
più. 

Eppure, veidlete casii!, le cose di una volta 
si ripetono anche sotto i governi costituzio- 
nali, parlamen-tari, rappresentativi, anche ne- 
gli Stati, così detti « popolari ». Quella per- 
secuzione coai cui, come noi avevamo appreso 
nelle scuole o nei libri, i vecchi governi ei 
accanivano contro i cittadini, quelle strazianti 
prigionie la cui lettura ci strappava lagrime, 
quegli eccessi a cui si abbandonava la solda- 
tes-ca sopra un popolo inerme, quelle trame 
poliziesche che ci ispiravano tanto disgusto 
— tutti quei fatti rimasti nella nostra mente 
con uno stigma d'orrore — tutti quei fatti 
che noi ci rallegravamo appartenessero ora- 
«aai al passato, ài passato dei vecchi governi, 
e che noi, per fortuna nostra, non dovevamo 
piii vedere — tutti questi fatti noi li abbiamo 
visti riprodursi negli Stati che, come aveva«mo 
appreso , rispondevano oramai alla volontà 
popolare e in cui la volontà popolare aveva 
liberissimo corso. 

D'altra parte, le medesime lotte dei po- 
poli contro i governi che avevamo appreso 
dalla storia studiata nelle scuole o sui libri 



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20 CAPITOLO I 



più diffusi, esaere proprie degli Siati asso- 
luti in cui la volontà popolare è esclusa dalla 
cosa pubblica, quelle medesime lotte noi le 
vedemmo e le vediamo riprodursi dai popoli 
odierni contro i governi che (come ci si as- 
sicura) rispondono orajnai completamente 
alla volontà popolare e le oooicedono una pie- 
na influenza. Così, per esem{pio, in Italia ve- 
demmo numerosissime parziali insurrezioni, 
e l'organizzazione della miassa popolare, del 
proletariato industriale ed agricolo, in asso- 
ciazioni non certo favorevoli a quel governo 
che s'era sostituito ai vecchi sistemi politici, 
quale asserita affermazione della sovranità del 
pope lo, e non certo da questo governo bene- 
vise: insurrezioni paragonabilissime a quelle 
che dal 1821 in poi turbarono la tranquillità 
degli antichi Stati; organizzazione che può 
per qualcne lato assomigliarsi (dal punto di 
vista politico) a quelle dei carbonari o della 
Giovine Italia, e che a molti sembra ancora 
più paurosa. 

E' vero che molti scrittori sciorinano un- 
sacco di buone ragioni per dinaostrare che 
un governo, pur perfettamente libero e pur 
assolutamente popolare , può arrestare , im- 
prigionare ed uccidere i cittadini come il 
governo italiamo nel 1894 e nel 1898. E' vero 
che quegli scrittori sostengono che le nume- 
rose insurrezioni avvenute in Italia, contro 
il governo « uscito dal popolo », e l'organiz- 
zazione della massa popol^are, OTientata con- 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 21 

tro il medesimo governo, non sono i>er nulla 
affatto schiette manifestazioni della volontà 
popolare. Ma tutti gli arzigogoli messi in- 
nanzi su questo argomento non possono im- 
pedire che ogni intelligenza semiplice e di- 
ritta soorgia l'assoluta identità sostanziale tra 
fatti della medesima indole: persecuzioni po- 
litiche inflitte ai cittadini, insurrezioni e as- 
sociazioni dirette contro il governo. 

Se queste insurrezioni e associazioni, ot- 
tantanni fa, erano la manifestazione della 
volontà popolare , come e' insegnano nelle 
scuole; e se le i)ersecuzioni che tali insur- 
rezioni e associazioni provocavano erano la 
dimostrazione che i governi stava-no accam- 
pati fuori e contro la volontà popolare; per- 
chè fatti della medesima indole, ver iflcan tisi 
oggidì, non vorranno dire ohe tra la volontà 
popolare e l'assetto governativo v'è lo stesso 
contrasto negli odierni Stati parlamentari di 
quello che v'era nei regimi assoluti ? 

Sappia/mo bene come l' idea che rispetto 
all'effettiva realizzazione della sovranità po- 
polare i regimi costituzionali non siano gran 
che dissimili dagli assoluti sembra parados- 
sale e mostruosa a tutti coloro i quali sono 
rimasti nella credenza comune che il sistema 
parlamentare abbia segnato un'epoca nuova 
di fronte alle monarchie assolute. E sap- 
piamo anche bene che quell' id-ea sembra i)oco 
men che pazzesca a tutti gli altri ohe non 
si occupano, o si oocuipano raraonente, di po- 



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22 CAPITOLO I 



litica. Mia alcuni brevi riflessi ci faranno 
persuasi non essere costoro che possono por- 
tare sopra una determinata forma di governo 
un giudizio attendibile e decisivo. 

Quallunque sia stato il sistema politico in 
vigore , sotto la monarchia assoluta come 
sotto le dominazioni straniere, vi fu sempre 
una larga categoria di persone che ncn ne 
desiderava affatto il cambiamento. Tutti co- 
loro che, senza nutrire delle idealità politiche 
spiccate, attendevano ai loro affari e pote- 
vano compierli senza soverchi inciampi da 
parte del x>otere politico, tutti coloro che ave- 
vano larghi agi né di alltro si occupavano se 
non di conservarli e di goderli, non hanno 
mai desiderato il cambiamento di nessun go- 
verno, né hanno mai pensato che alcun go- 
verno fosse costituito contro la volontà popo- 
lare. Le alte classi francesi del tCxTi/po della 
rivoluzione erano partigiane della monarchia 
assoluta; l'aristocrazia e l'alta borghesia ita- 
liana, i cui membri diventavano ciambellani 
della Corte di Vienna o dei suoi luogotenenti 
in Italia, erano, nella loro generalità, parti- 
giane dell governo austriaco. 

Ora, noi per giudicare di quel che fosse , 
sotto quei dominii, la volontà popolare, non 
ricorriiamo al parere dei soddisfatti; ricor- 
ri anK.. al parere degli scontenti. Non a quello 
(Ir (coloro che traevano benefici dal sistema 
in Vigore; ma a coloro che ne subivano Fop- 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 23 



Il medesimo criterio dobbiamo applicare 
per giudi-care dei governi d'oggidì. Bisogna 
che noi, per giudicare rettamente se i governi 
attuali incarnano la volontà popolare, ci sfor- 
ziamo di uscire dalla nostra pelle di classe 
dirigente 'die dalla pr^-ente forma politica 
trae mille vantaggi, che ha voce in capitolo 
presso tutte le autorità, che è ascoltata, e la 
cui influènza ha mille modi di farsi valere 
in ogni ingranaggio del meccanismo gover- 
nativo. Rade volte una persona appartenente 
alila così detta classe dirigente resta abban- 
donata totalmente alle sue sole forze oontrc 
l'azione governativa; essa può agire sulla 
giustizia sia per rapporti personali ohe può 
avere coi giu'dici , perchè questi apparten- 
gono alla sua medesima classe, sia per mezzo 
di amici comuni. Può aigire sull'amminiistra- 
zione, in tutti i suoi ramni, per mezzo d'i de- 
putati o di funzionari amici, o per mezzo di 
amici degli amici. Anche senza conoscenze 
personali la sua stessa posizione sociaile, che 
pili ?, la sua stessa foggia «decenite» di ve- 
stire gli assicura entratura ed ascolto. E' na- 
turalissimo che tali persone trovino che gli 
attuali governi offrano tutte le libertà e tutte 
le garanzie possibili di rispondere al volere 
della camomità. 

Ma noi dobbiamo far astrazione dai van- 
taggi che offrono a noi le presenti forme di 
governo, e metterci nei panni di coloro che 
nessuno di tali vantaggi risentono, di coloro 



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24 CAPITOLO I 



ohe appartengono ad una classe diversa dalla 
nostra, t^he non hanno né V educazione, né 
V istruzione, né i modi, né la f og^a di ve- 
stito della clas^ dirigente, né rp.pporti di 
amicizia con. questa, e cui quindi un abisso 
separa da tale classe e dai funzionari dello 
Stato che escono dal seno di essa. Dobbiamo 
metterci nei panni di cc-storo e procurar di 
capire come costoro giudichino dei presenti 
governi. 

Un esempio ci si offre mentre scriviamo. 
Uno dei tanto frequenti scioperi di risaiuole 
è scoppiato a Mdinella. Le condanne pio- 
vono sulle scioperanti per le preghiere che 
es-se rivClgono alle loro compagne di aste- 
nersi dal lavoro, considerate come reatc contro 
la li'bertà di lavoro. Le scioperanti sanno di 
operare secondo la legge, tanto ohe fomite di 
una carta nella quale sono stampati gli ar- 
ticoli del ood'iice oonsaicraniti il diritto di 
sciopero la mostrano ai carabinieri e dicon 
loro: se lo sciapero non è un reato noi siamo 
nel nostro diritto se invitiamo le nostre so- 
relle, senza violenza e senza minaccio, come 
la legge prescrive, a desistere dal lavoro e 
a fare atto di solidarietà con noi. 

Queste scioperanti, adunque, sono così si- 
cure di non commettere nessun reato, come 
poteva esserlo Voltaire, quando sulla falsa 
accusa di aver scritto un libello contro Luigi 
XIV, fu chiuso per un anno nella Bastiglia; 
come poteva essere sicuro Raynal di non aver 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 25 

commesso atto punibile di sorta pubblicando 
VHistoire des Indes; o Marey scrivendo VA- 
nalyse de Bayle; o Lingnet gli Annales Po- 
litiques; o Delisle la Philosophie de la Na- 
ture; o Duvernet la storia della Sorbona; 
come potevano essere sicuri di non aver fatto 
nulla di punibile Marmontel leggendo a po- 
chi amici una satira non sua contro il dluca 
d'Aumont; o Moreliet per aver fatto un'in- 
nocente allusione alla principessa di Kobeck; 
o Diderot 'pev aver scritto che i ciechi dalla 
nascita hanno idee differenti da coloro che 
posseggonc-i il oeoiso della vista. 

Tutti costoro, per aver esercitato quello che 
essi erano sicuri fosse un loro diritto, e che 
tale veramente era, furono gettati nella Ba- 
sti'gilia o esigliati. E noi troviamo in ciò la 
prova evidente che Vancien regime era la 
tirannide e opprimeva la coscienza pojwlare. 

Le scioperanti di Molinella, per esercitare 
quello che esse sanno essere un loro diritto, 
si vedono condannate e imprigionate. Quale 
può essere il loro giudizio sul presente go- 
verno parlamentare se non lo stesso che noi, 
oliassi borghesi, formuliamo per le stesse cau- 
se, contro le monarchie assolute ? 

« Vanno in carcere allegram^ente (riferiva 
un giornale al tempo dello sciopero cui al- 
ludiamo) : accompagnai ieri da Molinella a 
Budrio tre donne arrestate. Erano ardite ed 
orgogliose di trovarsi fra i carabinieri ; le loro 
compagne le salutavano piangendo e ridendo 



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26 CAPITOLO I 



ad un tempo. — Coraggio — gridava, men- 
tre il treno si moveva, una donnetta bruna, 
cogli occhi scintillfaìiti — coraggio, presto 
verremimo anche noi a raggiungervi in pri- 
gione... 

« I ragazzi ricordano i lutti di quei giorni 
(delle reipressioni del 1893 e del 1898) e si 
vantano nello stesso tempo di aver dato alle 
carceri il padre e la madre... 

« Che importa il forcaiolismo del pretore 
di Budrio ? Esse lo sanno che vuol fare car- 
riera e si recano alle udienze neppure sospet- 
tando di essere assolte, sicure della condanna. 
Quindi non si difendono, non contestano le 
monotone testimonianze dei carabinieri, piii 
che altro occupate in una gaia letizia per 
essere state prese di miira». (1) 

Si rifletta un momento a questa situazione 
di cose. Si pensi a quelle operaie che sono 
certe di aver esercitato un loro diritto, di 
non essere uscite dalla legge, e sono nell'i- 
s'tesso tempo certe di essere condannate. Si 
pensi all'orgoglio dei ragazzi di aver avuto 
i genitori in carcere, simile a quello che nu- 
trirebbe ciascuno delle classi borgjhesi i>er 
aver avuto il padre perseguitato dal governo 
austriaco. E si vegga se tutto ciò non riveli 
una corrente d'opinioni che -per essere estra- 



(1) G. B. PiroUni neW Italia del Popolo 17 e 18 mag- 
gio 1901. 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 27 

nea a noi delle classi dirigenti non è meno 
esistente e meno basata sulla realtà. Si vegga 
se quei contadini non sentano, e non abbiano 
ragione di sentire, che lo Stato non è qualche 
cosa ohe essi abbiano contribuito a formare 
e contribuiscano a mettere in moto, ma qual- 
che cosa che sta sopra loro, del tutto al? in- 
fuori delle loro volontà e contro di loro in 
attitudine oppressiva — tal quale come i 
perseguitati dai vecchi governi consideravano, 
e noi stessi in causa di quelle persecuzioni 
consideriamo, le dominazioni assolute. 

E siccome gli operai, i contadini , quelli 
che trovano o possono trovare ogni momento 
di fronte a loro lo Stato nello stesso atteggia- 
mento oppressivo, sono nella società di gran 
lunga il maggior numero, si vegga se non 
sia esatto dire che il contraiate tra la volontà 
popolare e l'assetto governativo è negli odierni 
ordinamenti costituzionali il medesimo che 
era negli ordinamenti autocratici. 

Non sappiamo se la continuità di questo 
contrasto dica nulla a coloro che sono cre- 
sciuti nella fede che il passaggio dalle mo- 
narchie assolute ai governi raippresentativi , 
abbia segnato il passaggio dalla schiavitù 
alla libertà , dalla compressione al ricono- 
scimento della volontà popolare. Non saj)- 
piamo se dica nulla a costoro il seguente 
fatto: gli attuali regimi rappresentativi sono 
sorti dovunque sotto l'imi>eto e per opera di 
quella significantissima manifestazione della 



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28 CAPITOLO I 



volontà popolare, che è la rivoluzione; ciò 
vuoil dire che la volontà popolpre credeva di 
trovare nei regimi rappresentativi quel li- 
bero esercizio che i governi, contro i quali 
per mezzo delle rivoluzioni era insorta, le 
negavano; eppure, manifestazioni assai ana- 
loghe a quelle con le quali la coscienza po- 
polare dimiostrc il suo dissenso dai vecchi 
governi, — manifestazioni assai analoghe a 
quei moti di popolo in base ai quali si giu- 
stifica il sostituirsi dei regimi parlamentari 
agli assoluti, e si sostiene che i primi sono, 
a differenza di questi ultimi, l' espressione 
della volontà popolare — si prodoicono ora 
ugualmente contro i governi parlamentari. 
Non sappiamo se dica nulla a coloro il fatto 
che questi governi, che si pretendono rap- 
presentare la stessa organizzazione del potere 
della volontà popolare, non possono reggersi 
se non usando ad ogni istante di mezzi di 
compressione violenta: leggi eooezionali, stati 
d^assedio, tribunali militari, commissioni -per 
il domicilio coatto, come in Germania du- 
rante la lotta bismarchiana contro il partito 
socialista; come in Italia, specialmente mei 
1894 e nel 1898; come in Ispagna quasi inin- 
terottamente dal 1899 in poi; — quegli stessi 
mezzi appunto che usavano i vecchi governi; 
— quegli stessi mezzi appunto de' quali so- 
pratutto si mlirava ad impedire l' applica- 
zione quando s'abbattevano i vecchi governi. 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 29 

e vi si sostituivano i nuovi foniiati sugli 
Statuti. (1) 

Successivi commovimenti x>opolari , dap- 
prima deboli e facilmente repressi, poi im- 
petuosi e iTresistibili, hanno abbattuto i vec- 
chi governi assoluti e li hannc so&tituiti coi 
rappresentativi. E ci si insegna che quei 
commovimenti appunto voglion dire che la 
volontà popolare si sentiva compressia sotto 
i vecchi governi, ed era perciò ad essi fiera- 
mente avversa. Or dunque, che coea vorran 
dire commovimenti popolari analoghi a quelli, 
ohe si operano contro gli attuali governi ? 

Gli arresti, le lettres de cachet, le prigionie, 
i tribunaL'i militari, i giudizi statari, messi 
in pratica dai vecchi governi, ci si insegna 
che significano esser stató questi governi in 
così stridente contrasto colla volontà popo- 
lare da aver bisogno della violenza i>er reg- 
gere ed imporsi. Or dunque, che cosa signi- 
fichera/nno quegli stessi fenomeni manife- 
stantisi per opera dei governi rappresen- 
tativi ? 

Noi sotto d'urto di questi fatti che ci di- 
mostrano la continuità del contrasto tra la vo- 
lontà popolare e l'assetto governativo, siamo 



(1) Art. 26 dello Statuto italiano : « Niuno può essere 
arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti 
dalla legge, o nelle forme che essa prescrive ». Art. 71 : 
« Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non 
potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni 
straordinarie >. 



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30 CAPITOLO I 



condotti a ques^ conclusione: essere as&o- 
lutamenite fallace l'aipplioazione pratica del 
criterio del riconoscimento o dell'eselusione 
della volontà popclare dai poteri pubblici , 
nel senso di stabilire la distinzione profonda, 
che è comunemente accettata, fra le monar- 
chie laissolute (gli anciens régimes) e i governi 
rappresentativi; ed essere invece, dal punto- 
di vista di quel critei'io, le monarchio assolute, 
e i governi rappresentativi sostanzialmente 
identici e tali da dover eissere classificati nella 
medesima 'categoria. 



NelFaffermazione che la distinzione tra le 
monarchie assolute e i governi rappresenta- 
tivi, basata sul criterio che i primi preclu- 
dessero e i sec^ondi ammettano la prevalenza 
della volontà popolare nel potere pubbblico, 
è una distinzione errata, noi siamo preceduti 
da uno dei più acuti scrittori italiani di 
scienze politiche: Gaetano Mosca; sotto l'e- 
gida della cui autorità amiamo porre, per 
coloro cui sembrasse ostica., la nostra affer- 
mazione. 

Il Mosca ha escogitata e svolta nelle sue 
due principali pubblicazioni, una teoria ori- 
ginale e, fino ad un certo- punto, perfetta- 
mente esatta: quella della classe politica. 

Non è vero (egli dice) né che le monarchie 
assolute fossero l'espressione esclusiva del vo- 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 31 

lere d'un solo, né che i moderni S/tati par- 
lamentari siano Fespressione della volontà i>o- 
polare. E' questa, bensì l'opinione comune. 
« Ai giorni nostri ancora molti Governi si 
dicono la manifestazione della volontà del 
paese; si ammette, e si crede anche, che la 
base legale di essi stia 'nell'essere accettati 
volontariamente dai più... Spesso ancora sen- 
tiamo parlare di Governi, da noi poco lon- 
tani, nei quali tutto si fa a nome di un au- 
tocrate, ed anche in questo caso il principio 
legale facilmente «i prende per il fatto , e 
crediamo ohe intere nazioni obbediscano al 
Governo assoluto di un sol uomo ». (1) 

Ma ciò è falso. 

Non è vero in primo luogo» che, come co- 
munemente si crede, nelle monarchie asso- 
lute, il potere pubblico sia, per usare l'espres- 
sione del Palma, confinato in una reggia. 
« Se un uomo scio, qualche volta può con un 
atto della sua volontà esercitare un'azione che 
si faccia sentire in tutta l'ampiezza di uno 
di questi Stati, ciò accade x>orchè si trova 
in una posizione dalla quale può dare l'im- 
pulso a tutta una macchina governativa va- 
stissima e complicata; ma questa macchina 
non la compone lui, sibbene è un'organizza- 
zione umana i cui elementi sono determinati 
da un complesso di fatti storici e sociali, che 



(l) Mosca — Sulla teorica dei Governi e sul Governo 
parlamentare (Loescher 1884) pag. 21. 



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32 CAPITOLO I 



ua uomo solo non può né creare né profon- 
damente modificare. E quest'impulso di cui 
abbiamo parlato, quell'uomo non può dare se 
non in momenti straordinari e decisivi e so- 
lamente nelle grandi linee, ma per ciò che 
ecncerne i momenti ordinari, gli atti quoti- 
diani della vita pubblica questa macchina , 
quest'organismo umano agisce da sé ». (1) 

Ma non è per nulla più ve<ro, in secondo 
luogo, ohe la volontà popolare sia sovrana in 
uno Stato parlamentare. « Anche in questo 
caso é necessaria una macchina governativa, 
un'organizzazione composta naturalmente da 
una minoranza numerica, per la quale tutta 
l' azione governativa si esplichi. Anche in 
questo caso tutte le pubbliche funzioni sono 
nel fatto esercitate né da uno solo né da 
tutti sibbene da una classe speciale di per- 
sone ». (2) 

Abbiamo dunque, secondo il Mosca, una 
perfetta identità d'i situazione, rispetto alla 
parte concessa alla volontà popolare nel po- 
tere pubblico, sia nella monarchia assoluta 
che negli Stati costituzionali. Nelle prime 
come nei secondi , una piccola minoranza co- 
manda, una grande maggioranza obbedisce. 
« In tutte le società, a cominciare da quelle 
più mediocremente sviluppate e che sono ap- 
pena arrivate ai primordi della civiltà, fino 



(1) Mosca, loco citato. 

(2) Ibidem : pag. 22. 



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VECCHI E NUOVI GOVERNI 33 

alle più numerose e più colte, esistono due 
classi di persone, quella dei governanti e l'al- 
tra dei governati. La prima che è sempre la 
meno numerosa, adempie a tutte le funzioni 
politiche, monopodizza il potere e gode i van- 
taggi, che lad esso sono uniti; mentre la se- 
conda più numerosa, è diretta e regolata dalla 
prima in modo più o meno legale ovvero più 
o meno arbitrario e violento, e ad essa for- 
nisce, almeno apparentemente, i mezzi mate- 
riali di sussistenssa e quelli che alla vitalità 
delPoTganismo politico sono necessari ». (1) 
Tanto nel caso dei governi ajssoluti che 
dei costituzionali il fenomeno, adunque, è 
identico. Una piccola cla-sse è la sola che co- 
manda. E « quest'organismo che fa tanto , 
che può tanto, e che a tutti s' ionpone, non è, 
in fondo, compreso, voluto, soaiteniuto, che da 
uno scarsissimo numero di uomini. Le masse, 
la maggioranza, gli forniscono, è vero, i mez- 
zi coi quali sostiene ed esplica la sua azione, 
ma non già volontariamente, perchè ricono- 
scano l'utilità di quest'ente, sibbene perchè vi 
sono costrette dalla forza, perchè non sanno 
sfuggire alla -sua azione ». (2) Questa pic- 
cola minoranza, che costituisce la classe poli- 
tica, esercita sempre effettivamente il coman- 
do (sebbene variamente comiposta) negli Stati 



(1) Mosca — Elementi di scienza politica (Loesoher 18%) 
pagina 60. 

(2) Mosca — Sulla teorica ecc., pag. 22. 

3 



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34 CAt>ITÓLO I 



rappresentativi , <jome aegli anciens régimes. 
Soltaaito lo esercita mediante una diversa for- 
mula; politica : n0gli ancienè régimes la for- 
mula era il diTitto divino dei re; nei reg- 
gimen'ti costituzionali la formula è quella u- 
•scita' dalla rivoluzione francese: Libertà, U- 
j^aglianza. Fratellanza. Ma sotto entrambe 
queste formule, si riseonitra il medesimo fat- 
to: la pi-dcola elasse dei governanti cbe eo- 
mand-a a quella vastissima dei governati. (1) 
L'idientità degili Stati assoluti e dei oostiitii- 
zionali, rispetto all'esercìzio del potore pub- 
blico da parte della volontà poi>olare, è stabili- 
ta da un'ultima osservazione. Traverso la réte, 
in cui tanto- nei primi che nei secondi la vo- 
lontà popolare è costretta, essa riesce talvolta 
a passare. «Qualunque sia (scrive il Mosca) 
il tipo di organizzazione sociale, la pressione 
proveniente dal malcontento della massa dei 
governati, le passioni da cui essa e agitata 
possono talvolta esenoitare una certa influen- 
za suirindirizzo della classe -politica. » (2) Il 
che vuol dire (come anche risulterà da quanto 
esporremo più innanzi) che la volontà popo- 
lare riesce, talvolta, a prevalere del pari nei 
regimi assoluti come nei costituzionali quando 
abbia raggiunto sia nei primi che nei secondi 
un grado uguale di forza. 



(t) Sulla Teorica ócc. (Capitolo IV) e Elementi ecc. 
(Capitolo II). 

(2) Elemenii ecc., pag. 61. ' 



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vecchi: E NUOVI GOVERNI 3S 



Noi acoettiamo integràlmBnte' questa' teoria 
del Mosoa ih quanto essa t^àrifìca i regimi" 
assoluti e i regimi costituzionali; stabilisce 
che i secondi non hanno realizzata la sovra- 
nità popdare meglio dèi primi; rovescia il 
dottriiiarismo liberale secondo cui questi "lil- 
tiróii regimi avrebbero instaurata la libertà 
politica, fatti i pòpoli arbitri delle loro sorti, 
e resi i' governi semplici delegati di poteire 
della comunità. : 

Ma abbiamo détto che la teoria del Mosca 
è vera fino ad un certo punto. 

Essa è vera, cioè, fino a quel punto di evo- 
luzione po/litica che il Mosca aveva presente 
nel formulare la sua teoria; vale a dire fino 
alla comparsa dei governi puramente par- 
lamentari. Fino a questo punto, infatti, si 
può affermare con piena verità òhe in tutte le 
forme di governo vi è una piccola classe po- 
litica l-a quale comanda alla ampiissima classe 
dei governati. 

Ma que&ta teoria crolla davanti all'ulteriore 
svolgimento dei governi puramente parlamen- 
tari nelle forme modernissime di democrazia 
diretta. Le tre principali istituzioni politiche, 
inifatti,' introdotte nei reggimenti a demo- 
crazia ditetta, il referendum, il diritto d'ini- 
ziativa , e il diritto di revisione , rompono 
irremissibilmente il breve cerchio della «clas- 



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36 CAPITOLO I 



se politi-ca» riacchìiidente esclusivamente in 
sé il potere pubblico, e diffondono la vis po- 
litica (se ci è lecito usare questa espressici 
ne) veramente per tutto il popolo, rendendo 
effettivo l'esercizio del potere pubblico e della 
sovranità in ciascun cittadino. 

Anticipando, quindi, sulle conclusioni cui 
verremo più innanzi, pc-niamo questa propo- 
sizione: tra i governi assoluti e quelli pura- 
mente parlamentari non v'è alcuna, sostanziale 
diversità. Essi vanmo classificati nella mede- 
sima categoria; nella categoria dei governi 
eretti sulla base d'una piccola «d'asse po- 
litida » che dettene ed esercita esclusivamente 
il potere. 

Nei regimi assoluti la « classe politica », 
era composta essenzialmente dei nobili e del 
clero. Nei regimi puramente parlamentari 
essa non è costituita in modo molto dissimile, 
giacché tra i primi elementi che concorrono 
a formai^ia vi sono la nascita e la ricchezza. 
Citeremo anche qui V opinione del Mosca : 
« Nascita vuol dire ricchezza, vuol dire re- 
lazioni che uno può difficilmente acquistare 
mentre ad un altro sarà facilissimo; vuol 
dire facilità relativa di rendersi padrone di 
certe cognizioni, che ad altri costeranno mol- 
tissimo studio; vuol dire tuono ed abitudine 
al comando, e ad occupare una posizione im- 
portante; cose quest'ultime che si credono 
generalmente di poco peso, e che invece nella 
pratica della società ne hanno uno grandis- 



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VECCHI fi NUOVI GOVERNI 37 

aimo. Il pallio è offerto a tutti, tutti pos- 
sono correre per guadagn-arlo, senonchè chi 
ne dista pochi passi, chi cento; ecco di che 
cosa decide la nascita». (1) 

Altro elemento che concorre a costituire la 
« classe politica » nei reggimenti costituzio- 
nali è, è vero, il merito personale. Ma a parte 
che questo elemento non era affatto privo di 
efficacia neppure nei governi assoluti, esso è 
subordinato a quello della ricchezza. «Lo 
stesso acquisto di una coltura superiore (nota 
giustaduente ancora il Mosoa (2)) e delle co- 
gnizioni speciali è immensamente da essa fa- 
cilitato; ai ricchi è cento volte più fiacile 
lo istruirsi che ai poveri ». 

Quindi, tanto gli ordinamenti assoluti che 
quelli puramente parlamentari sono governi 
di classe, e, più specialmente, governi in cui 
la classe dominante è formata in modo assai 
simile perchè costituita sopratutto dagli ele- 
menti della nascita e della ricchezza. 

Giunti a questo punto ci è facile vedere 
il i)erchè anciie negili Stati puramente parla- 
mentari si avvertono quelle persecuzioni po- 
litiohe e quell'orientamento di parte del po- 
polo contro il governc, come contro un ente 
nemico, eiie credevamo peculiari agli ordi- 
namenti autocratici. 



(1) Sulla teorica dei Governi ecc., pag. 37. 

(2) Ibidem: pag. 39. 



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38 CAPITOLO I 



fia ragione ne è che tanto questi quanto 
i primi some governi di classe e da questa 
loro identità di principio non possono non 
derivarne in pratica le medesime conseguenze. 

Ma se tra i regimi puramente parlaoDentari 
e i regima assoluti non può stabilirsi un<a ra- 
zionale distinzione perchè entram'bi gc^erni 
di elasse, e entrambi quindi fondati e funzio- 
nanti fuori e sopra della volontà popolare, 
la distinzione vera e sostanziale tra le forme 
di governo è quella che separa i ^[ovemi a 
« classe politica » (siano essi monarchie as- 
solute o Stati puramente parlamentari) dai 
governli a democrazia diretta in cui una classe 
politica esercitante in modo esclusivo il po- 
tere non esiste, perchè tale esercizio, mediante 
il referendum, il diritto d'iniziativa e quello 
di revisione, è in balìa di tutto il popolo. 

Per noi, adunque, le monarchie assolute e 
i regimi puramente parlamentari costitui- 
scono, entrambi, gli anciens régimes. Il nuovo 
governo' è costituito solamente dalla moderna 
democrazia diretta, la quale sola segna quindi • 
effettivamente il passaggio dal vecchio al 



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Capitolo II. 

Le monarchie assolute. 



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^^3-rù£o et .^r-^jS.^^^ ^ QCOvg) 



Abbiamo visto come uno dei concetti più ge- 
neralmente diffusi, perchè appartengono alla 
categoria dei semplicismi aicoettati per udito 
dire e senza esame, sia quello che i governi 
parlamentari differiscano radicalmente dalle 
moniarehie assolute, perchè nei primi doonina 
la volontà popolare, Topinione pubbliica, men- 
tre nelle seconde dominava sovranamente la 
volontà del monarca. E abbiamo notato come 
il Mosca giustamente osservi che noi siamo 
tenuti ad amanettere che il volere di un uo- 
mo solo potesse diventar legge per una so- 
cietà nuanerosa e politicamente organizzata, 
che questo uoano solo potesse far dipendere 
dai suoi assoluti comandi milioni di persone, 
e che ancora adesso in Russia un'intera na- 
zione obbedisca al gCT^ernt> as&oluUj ^ii un sol 
uomo. (1) E' con dinanzi alla mente questo 



(1) Mosca — Sulla teorktt dei Gavemi e sui GorùrfiO 
parlameniare (Loescher isaj) piig- 20, 21, 



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42 CAPITOLO II 



conicetto superficialissimo delle monarchie as- 
soloite che ci siamo foranati Taltrettanto su- 
perficiale convinzione che il passagi^o da 
quelle ai governi parlamentari seg-ni il pas- 
saggio dalla schiavitù alla liibertà, dall'era 
della tirannide a quella della sovranità po- 
polaTe. 

La verità è che la parte personale che nel 
governo dello Stato poteva esercitare il so- 
vrano assòluto non era nelle vecchie monar- 
chie gran fatto superiore a quedla che eser- 
cita nelle monarchie parlaimentari il sovrano 
costituzionale; e che la parte che nella dire- 
zione delM cosa pubblica esercitaiva la vo- 
lontà popolare, l'opinione pubblica, non era 
nelle monarchie assolute molto inferiore di 
quel che ora sia; ed essa si esercitava anche 
sulle somonità dell'ordinamento politico, cioè 
nella scelta dei ministri; imiperacchè anche 
il sovrano assoluto doveva governare me- 
diante i ministri, e nella scelta di questi l'o- 
pinione poubblica si faceva sentire nelle mo- 
narchie assolute press'a poco colla medesima 
forza, sebbene con altri meccanismi che non 
il parlamentare odierno, di quel che si faccia 
sentire nelle monarchie parlamentari. 

« Si parla dell' opinione pubblica (scrive 
il Bryce (1)) coinè se fosse una forza nuova 
che ja^vrebbe fatto la sua apparizione da quan- 



(1) La République umericaine (trad. Leatani?) Giard e 
Brière 1901, Voi. Ili, Parte IV, Capit. 77. 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 43 

do i governi di popolo hanno cominciato ad 

esi-stere Pure, l'opinione pubbliioa è stata 

in realità, quasi in tutte le nazioni e in tutte 
le epoche la potenza principale, e quella che 
ha quasi sempre finito per vincere. Né intendo 
jmrlare dell'opinione della classe alla quale 
aippartengono i caipi...; intendo l'opinione ine- 
Sipressa, incosiciente, ma ugua^lmente reaile e 

potente delle masse popolari La differenza 

tra i paesi governati dispoti-camente e i paesi 
liberi non risiede dunque nel fatto che questi 
siano guidati dall'opinione e quelli dalla for- 
za, perchè entraimbi sono sottomeBsi ordina- 
riaonente aiH' impero dell' opinione. Risliede 
nel fatto che, nei primi, il popolo obbedisce 
istintivam.ente a un potere che esso sa non 
essere realmente opera sua e non esistere col 
suo i)er!messo; mentre neigli altri il popolo 
ha cosdienza della sua supremiazia, e tratta 
sicien temente i suoi padroni come dei rap- 
presentanti, e i padroni alla lor volta obbe- 
discono a un potere che, per loro stessa con- 
fessione, li ha fatti e può disfarli: la vo- 
lontà popolare ». 

Noi vorremmo aggiungere ohe la differenza 
tra i governi veramente liberi, e quelli che 
non lo sono sta in ciò: che in queisti ultimi 
la volouità pcpolare riesce a trionfare, sì, ma 
in modo anormale, non mediante le leggi e 
le istituzioni, ma all' infuori di esse e tal- 
volta contro di esse; mentre i governi liberi 
presentano nelle loro leggi e istituzioni il 



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CAPITOLO n 



meccanismo più perfetto x>os8Ìbile per age- 
volare la manifestazione e il trionfo della 
volontà popolare, meccanismo che continuano 
a perfezionare maggiormente con l'intento su- 
premo di farlo diventare lo stromento piii 
atto a ripercuotere e lasciar passare le ma- 
nifestazioni e gli atteggiamenti del volere 
della camunità. 

Ora è facile scorgere, e lo vedremo amipia- 
mente in seguito, che tanto nei regimi as- 
soluti ohe in quelli purajmente parlamentari 
il trionfo della volontà poi)olare, quando av- 
viene, avviene in modo, ugualmente, anor- 
male e non per opera delle istituzioni e delle 
leggi; ma fuori o contro di esse; mentre il 
passaggio della volontà popolare si opera 
normalmente e per mezzo d'elle istituzioni e 
delle leggi soltanto nelle democrazie dirette 
moderne. 

E qui, a togliere di mezzo il pregiudizio 
della radicale differenza, da questo punto di 
vista, tra le monarchie asssolute e i governi 
parlamentari, vogliamo recare alcune prove 
che anche nelle monarchie assolante , senza 
bisogno di costituzione e di parlamenti, la 
volontà popolare trovava modo di imporsi , 
ami sluvzo noij grandemente maggiore di 
quello calie impieghi per imporsi là dove esi- 
stono soltaut-o le cL^tituzioni e i parlamenti. 



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LE MONARCHIE AÒSOLUTB 45 



Osserviamo un periodo della storia di Fran- 
cia, della nazione cioè che ci offre il più 
comipiuto modello di mon«iroliia assoluta; quel 
periodo dhe segoli l'avvento al trono di En- 
rico IV. (1) 

Quale era lo stato deiropinione pubblica 
durante il reigno di Enrico IV, la reggenza 
di M-aria de' Medici, e il regno di Luigi XIII ? 

Ej^a uno stato di crescente sianpatia e di 
favore per l'elemento protestante i)eTi8egui- 
tato sotto i re precedenti, di avversione per 
il prepotere dell' alto clero, di desiderio di 
tolleranza religiosa e di pari trattamento per 
tutte le professioni di fede. 

Questo stato dell'opinione pubblica, questo 
sentimento di tolleranza religiosia, che arri- 
vava fino allo scetticiismo, è provato da mol- 
tissimi sintomi. Esso ebbe anzitutto la sua 
espressione letteraria nelle opere di Montai- 
gne, di Oharron, di Descartes. Fu nel 1588, 
qualcihe anno primia della promiulgazione del- 
l'Editto di Nantes che uisicirono in luce gli 
Essais di Montaigne, cioè il priimo libro di 
scetticismo religioso e fìlosofìco, compairso in 
Francia. E pochi anni dopo comparve il li- 
bro De la 8agesse di Oharron che è il primo 



(1) Cfr. BucKLE - Histoire de la civilisation en Angle- 
terre (Flammarìon) voi. III. 



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46 CAPITOLO II 



tentativo moderno per costruire la morale 
respingendo i d'ogoni teologici. Finialmente 
Descartes pubblicava alcuni anni più tardi 
il suo Discours sur la Méthode che costitui- 
sce il più fiero colpo rooato dal pensiero mo- 
derno ai preconcetti dellla teologia. 

Piarallelamente a queste manifestazioni nel 
più alto eamipo del i>ensiero, altre numerosis- 
sime ne avvenivano nel paese, che dimostra- 
vano in modo da non lasiciar dubbio, come 
la corrente dell'opimone pubblica tendesse a 
favorire i protestanti e a reprimere la pre- 
dominanza del clero cattolico. Il Nunzio 
(essen'do ministro Ricihelieiu) si lamentava 
con indignazione del sentimento ostile che i 
giudici francesi spiiegìaivaiio contro gli ec- 
clesiastici. E tale tendenza dell'opinione pub- 
blica si manifestava perfino con atti violenti; 
si arrivò al punto che Sourdis, arcivescovo 
di Bordeaux, venne battuto due volte in pub- 
blico. Luiigi XIII visitò nel 1620 la città di 
Pau, e la corrente protestante vi era così 
viva, che non solo egli venne trattato poco 
convenientemente, perchè, come cattolico, ve- 
niva considerato eretico; ma trovò che non 
gli era stata neppure lasciata una chiesa dove 
potesse fare gli esercizi del suo culto. 

Questo era lo stato dell'opinione pubblica. 
Quale era, di fronte ad essa, il sentimento 
dei sovrani? In perfetta contraddizione colla 
volontà popolale. Lasciamo da parte Enrico 
IV tempra di uomo assolutamente scettico 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 47 

ih fatto di cose religiose. Ma Maria de' Me- 
dici, ohe gtli siìocedette nel governo, essendo 
minore Luigi XIII, era fanaticamente cat- 
tolica, ignorante!, sufpers tizi osa, educata in 
mezzo ai preti; e Luigi XIII era fanatiico al 
pari della maidre. 

In questo conflitto tra la volontà del po- 
polo e quella del sovrano^ quale ixrejvaljse 
nella ' monarchia assoluta francese? 

Tutti sanno ohe prevalse la volontà po- 
polare, e che, contro il sentimento piii pro- 
fondo d!el sovrano, e per opera di ministri 
preti, si affermò nella direzione del governo 
quella tendenza ohe costituiva l'opinione pub- 
WicG, cioè la tollerainza non solo, ma la 
concessione di favori ai protestanti e la fine 
del p(redominio dell'alto clero cattolico. 

Priana di Enrico lY i re di Francia erano 
stati feroci persecutori degli eretici. Fran- 
cesco I diceva che se la sua mano destra 
fosse colpevole di eresia la taglierebbe. En- 
rico II aveva dato ordine ai magistrati d'i 
processare i protestanti e dichiarato pu'bbli- 
eamente che «lo sterminio degli eretici sa- 
rebbe il suo principale pensiero ». A Carlo 
IX si deve la notte di S. Bartolomeo. En- 
rico III aveva giurato di combattere l'eresia 
anche a rischio della vita, perchè, diceva, 
non avrebbe potuto trovare tomba più nobile 
ehe fra le rovine di quella. 

Ma non appena si produsse quel mutamento 
d'opinione pubblica di cui abbiamo testé ac- 



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48 CAPITOLO U 



cennati i sintomi, ed ecco un corrispondente 
mutamento oi)erar8Ì nell'indirizzo del governo. 
Enrico IV porta nella storia politica fran- 
cese la nota nuova dello scetticismo e della 
tolleranza religiosa. Egli aveva camibiato due 
7olte di religione, e mutò una terza per as- 
sicurare il trono a sé e la trainquillità al 
paese. Sono note le parole attribuitegli : € Pa- 
rigi vai (bene una messa »* Cinque anni dopo 
la sua abiura dai protestantesimo egli pub- 
blicò l'editto di Nantes, col quale per la prima 
volta un governo cattolico riconosceva agli 
eretici i diritti civili e religiosi. Né basta; 
che sotto la pressione della corrente d'opi- 
nione pu'bbdica dianzi accennata, Enrico IV 
accoridav^a danaro ai protestanti per mante- 
nere i loro mi distri e riparare le loro chiese, 
e bandiva i ges>uiti. 

Si dirà ohe Enrico IV non era cattolico 
convinto e che egli cedeva all'apinione pub- 
blica perchè questa tendeva a spingerlo là 
dove egli stesso desiderava di andare. Ma 
altrettanto non si può dire di Maria de' Me- 
dici e di Luigi Xni le cui convinzioni fer- 
vorosamente cattoliche non possono essere 
messe in dubbio. 

Eppure la prima, appena salita al trono 
annunciò che avrebbe seguito l'esempio di 
Enrico IV, mantenne i suoi ministri, con- 
ff::rniò l'editto di Nantes, e non osò compiere 
la più piccola persecuzione religiosa. 

H Becondb confermò pubblicamente, mentre 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 49 



era an-cona sotto tutela, tutte le misure prese 
prectBdentemente in favore dei protestanti, e 
governò in modo affatto liberale mediante 
il cardinale Edjchelieu. 

Il principio, ritenuto di carattene essen- 
ziailmente oostiirazionale, « il re regna e non 
governa » — questo principio ohe si crede 
segni appuato la differenza tra le monardiie 
parlamentari, dove Ofeso avrebbe "vjigore, e 
quelle assolute, nelle quali iawece la volontà 
del re primeggerebbe su tutto ed anirrebbe un 
ascendente • irresistibile — quel principio , 
diciamo, fu perfettamente vero fin dal tempo 
di Luigi Xni, e lo troviamo cotì formulato 
da uno storico illustre, il Monteil (1) : € Ri- 
chelieu tenne lo scettro; Luigi AIlT portò 
la corona ». 

Anziché dHinque la volontà del monarca po- 
tesse predominare su quella del popolo', ed 
abbattere là viva corrente d' opinione pub- 
blica favorevole airuguag-liauza religiosa — 
sebbene una tale corrente fosse assolutamente 
contraria ai sentimenti del sovrano ^ — fu la 
volontà popclarè che si fece strada alla di- 
rezione della cosa pubblica determinando il 
governo assolutamente liberale di Ridielieu. 

Richelieu destituì il confessore del re , 
Caussin, perchè cercava di insinuare le- sue 
idee politiche neiranimo del suo regio peni- 
tente; e non permise che il successore, Sir- 



(1) Histoire des Franpais des divers états, t. VII. 

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50 CAPITOLO n 



mond, entrasse in caTÌca prima, di aver ot- 
tenuto promessa formale di non mescolarsi 
in affari di Stato. Ora, quale ministro d'una 
monarchia costitjuzionale potrebbe allontanare 
dalla regigia, per esempio, un generale che 
Insinuasse nelP animo del sovrano consigli 
antiliberali ? 

Richelieu obbligò il clero a contribuire con 
un soccorso di sei milioni di franchi alle 
casse dello Stato, ed esiliò quattro vedovi 
che avevano protestato. Affidò a generali ere- 
tici (Rohan, Ohatillon, Bernard de Weimar, 
Turenne ecc.) il comando dell'esencito. Hi* 
chiamò il duca di Rohan d'aH'esilio. Oonfeiì 
a SuUy il basitone di maffeaeialk'. Ora, ooano 
potrebbe in una monaTchia ,parlainentare 
quella volontà popolare che è contrarila alla 
volontà del monarca avere una parte più ef- 
fettiva ed esplicita nella direzione della cosa 
pubblica ? Quale ministro potrebbe, in Ufua 
monarchia costituzionale, chiamare agli uffici 
pubblici e specialmente al comando delFe- 
sencito persone le cui idee stessero in etri- 
dente contraddizione con quelle del re, come 
lo erano le idee dei protestanti con quelle del 
bigotto Luigi Xin ? Nelle monarchie costi- 
tuzionali i socialisti, quando vengono chia- 
mati sotto le armi, vanno regolawnente alle 
compagnie di disciplina. 

Richelieu, quindi, seguiva V impulso della 
« piazza », e in obbedienza alla € piazza » a- 
giva contrariamente alle opinioni del re. Ohe 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 51 

1 sentimenti personali di questo fossero in 
opposizione con ropinione pubblica liberale, 
rappresentata dal ministro e per mezzo di 
costui trionf atri^jé, se ne ha una riprova nel 
fatto che le nomine di protestanti negli uffici 
pubblici costituivano per lui uno scandalo 
e che, come racconta un contemporaneo, il 
Brienne, egli prese poco prima di morire la 
determinazione di non permettere che per 
Tavvenire alcun protestante ricevesse il ba- 
stone di marescd'all'O d'i Fnanoia, Ma qulesta 
volontà del re fu così poco rispettata che 
quattro mesi dopo la sua morte il più emi- 
nente generale protestante, Turenne, ebbe il 
bastone di marescdiallo ; e Panno dopo V ot- 
tenne il protestante Gassion. 

Dopo la morte di Irtiigi XIII, e durante 
la minorità di Luigi XTV, governò apparen- 
temente la madre di questo, in realtà un altro 
ministro^ Mazzarino, che seguì la politiica di 
Richelieu. > 

Ma noi vogliamo qui soffermarci soltanto 
scorra un altro fatto caratteristico: e cioè sul 
trionfo della volontà poipolare sulla volontà 
regia, nella monarchia assoluta francese, per 
quanto ha tratto alla politica estera. 

Le tendenze religiose dei re di Francia li 
spingevano a fare causa comune coi goverlfi 
cattolici per schiacciare i protestanti. Così 
Carlo IX aveva costituito una Ioga della 
Francia con la Spagna e col papa a difesa 
degli interessi cattolici. Questa lega fu sciolta 



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52 CAPITOLO n 



da Enrico IV, ma Maria de' Medici, durante 
la minorità di Luigi XiLL l'aveva, fino ad 
un certo punto, rinnovata; e per meglio at- 
taccarsi alla Spagna era riuscita a far spo- 
sare a suo figlio una principessa spagnuola, 
e un principe spagnuolo a sua figlia. Essa 
considerava questo duplice matrimonio (scrive 
Le Yassor (1)) come d'I più saldo appoggio 
della sua autorità. 

Oiò non ostante, per favorire il sentimento 
popolare che voleva la tolleranza, e la parità 
di trattamento d'elle due religioni, Richelieu 
contraddisse e rovesciò questo sistema di -po- 
litica estera accarezzato dal re. Aiutò i lute- 
rani contro l' imperatore di Germania, i cal- 
vinisti contro il re di Spagna, e fece causa 
comune coi protestanti olandesi contro Fi- 
lippo, stringendo con essi un trattato di in- 
tima alleanza. Più tardi si sforzò di creare 
una lega in favore dell'Elettore Palatino, 
capo dei protestanti ; e concluse effettivamente 
un'alleanza con Gustavo Adblfo, il loro capi- 
tano più eminente. E dopo la morte di Gu- 
stavo Adolfo, Richelieu riuscì con molto la- 
voro a creare quella ohe Sismondi chiama 
una confederazione protestante, cioè l'alleanza 
tra Francia, Inghilterra e Olanda, e ciò ad 
aperta protezione degli interessi protestanti. 

Dunque, Richelieu condu'^se una jwlitica 
estera in contraddizione a quella che era nelle 



(1) Histoirelde Louis XHI, t. I. 



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LE MONARCHIE^ASSOLUTB 53 

simpatie del re, in obbedienza al sentimento 
popolare che voleva V ugua-giianza di tratta- 
mento tra protestanti e cattolici. Quanti mi- 
nistri, in regni costituzionali, non possono 
fare altrettanto e dtevono, andando al potere, 
accettare i capisaldi di politica estera voluti 
dalla Corte, sebbene essi siano contrari ai 
sentimenti e ai bisogni del popolo I 



Vediamo un altro esempio a conferma 
della verità che anche nelle monarchie as- 
solute una forte corrente d'opinione pubblica 
aveva modo di farsi valere e di imporsi al 
governo. 

Nei primi tre quarti del secolo XVIII To- 
pi nione pubblica francese era tornata ad es- 
sere vivaimente anticlericale. I sintomi di 
questa tendenza dell' opinione pubblica sono 
noti a tutti: Voltaire acquistava una cele- 
brità immensa. Helvétius scriveva il suo fa- 
moso libro"" i) e l'Esprit e le sue dottrine di- 
vennero assolulJamente i>opolari perchè erano 
l'espressione del pensiero comune. « L'opera 
di Helvétius (scrisse M.me Dudeffaaid) è po- 
I>olare, i)erohè egli è un uomo che ha detto 
il segreto di tutti ». Il barone d'Holbach ac- 
quistava una notorietà vastiissima, col suo 
libro ateo Systéme de la Nature. Condillac 
suffragava il materialismo col suo Traité des 
8ensations, Si preparava l'Eaciclopedia. Lo 



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54 CAPITOLO U 



arcivescovo di Tolosa, in un indirizzo al re 
a nome del clero dichiarava ohe l'ateismo era 
divenuto l'opinione dominante. E l'ateismo 
professato dai grandi i>ensatori, Condbroet, 
Diderot^ Helvétius, Laplaiee eco. concordava 
così pienamente col sentimento generale che 
si faceva aperta pompa in società d'nn'opi- 
nione che in epoche amteriori si sarebbe na- 
aoosta come una vergog-na. 

Il gianseniismo era diffusissiinio. La Sor- 
bona divenne giansenista. Professavano la 
dottrina giansenista Turgot e Necker. Gli 
editti contro l'eresia cominciavano a venir 
applicati dai tribunali con estrema mitezza. 
E SiBmjomidfl, parlando di qiDeBt'egpaoa, scrivid 
ohe eia reazione dell'opinione pubblica con- 
tro l' intolleranza ei^a penetrata fino nelle 
Provincie più fanatiche». 

Tutto ciò prova quale fosse il sentimento 
popolare. Riuscì esso a prevalere nel governo 
assoluto? E' noto che sì. 

Il governo cominciò nel 1749 ad emanare, 
per opera del controllore generale Machault 
V Edit de mainmorte il quale interdiceva la 
fondazione di qualunque casa religiosa, senza 
il previo consenso della Corona, débitamente 
espresso con lettere patenti, registrate dal 
Parlamento, Più tardi, nel mese d'aprile del 
1761 il Parlamento ordinò ai gesuiti di pre- 
sentare i Tógol amenti dell'ordine; in agosto, 
fu loro vietato di ricevere dei novizi, furono 
costretti a ehiudere i collegi, e alcune delle 



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LE MONÀRCHIB ASSOLUTE 55 

loro Opere furono puibbliieainente bruciate per 
nmno del carnefice. E nel 1752 conaparve un 
editto di condanna dell'ordine d'ei gesuiti — 
sul pretesto che avevano usata mala fede in 
una transazione commerciale e rifiutato di 
paigare una somma da loro dovuta — si or- 
dinò la vendita delle loro proprietà, la seco- 
larizzazione del loro oidiue; furono dichiarati 
indegni cdi essere ammessi in un paese ben 
governato > , e la loro società formaaltoente 
aibolita. 

Nella medesima epoca il gusto degH studi 
economici s'era immensameaute diffuso, come 
lo prova il grande aumento di opere di fi- 
nanza e di economia pubblica verificatosi in 
quel torno di tempo. Insieme, era penetrato 
il desiderio di veder chiaro nelle cose finan- 
ziarie dello Stato. 

Ed ecco Necker pubblicare il suo celebre 
contoreso delle finanze della Francia, di cui 
seimila esemplari (conferma della reale esi- 
stenza del desiderio popolare di occuparsi di 
finanze dello Stato) furono esitati in un 
giorno solo. 

Questa pubblicazione segnava una vera ri- 
voluzione nella concezione dei rapporti tra 
il popolo e il governo; era raffermazione di 
questo principio assolutamente nuovo, inau- 
dito e sovversivo, che il popolo aveva diritto 
di esaminare e giudicare la gestione dello 
Stato, fino allora statagli sottratta come cosa 
circa la quale il popolo era affatto incom- 



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56 CAPITOLO II 



petente, e perchè, in generale, il popolo non 
veniva ritenuto degno di fìocare il ^uo sguardo 
nelle alte questioni di governo. Non per 
nulla il barone di Montyon definì il libro di 
Necker « appello al popolo per opera d'un 
ministro del re contro il re stesso. 

-Giacché questo atto rivoluzionario veniva 
compiuto da uno cui il re s'era compiaciuto 
di affidare il potere supreono. Noi non vediamo 
nulla che si possa paragonare alia pubblica- 
zione di Necker, se non forse la pubblica- 
tone che un ministro d'un re costituzionale 
facesse di un trattato di alleanza, con tutte 
le più segrete notizie diplomatiche connessevi, 
invitando il popolo ad impadronirsi della que- 
stione e a giudicare. 

Naturalmente, la pubblicazione di Necker 
contraddiceva profondamente il desiderio della 
Corte, assolutamente opposto a quello del po- 
polo, e sommamente ostile a permettere che 
questo spingesse il suo siguardo nella gestione 
dello Stato. Ciò non ostante Necker potè non 
solo pubblicare l'opera, ma anche dar fuori 
una giustificazione del suo libro «malgrado 
il divieto del re» (1). Né basta; che egli 
IK>tè poco stante ridiventare ancora ministro. 
La volontà del popolo che lo voleva a que- 
sto ufficio aveva vinto la volontà del monarca, 
che la condotta di Necker aveva profonda- 
m^enie offeso. 



(1) De MiiKn. — Mémoires sur Lebrun. 



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LE MONAJRCHIB ASSOLUTE 57 

Tutto questo sarebbe in via normale assolu- 
tamente impossibile in una monarchia co- 
stituzionale. Un ministro che rivelasse un 
segreto di Stato e lo sottoponesse al giudizio 
del jKjpolo si cthiuderebbe per sempre le porte 
del potere, quand'anohe egli avesse l'opinione 
pubblica dalla sua parte. E soltanto una ma- 
nifestazione della volontà popolare così forte 
da far temere una rivoluzione potrebbe ri- 
condurlo al governo. Ma ecco che noi ab- 
biamo testé veduto come quando la volontà 
popolare toccava tale grado di forza (come 
era appunto il caso all'epoca di Necker) essa 
raggiungeva il medesimo risultato anche nelle 
monarchie assolute. 

Aggiungiamo che, quanto alla politica e- 
stera della monarchia assoluta francese, du- 
rante questo periodo, Ségur, nelle sue Memorie 
(I, 111), dioe che Maiurèpas ripetè sovente 
a suo paxire che l'opinione pubblica aveva 
forzato il goveimo a fare, contro la sua vo- 
lontà, causa comune con l' America nella 
guerra per l' indipendenza. E quanto alla po- 
litica interna basterà notare quel ohe accadde 
riguardo ai cluhs, riguardo cioè a quelle as- 
sociazioni che rappresentavano allora qualche 
cosa di ben yivL rivoluzionario che non siano 
ora, in Italia, le Camere del Lavoro o le Leghe 
di miglioramenix). Appena i clubs vennero in- 
trodotti a Parigi, il governo fece chiudere 
il princi/paile di essi. Ma il sentimento pop<)- 
laxe si manifestò così prontamente 6 con 



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58 CAPITOLO n 



tanta violenza contrario a questa disposi- 
zione, che il governo dovette cedere, l'ordine 
di cbdusura fu cassato, il club potè ancora 
radunarsi, e dietro ad esso tutti gli altri, la 
cui opera contriibuì eoei i)oesentemente a de- 
terminare r indirizzo dei nuovi e grandi can- 
giamenti ohe si preparavano. 



*** 



Abbiamo accennato alla analogia, ólae con- 
siderati dal punto di vista politico e nei loro 
rapporti di fronte ai rispettivi governi costi- 
tuiti, eorre tra i cluhs dell'ultima metà del 
secolo XVin in Francia e le odierne ita- 
liane asso<?iazioni di lavoratori. 

Un recente caso viene a confermare questa 
analogia. Vogliamo alludere alla Camera del 
Lavoro di Qienova sciolta dal prefetto di que- 
sta città, in obbedienza alle inveterate con- 
suetudini del governo italiano, indi lasciata 
dal ministro ricostituire davanti allo aciopero 
completo e fulmineo dei lavoratori del porto 
ohe la misura di scioglimento aveva provo- 
cato. 

Si volle vedere in questo fatto — come 
nella libertà fluwceseivamente lasciata al cc^ 
stituirsi delle Leghe dei contadini . — una 
prova che la politica della monarchia ita- 
liana si avviava verso uno stadio normale di 
libett'alismo e di democrazia. In realtà, episodi 
assolutamente analoghi — come quello ac- 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 59 

cennato della revocazione delPoiidiaie di chiu- 
sura del primo' club in Francia — noi r!i- 
seantriamo WDxhe sotto le monarohie assolute. 
La verità di fatto si è che la volontà po- 
poQare aveva modo di imporsi quando era di- 
ventata forte e temibile, anche nei sgoverni 
assoluti; e che, analogamente, non può trìc/a- 
fare nei governi costituzionali se non quando 
sia diventata altrettanto forte e temibile. jSIod 
basta ohe una data tendenza t^bbia per sé 
la maggioranza per prevalere nei governi pu- 
ramente parlamentari, come non bastava ne^li 
assoluti. Tanto i primi quanto i secondi, in- 
fatti, avevano ed hanno mille mezzi, che se. 
sono spesso diversi -per natura, sono però 
ugualmente efficaici, onde tener a lungo in- 
dietro la vittoria di una tendenza che jiur»^ 
abbia conquistato la maggioranza. Solo quan- 
do, oltre aver conquistata la mag^oranzii, 
quella corrente, è diventata fortissima e i^e- 
rdcolosa, trova modo di farei valere nei pre- 
senti regimi; — ma la medesima cosa ac- 
oadetva nei regimi assoluti. Per modc> eh© 
tanto nei governi parlamentari che ne§Ii os- 
soduti la forza che deve acquistare uu* opi- 
nione per trionfare è, nello etesso grado, 
assolutamente sproporzionata con quella che 
basterebbe a farla trionfare in un regime 
organizzato con lo scopo di offrire alla vo- 
lontà popolare il modo normale di farsi va- 
lere, come è appunto la democrazia diretta. 
Passiamo quindi concludere die i governi 



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60 CAPITOLO II 



assoluti si condu'cevano di fronte alla volontà 
poi>olar© nella medesima guisa con cui si 
condu«cono verso di essa i governi rap{>resen- 
t a ti vi e strettamente parlamentari. La possi- 
bilità per la volontà popolare di farsi valere 
nella compagine dello Stato è prees'a poco 
uguale tanto nei primi clie nei secondi. E si 
può in generale affermare ohe tutte le forme 
di governo più frequentemente attuate sinora 

— e cioè così le antiche monarchie, come i 
moderni governi semfplìjcemente parlamentari 

— aweraarono sempre ogni nuova corrente 
del sentimento popolare, e cercarono, tanto 
•le une quanto gli ailtri, di reprimerla coi 
medesimi mezzi. Ma quando una detenminata 
corrente d'opinione pubblica acquis-ta un ri- 
levante grado di intensità, soltanto allora, 
i governi cedono ad essa: vi cedono i governi 
costituzionali così come vi cedevano anche i 
governi assoluti. 

Non si può dunque affatto affermare che il 
carattere dei governi rappresentativi sia il 
predominio della vclontà dei plurimi al con- 
trario dei governi assoluti dove il predominio 
spettava alila volontà dell' uniLS, Dietro un 
rigoroso esame, questo carattere di distin- 
zione tra le due forme di governo — carat- 
tere principalissimo ed essenziale, per coloro 
che tale distinzione ammettono — scompare. 
In realtà, la volontà dei plurimi aveva, volta 
a volta, secondo le icircostanae, press'a poco 
la stessa facilità o la stessa difficoltà di farsi 



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LE MONARCHIE ASSOLUTE 61 



valere sotto i vecchi redimi di quel che ab- 
bia sotto i regimi rappresentativi. 

Fra le antiche monarohie assol-ute e i pre- 
senti regimi rappresentativi non v'è du<nque 
una diversità così profonda — -p^r ciò che 
riguarda l'elemento essenziale a stregua del 
quale noi giudiichiamo i governi: il rispetto 
alla volontà dei più — eh«5 autorizzi di clas- 
sificare le prime in una categoria diversa 
dai secondi; bensì gli uni e gli altri appar- 
tengono a una medésima categoria: quella 
degli « ancieus régimes >. 



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Capitolo III. 

Il sistema parlamentare. 



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^Ò-^CÙ^ ^ y;^^^^ ^ C££n^ 



In nessuna applicazione del sistema rap- 
presentative è «possibile lo schietto affermarsi 
della sovranità popolare. Però non tutte le 
forme di tale sistema offrono lo stesso grado 
di impermeabilità al volere della comunità. 
In alcune questo incontra mag^ori, in altre 
minori cstaeoli. Abbiamo tutta una gamima 
che va dalle repubbliche parlamentari (le 
quali costituisicono l'applicazioaie del sistema 
rappresentativo che minori ostacoli oppone 
al corso della volontà popolare) alle monar- 
chie strettamente costituzionali, coone la ger- 
manica, nelle quali il sovrano sceglie i suoi 
ministri, senza prendere, neppure apparente- 
mente, alcuna indicazione, per la scelta, nel 
voto della Camera dei rappresentanti della 
nazione; e nelle quali quindi la sovranità 
risiede in realtà e in apparenza nella volontà 
del monarca. Queste monarchie si distinguono 



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oc CAPITOLO III 



a stento, aaiohe nella forma, da quelle as- 
solute. 

Molte altre gradazioni intermedie ei pos- 
sono constatare, sopra tutto prendendo in esa- 
me la natura che una determinata monaivjhia 
è venuta assumendo nella sua formazio- 
ne storica. Oosì , per esampio , presentano 
un diverso grado di resistenza alla volontà 
popolare, quegli 'Stati monarehiei, come l'In- 
ghilterra e il Belgio, d'ove il popolo in 
rivc'luzione, dopo aver distrutto una monar- 
chia preceidente, ha liberamente lohiamato una 
nuova dinastia, la quale senza l'imvito del 
popolo vittorioso nella rivoluzione, non avreb- 
be potuto ajocampare diritti a quel trono e 
non si sarebbe neppure pensata di tentar di 
insédiarvisi ; e quegli altri Stati monarchici, 
come l'Italia e ila Germania, nei quali la 
monarchia si è imposta alla rivoluzione de- 
viandola e soffocandola. E' chiaro che nei 
primi di questi Stati l' istituto monarchico, 
risentendo, per tutta la sua vita, l' influenza 
della sua origine, presenterà minori resistenze 
alla sovranità popolare che non nei secondi. 

Se si volesse , adunque , determinare con 
tutta precisione gli ostacoli che il sistema 
rappresentativo oppone , nelle sue diverse 
applicazioni, al libero corno della volontà del 
popolo, bisogniBPebbe studl'aiHe e desk3r.iiverle 
pai tic^ol armante quali si presentano in con- 
creto ueLle varie forme di quel sistema, re- 
pubblicane 6 monarchiche, reailmente esisten- 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 67 

ti; perchè la soistanza e la formazione storica 
dei singoli Stati prcduice delle divergenze 
notevoli dall'uno all'altro circa il piti o meno 
libero passaggio della volontà popolare attra- 
verso- le maglie dell'ordinamento politi-co. 

Però, qua,lche osservazione generale si può 
indubbiamente tracciare; e noi ne esporremo 
alcune, fermamioci dapprima sulle aiociden- 
talità per le quali certe forme di sistema 
rappresen/bativo offrono maig'g'iori resistenze 
di altre alla volontà popolare; per indi esa- 
minare gli ostaiccli al corso di tale volontà 
che sono più generali, e comuni a tutte le 
forme del governo parlamentare. 



La più prominente di queste a<jcidentalità 
è l'esistenza d'una monarchia alla sommità 
dello Stato rappresentativo. 

Intorno alla monarchia costituzionale esiste 
un (concetto, a nostro avviso, radicalmente 
sbagliato. Esso è già diffuso da tempo, ed ha 
avuto origine negli ambienti conservatori , 
ma s'è assai esteso ed è ancora largamente 
accolto: e fu anzi recentemente rinnovato 
in altra forma. Consiste nel ritenere che l'a- 
zione politica dei re costituzionali sia nulla 
e che essi non siano se non dei re-travicello, 
assolutamente impotenti ad un esercizio at- 
tivo del potere, il quale sarebbe oramai ca- 
duto in piena balìa del Parlamento. 



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68 CAPITOLO III 



Questo coiucetto ha origine monarchica 
sebbene gli s»CTÌttori monarchici che lo espon- 
gono talvolta mostrino di deplorare che le 
cose stiano così commessi dicono e si augurino 
una ripresa di vigore del potere regio. Ma è 
evidente che quel concetto giova all' idaa mr- 
napohrca per'^hè contribuisce potentemente a 
far sì che quella irresponsabilità del principe, 
che è scritta nella legge fondamentale, diventi 
credenza comoine , e che si radichi nella co- 
scieinza popolare l'assioma : « il re non può 
far male ». 

Tale concetto fu recentemente rinnovato , 
sotto altra forma , da alcuni tra i più intel- 
ligenti pubblicisti del partito socialista , i 
quali spesero tesori di sottigliezza per soste- 
nere che la mciTiarehia giace passiva in >me2zo 
ai contrasti politici e sociali della nazione e 
pronta a cedere alla tendenza più forte. Per 
costoro la monarchia sarebbe soltanto una 
specie di dinamometro sociale, il cui atteg- 
giamento, in un dato momento, non sarebbe 
se non un indice che una determinata ten- 
denza possiede maggior forza di altre nella 
nazioae; e quel? atteggiamento, quindi, oam- 
bierebbe quando altre tendenze venissero ad 
acquistare forza prevalente. 

E' certo *ohe una forte corrente d'opinione 
pubblica pnò spingere la monarchia costitu- 
zionale in una data direzione; ma questo 
fatto ■ (come abbiamo veduto) accadeva anche 
nelle monarchie assolute, talché esso non ser- 



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IL^SlSTBMA PARLAMENTARE 69 

virebbe neppure a provare ohe quella rappre- 
senti un mig'lioramento in coafronto di que- 
ste. Però la questione sta nel vedere se il 
giuoco dei contrasti politici e sociali, ope- 
ranti nel seno della nazione, sia tutto; o se 
invece V istituto monarchico possa contri- 
buire a pesare potentemente in un senso piut- 
tosto che in un altro, e talvolta, gettando la 
spada sopra la bilancia, a farla traboccare 
da una parte piuttosto ohe dalFaltra. 

Se la cosa non fosse stata messa recente- 
mente in dubbio ci parrebbe superfluo l'in- 
sistervi, tanto gli argomenti atti a dimostrare 
la tesi che la monarchia offre maggiori osta- 
coli della repubblic*a al passaggio della vo- 
lontà popolare, sono owii, elementari e quasi 
puerili. 

La questione sta tutta in questi due punti: 
il capo dello Stato ha nella monarchia costi- 
tuzionale interessi speciali da far valere che 
non hsL invece m repubblica? se BÌ, ha i miezizi 
per farli valere ì 

Per quante riguarda il primo punto , la 
cosa sta per noi in questi termini: nelle 
repubbliche puramente parlamentari la vo- 
lontà popolare si trova davanti Tostacelo della 
« classe politica » che, di fatto, esercita sem- 
pre esclusivamente il potere. Nelle monarchie 
parlamentari la volontà iM>polare oltre al 
trovarsi d'i fronte l'ostacolo della «classe po- 
litica » si trova di fronte anche quello della 
dinastia regnante. 



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70 CAPITOLO m 



Quando in uno Stato la classe dominante 
ha delegato il suo supremo potere politico 
ad una monarchia ereditaria, questa, oltre che 
essere la rappresentante degli interessi della 
classe dominante medesima, tende anche na- 
turalmente a far valere e a salvaguardare 
gli interessi suoi particolari. Questi interessi 
assumono un carattere di particolarità e di 
continuità dal momento ohe la funzione di 
cafpo dello Stato è ereditaria. Un presidente 
di repubblica, che giunga al potere portatovi 
da un partito e , più o meno chiaramemte , 
coane rappresentante di esso; ohe non può 
coprire Tufficio se non pochi anni, e non può 
trasmetterlo a figli; non ha evidentemente 
interessi politici parti'oolari alla sua persona 
e alla sua' famiglia da far valere che lo 
possano guidare nella sua condotta; ovverc, 
dal momento che egli si lasci guidare da 
questi interessi cessa di essere un presidente 
di repubblica per diventare un cospiratore, 
un pretendente, un maiochinatore di colpi di 
stato, un fondatore di monarchie. Un pre- 
sidente di repubblica non è, adunque, se non 
il rappresentante puro e semplice degli in- 
teressi d'un partito, ossia d'una frazione della 
classe pc'litica dominante. 

Ma in una monarchia il capo dello Stato 
è qualche cosa di più. Esso è il rappresen- 
tante non solo della classe politica domi- 
nante, ma anche di una famiglia; egli deve 
non solo proteggere gli interessi di quella, ma 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 71 



è altresì spinto a conaervare e possibilmeoite 
ad allargare il potere toccato in sorte alla 
dinastia di cui egli fa parte e che dovrà tras- 
mettere ai figli. Per usare un paragone che 
può parere alquanto grossolano e sentire da 
farmacia di villaggio, ma ci semibra calzante, 
diremo dhe un re ha interesse, a differenza 
di un presidente di repubblica, a consoli- 
dare e aumentare il suo potere nello stesso 
modo e per la stessa ragione che un pro- 
prietario, a differienza di un fijttavdlo a hre- 
vissiima scadenza, ha interesse ad aium'entare 
il valore della sua proprietà. 

La perennità del potere supremo nella stessa 
persona, per tutta la vita, e nella stessa 
Casa, fa sì, adunque, che ciascun memibro 
di questa Casa cui in ogni generazione spetta 
quel potere, abbia, naturalmente, un vivo in- 
teresse, particolare a sé e alla Casa medesima, 
di raffermarlo ed estenderlo. Di qui un'azione 
del monarca, del tutto peculiare e affatto in- 
dipendente dai conflitti che agitano la na- 
zione, per far valere quel suo speciale in- 
teresse. 

Tutte questo è di elementare evidenza, e 
credere diversamente sarebbe un contraddire 
alla natura umana. 

Proseguendo nella nostra analisi, constate- 
remo che, in via generale, nella monarchia 
costituzionale gli interessi della dinastia e 
quelli della classe dominante, in molti punti 
si intrecciano e si sovrappongono. La classe 



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72 CAPITOLO m 

politiica dominante sarà calda sostenitrice del 
potere regio perchè queste cifre un contraf- 
forte saldo e perenne, per essere sottratto al 
vento mutabile delle opinioni popolari e con- 
fidato alle costanti tradizioni d'una famiglia, 
contro cangiamenti politici che offendano il 
predominio della classe medesima. Il monarca 
sarà il protettore più energico degli interessi 
della classe politica dominante perchè esso 
sa che il suo proprio dominio è condizionato 
al dominio' di questa e non ne è che il su- 
premo coronamento. Fin qui gli interessi della 
classe politica dominante e quelli del sovrano 
si sommano, come quantità omogenee, e si 
presentano quali una doppia barriera opposta 
al corso della volontà popolare. 

In qualiche caso, gli interessi del sovrano e 
quelli della classe dominante potrebbero non 
essere naturalmente, con'cordanti. Potrebbe 
il sovra^iio, in vista dei suoi special in- 
teressi dinastici, volere alleanze estere che 
alla classe dominante sono osti^ìhe o indifferen- 
ti, o pretendere un armamento che a questa 
classe sembri troppo pesante. Ma in questi 
casi finirà per stabilirei spontaneamente e 
ta<?itameiite tra la volontà del sovrano e 
quella della « classe politica » un'intesa, det- 
tata dal reciproco interesse deiraocordo, per 
cui le due volontà s'incontreranno' ancora in 
una medeeiiìma linea di conidotta. Ma questa 
linea di condotta sarà la risultante scatu- 
riente dairincontro delle due volontà; e la 



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IL SISTSMA PARLAMENTARE 73 



sua direzione risentirà quindi l'influenza della 
volontà parti-colare della dinastia. 

Nell'un caso e nell'altro, il monarca si sen- 
tirà portato a difendere -ciò che rappresenta 
la) fusijone deg-li interessi suoi oon quein 
della classe dominante, con energia ben mag- 
giore di quella che sarebbe indotto a spie- 
gare un presidente di repubbli'ca; perchè per 
costui gli interessi affidati alle sue cure non 
sono ohe interessi di partito, per il primo 
invece sono, nel loro complesso, in virtù di 
quella reciprocanza cui aibbiamo or ora ac- 
cennato, e della trasmissione ereditaria del 
potere, interessi personali e faimdgliari. 

Ci sembra, adunque, che non si possa met- 
tere in dubbio il primo quesito posto più 
sopra; e ohe si debba coneludere che nella 
monarchia costituzionale il capo delle Stato 
ha, a differenza delle repubbliche, interessi 
particolari da far valere, ed anche un forte 
incitamento a farli valere con grande in- 
tensità. 



Resta il secondo punto: il monarca costi- 
tuzionale ha mezzi per far valere questi in- 
teressi ? 

Ed è qui che ci si para innanzi Fopinione 
di coloro i quali pensano che Fazicne poli- 
litica del re nelle monarchie costituzionali 



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74 Capitolo' m 



sia ixratioaaiieiite nulla e che tutto il potere 
effettivo sia passato nel Parlamento. 

'Coloro che professano questa opinione si 
fondane sopra le seiguenti adduzioni: 

E' vero (essi dicono) che nelle monarchie 
costituzionali il re ha la facoltà di SK;egliere 
e revocare i suoi ministri (Statuto italiano 
art. 66 ; Statuto belga art. 65) ; ma è altresì 
vero che bisogna distinguere le monarchie che 
rimasero strettamente basate a questa dispo- 
sizione dello Statuto (come quella germa- 
nica) nelle quali il re sceglie i ministri a 
suo tutto beneplacito senza curarsi dell'opi- 
nione delle Camere, e non li rimanda quando 
non abbiano più in queste la maggioranza; 
dalle monarchie, le quali, da strettaanente co- 
stituzionali, sono diventate parlamentari, e 
nelle quali il sovrano sceglie o congeda i 
ministri a seconda dei voti delle Camere. 

Secondo tale distinzione, nelle monarchie 
dell'ultima specie, eseenido diventata infran- 
gibile consuetudine costituzionale ohe il re 
possa soltanto scegliere a suoi minietri le 
persone che la Cannerà dei raippresentanti 
indica mediante un voto comprovante la fi- 
ducia da essa in quelle persone riposta, e 
debba congedarli quando un altro voto di- 
mostri che tale fiducia è venuta meno, per 
prendere quelle a cui si dirige la nuova fi- 
ducia della Camera; in tali monarchie, si 
dice, è la Camera dei deputati che, in realtà, 
governa, nominando, sia pure indirettamente, 



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IL' SISTBÌlA PARLAMBNTARE 75 



il proprio Gomitate esecutivo nel Q-abinetto. 

Ma in primo luogo è da osservarsi che 
tale forma di monarchia costituzionale è da 
considerarsi come affatto aicteidentatte. In 
tutta la storia politica del mondo noi non 
ne abbiamo avuti che due esempi, entrambi 
per un periodo brevissimo : V Inghilterra du- 
rante il regno di Vittoria, e il Belgio durante 
il regno di Leopoldo I e II. Lo strano, illo- 
gico ed instabile equilibrio costituito dalla 
monarchia costituzionale della seconda spe- 
cie non fu dunque raggiunto che un breve 
istante nel mondo, e non v'è nessuna ragione 
di supporre che esso possa mantenersi e fis- 
sarsi d'avvero in una consuetudine immuta- 
bile, la quale costituirebbe la distruzione, 
di fatto, di ogni potere nel re. 

Coloro, per vero, che hanno più profonda- 
mente studiata la condizione poliftica delFIn- 
ghilterra convengono in questo, che, nel mo- 
mento presente, il potere regio è annichilito. 
«La monarchia costituzionale inglese (scrive 
il Palma (1)) in realtà è piuttosto una re- 
pubblica, in cui le classi medie governano 
all'ombra della Corona e delle classi alte». 
E uno scrittore francese più recente, che 
seppe penetrare con grande finezza l'intima 
essenza della costituzione politica inglese,, 
Boutmy, scrive ohe la Camera dei Comuni 
tende a diventare Tunica sede del potere e 



(1) Corso dt diruto coslitnzionnle (PellaslSSl) II, 454. 



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76 CAPITOLO m 



che il puìbblico considera gli altri poteri come 
semplici ornamenti della costituzione. < Esso 
ci tiene come un privato ai vecchi mobili 
di famiglia, leggermente incomodi, ma di 
grande stile e di grande effetto; li conserva 
volentieri, a patto ohe essi non ingombrino 
il passaggio e non imi)ediscano i movimenti 
del potere vivente ed attivo. Più il ramo elet- 
tivo' rappresenta completamente e . fedelmente 
la nazione, più l' Inghilterra s'allontana in 
fatto da quella teoria del governo misto e 
temjperato di cui alcuni pubblicisti conti- 
nuano a crederla il più i)erfetto modello. Non 
soltanto- non v'ha più una specie di equilibrio 
tra due aigsemblee, tra un Piajrlaaiiiento e u»a 
re consigliato dai suoi minietri, ma vi è una 
concentrazione estrema di tutta V autorità 
effettiva in urna ©ola assemblea, di cui il mi- 
nistero non è che una delegazione. La sovra- 
nità del popolo e l'unità del potere sono due 
principi che, sebbene non siano stati formu- 
lati e siano anzi nascosti dalle forme del di- 
ritto pubbliico inglese, pure sono . ormai il 
f-cndo e la sostanza della costi tuaione bri- 
tannica ». (1) 

Ciò sta bene ed è una risposta a quei 
conservatori italiani che, atdditando di conti- 
nuo l'esempio inglese ai radicali, pretendono 
che quell' esempio significhi per i partiti 



()) BouTMY — Le developpement de la ConslUulion et 
de la Société politique en Angleterre, (Colin, 1898) pap^. 350. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 77 



èstrein'i ' una lezione di monapchi'smo. Ma la 
verità espressa dal Boutmy è la verità d'un 
solo paese e del momento presente; e cre- 
diamo si possa duibitare se tìssa sia la verità 
di tutti i paesi retti a monaTohie costituzio- 
nali, e se sarà la verità del domani. 

L'organo continua ad esistere, e fino che 
esiste tenderà di continue a riprendere intera 
la sua funzione. Sulla Positivist Eeview del 
marzo 1901 comparve un articolo del prof. 
Beesly, così riassunto dalla Rivista Popolare: 
« U Inghilterra corre gran pericolo di assi- 
stere a un risveglio' del potere della Corona, 
come già è avvenuto per quello della Camera 
dei Lordi. Mezzo secolo fa, Taumento continuo 
del potere della Camera dei Comuni era evi- 
dente; ma da allora le cose sono singolar- 
mente cambiate in suo vantaggio. Le classi 
conservatrici, che vivono di rendita, interesse 
e profitto, son rappresentate meglio dalla Ca- 
mera alta che da quella bassa, e come si 
son servite della prima per la difesa dei 
loro interessi contro la massa del popolo, così 
potrebbero fare ora della Corona. La Costi- 
tuzione accorda a questa diritti dei quali 
non si è fatto uso da gran tempo, come quello 
di veto, e quello di nominare i mioiistri e 
sciogliere il Parlamento. Le adulazioni delle 
ultime settimane alla Corona mostrano che 
l'idea di un governo i>ersonale, alla tedesca, 
non ripugna agli inglesi quanto' si è creduto, 
ed un re potrebbe governare anche contro il 



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78 CAPITOLO UI 



volere del Parlamento, servendosi dei diritti 
ohe per tanto tempo non si sono esercitati. Se 
dietro la Corona fosse una forte classe con- 
servatrice, se pure la massa del -popclo ele- 
gesse una Camera dei Comuni di opposizione, 
questa si troverebbe impedente di fronte alla 
Corona. La Caonera potrebbe rifiutarsi di vo- 
tare le imposte, e l'annuo Muting Bill, ma 
questi mezzi darebbero oriigine a tali pertur- 
bazioni, da nuocere in primo luogo a ohi li 
avei3.se adottati ». (1) 

Alla monancihia parlamentare, quale la ve- 
diamo funzionare nell'Inghiterra della regina 
Vittoria e nel Belgio dei due Leopoldi, si 
appliicano veramente, e ben piii a raigioone, le 
considerazioni che fa il Sunumer Maine in- 
torno alla democrazia in generale. Si x>onsa 
dalla generalità (egli dice) che l'avvento della 
democrazia sia fatale e il suo procedere in- 
deprecaibil ?. Però quelli che pensano in que- 
sta guisa non considerano se non una picco- 
liBsima parte della storia dell'um-anità. « A 
partire dalla caduta deirimx)ero romano ebbe 
luogo, in complesso, durante dicdaiasette se- 
coli, un movimento quasi universale verso 
la moai'air«cihia... Keipubbliiche itali-ane, aìgniorie 
feudali, parlamenti, tutto crollò, salvo una 
memorabile eccezione, davanti il potere e il 
prestigio ince^Banteimente croaeente dei dispc- 
tLsani militari ». E lo stesso autore oontioiua : 



(1) Rivista Popolare dell'on. Colajanni, 30 aprile 1901. 



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IL SISTEMA. PARLAMENTARE 79 



«la Inghilterra, il gaverno popolaire, n-ato 
dalla liibertà della tribù, ritornò alla vita più 
presto che altrove. Protette-' dalFisolamento in- 
sulare del suo nuovo soggiorno, esso seppe 
mantenere dei mezzi d'esistenza. E così la 
Costituzione britanni'ca divenne la sola con- 
traddizione alla « tendenza delle epoche » ; per 
la sua influenza indiretta tale tendenza fu 
rovesciata; e riprese forza il mc^vimento verso 
la democrazia. Pure, anche in Inghilterra 
sebbene il re abbia potuto ispirare timore e 
antipatia, le funzioni regie non hanno mai 
perduta k loro popolarità. La Repubblica e il 
Pro tet tonato n-on hanno ottenuto un solo i- 
stante il favore reale del poipolo. Il vero en- 
tusiasmo popolare fu riservato per la Restau- 
razione» (1). Più oltre, lo stesso autore, a 
proposito del diritto di veto spettante alla 
Corona inglese contro le leggi votate dalle 
Camere, osserva che si cessò d'impiegarlo so- 
lamente « i>erichè non si presenitarono occa- 
sioni di servirsene»; e fa capire che questo 
diritto di veto potrebbe benissimo venir ri- 
suscitato dal Gabinetto; giacché «se gli pia- 
cesse di consigliare alla Corona il veto d'una 
legge già votata dalle due Camere, Giulia 
prova chiaramente che questo atto possa in- 
conitraire la menoma iresdlsttenza ». (2) Lo 



(1) SuMMER Maine — Essai sur le governement popw 
laire (Thorin, 1887) pag. 118-121. 

(2) Op. cit, pag. 163-165. 



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80 CAPITOLO III 

stesso Suminer Maine ricorda ancora come 
lo Gneist abbia affermato ohe l'Inghilterra 
sarebbe presto obbligata a tornare al governo 
del « Re nel suo Conisiglio » tanto la diffi- 
coltà delle sue istituzioni parlamentari di- 
ventano serie. (1) 

Sarebbe insomma assai precipitato dal fatto 
che in un breve momento •della storia del 
mondo, in una monlarchiia oostituadonale, TAs- 
semiblea dei rappre&entanti della mazione ha 
annichilito il potere del re concentrando in 
sé la sovranità, conioliidepe ohe queeto sia lo 
aspetto nrrmale e costante. che assumeranno 
le monarchie costituzionali. E' assai più vero- 
simile invece che tale aspetto non sia che 
accidentale e transeunte; e che la monarchia 
costituzionale giovandosi dei potenti mezzi di 
azione che sitanno a sua disposizione, temderà 
invece ad esercitare i suoi diritti in tutta 
la pienezza ccn cui secondo la lettera della 
Costituzione le sono concessi; ad esercitare 
fra tutti, effettìvamenite e indipendentemente, 
quello che costituisce la più importante fun- 
zione di governo, cioè la scelta e la revoca 
vlei ministri; a far pesare, insoonma, poten- 
temente, sulla bilancia dello Stato, la sua 
vokTità contro l'autogoverno del popolo. Si 
può ritenere, in una parola, che il tipo più 
normale della monarchia costituzionale sia, 



(1) Op. cit., pag. 357. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 81 

non già quello inglese o belge, ma quello 
germanico. 

In ogni modo, anche concesso ohe il tipo 
normale della monarchia costituzionale sia 
quello nel quale non è ammessa la scelta 
dei ministri contro le indicazioni della Ca- 
mera, il sovrano ha sempre modo di scegliere 
a suo beneplacito i ministri, senza violare 
la legalità creata da tale consuetudine ac- 
cettata. 

In primo luogo, quando la situazione dei 
partiti nella Camera sia tale da far preve- 
dere che il voto con cui essa negherà la 
fiducia al ministero indicherà chiaramente 
a succedergli uomini che il sovrano non in- 
tendesse accattare, egli può far dare al mini- 
stero iu carica le dimissioni prima del voto. 
In questo caso, egli resta assolutamente li- 
bero di scegliere i successori. E siccome la 
questione se una crisi &ia stata risolta co- 
stituzionalmente meno dal re, è sempre 
una questione sottilissiniia e per la quale non 
vi sono giudici, così non sarà mai possibile 
venire alla conclusione palmare, indiscussa 
e evidente per tutti, che il re abbia nomi- 
nato i suoi ministri contro le indicazioni 
del Parlamento. Tale fu i^ sistema seguito 
lungan.ente in Italia. 

In secondo luogo, il re mediante l'opera di 
ministri fedeli combinata con quella di fe- 
deli deputati può preparare le cose in modo 
che, molte volte, il voto designativi non av- 



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\4 



82 CAPITOLO ra 



venga se non nel senso desiderato dal so- 
vrano. Mediante Fabile giuoco di un forte 
gruppo di deputati saldi nel lealismo mo- 
na richioo, è abbasitanza facile evitare una 
battaglia quando essa condurrebbe a desi- 
gnare per il governo uomini o tendenze non 
voluti dal re; affrontarla o provocarla quando 
questo pericolo non vi sia. 

A proposito di una recente crisi ministe- 
riale italiana un giornale torinese (1) pub- 
blicava un'intervista con un « illustre uomo 
di State, >he per Teminenite uflSicio suo e per 
la parte precipua ch'egli ha rappresentato e 
rappresenta tuttavia nella vita i)oTitica è in 
grado di conoscere molto bene, come nessun 
altro forse, la storia degli ultimi avveni- 
menti parlamentari: spirito finemente cri- 
tico, egli porta un giudizio quasi esclusiva- 
mente obbiettivo sulle questioni. > 

Queste uomo di Stato, parlando del mini- 
stero Saracco, nel momento in cui esso sen- 
tiva di star per soccombere sotto un voto 
eontrario dell'a Camera , riferiva cihe < l'at- 
tenzione del Saracco dovette comcentpairsi 
a trovare la posizione netta sai -dui il Mi- 
nistero i>o tesse cadere, con dignità sua e 
lasciando integre le prerogative del potere 
esecutivo ». 

La quale ultima frase significa axxpunto: 



(1) Gai^etia del Popolo, 7 maggio 1901. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 83 

«lasciando integra nel re la facoltà di soe- 
g<liere i suoi ministri e di deteuminare le 
tetìdenze che devono affermarsi nel governo. » 

Questo, adunque, prova che oca qualche 
abilità da parte dei ministri uscenti e da 
parte dei deputati amici si possono sempre 
preparare le cose in modo da salvaguardare 
da un lato la prerogativa del re di scegliere 
con tutta indipendenza i suoi ministri, e da 
permettergli quindi di imprimere alla cosa 
puibblioa la diirezione della sua volontà; e 
da salvaguardare dall'altro lato, l'apparenza 
che sia la Caatiera a designare col suo voto 
i ministri. 

Questo fatto che esistano dei deputati, la 
cui funzione principale consiste nell' appa- 
recchiare abilmente il terreno parlamentare 
in modo che la volontà del re riescia a preva- 
lere, occultamente e senza dar nell'oochio* , 
non è cosa sconosciuta nella storia. Abbiamo 
appena bisogno di ricordare che il fenomeno 
apparve evidentissimo in Ighiilterra al tempo 
di Pitt. « Allora ( narra Macadlay (1)) 
venne al mondo e alla luce una specie di ret- 
tili politici quali il nostro paese non aveva 
mai conosciuto fino allora, né più conobbe 
dappoi. Erano uomini che non conoscevano 
alcun legame politico, eccetto quelli che li 
attaccavano al trono. Non si aveva che da 



(1) Essais historiques et biographiques (trad. Gt. Guizot) 
Deuxiéme serie (Levy, 1885) pag. 152 e seg. 



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84 CAPITOLO III 



desiignare loro un partito, qu-alunque fosse, 
essi erano pronti a coalizzarsi con esso, ad 
abbandoamrlo' , a min)airlo segretattnente , a 
dargli l'assalto, tutto ciò in un batter d'oodiio 
e senza intervallo. Ai loro occhi, tutti i go- 
verni e tutjte le opposizioni erano una cosa 

sola Il loro ufficio speciale era , non di 

sostenere il ministero contro ropposizione, 
ma di sostenere il re contro il ministero. Ogni 
volta che Sua Maestà era indotto a dare un 
consenso che gli ripugnava per la presenta- 
zione di qualche legge che i suoi consiglieri 
costituzionali credevano necessaria, era cosa 
sicura che i suoi amici della Camera dei 
Comuni avrebbero parlato contro la legge , 
votato contro la legge, gettato sul cammino 
della legge tutti gli ostacoli compatibili colle 
regole del Parlamento >, 

Mutatis mutandis, non è inverosimile che 
qualche cosa di analogo possa avvenire an- 
che ora, e ohe siop-atiutto possa stal)ilirsi tra 
i ministri che escono di carica (ma che aspi- 
rano, naturalmente, a ritornarvi) e alcuni 
eminenti uomini politici, che aspirano a 
diventane minietri — i quali, tutti, qui adi, 
hanno bisogno del fav»ore e della sdanipatia 
regia — un' intesa per disporre le cose in 
modo da mantener « salva la prerogativa del 
sovrano » di scegliere i ministri che crede , 
senza far parere di andar contro alle desi- 
gnazioni delUa Camera. 

A ciò , per esempio , serve aseai bene il 



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IL SISTEMA PARLAMBNTÀRE 85 

giuoco avvenuto in Italia, nella crisi ohe 
portò al govermc-' il ministero Zanai^elli-Gio- 
litti. Questo giuoco -consistette nel dare al 
cangiamento (}i Gabinetto l'apparenza di un 
passo nuovo ed ardito, sia perohè, dopo circa 
dieci anni da<?ohè ciò non actcadeva in Italia, 
la cri-si fu lasciata prodursi in seguito ad un 
voto della Camera; sia perchè venivano chia- 
mati al potere uomini ritenuti come depo- 
sitari di un nuovo indirizzo liberale. Ma 
mentre la chiamata al potere di questi uomini 
serviva a dare il colorito esteriore al Gabi- 
netto, e a far credere che la volontà popolare 
fosse giunta a trionfare, mediante il voto 
della Camera, e ad imporsi alla Corona, due 
dei più importanti dicasteri , quello della 
guerra e quello della marina (attorno ai 
quali appunto ferveva in quel momento più 
vivace la discussione in causa delle spese mi- 
litari) venivano chetamente e silenziosamente 
mantenuti ai ministri che li gerivano nel pre- 
cedente Gabinetto. 

E in questa crisi si manifestò aaaiche più 
ohiaraanente del solito il potere che ha ed 
esercdita la Goromia nella (soluzione delle csrigi 
ministeriali e nel governo effettivo della cosa 
pubblica. Poiché il mantenimento di quei 
ministri e la conseguente mancata parteci- 
pazione alla combinazione miniisteriale dei 
ra^ica'M (i quali ponevano come condizione 
la consolidazione delle spese militari) pro- 
vennero, per esplicita confessione della stam- 



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CAPITOLO III 



pa monarcbi<ìa, dalla volontà del re. E la 
Gazzetta del Popolo del 14 febbraio 1901 
scriveva, infatti: «Falliscono le trattative 
coi radicali perchè questi esigono un pro- 
gramma minimo militare e tributario , che 
non è quello dell' onorevole Zanardelli né 
dell' on. Giolitti , impegnati colla Corona a 
mantenere i progetti militari presentati pri- 
ma d'ora alla Camera >. 

Che la volontà del re costituzionale sia 
determinante nello scioglimento delle crisi 
ministeriali veniva imp»licitaanente constatato 
di recente, nella seduta del 30 aprile 1901 
del Senato italiano, nella quale diiscutenidosi 
l' interpellanza Arriva'bene intorno alle leghe 
di miglioraimento dei contadini del manto- 
vano, *ohe il ministro Giolitti era accusato 
di tollerare, il senatore Serena disse : a Ora- 
mai io non teano nò spero più nelle crisi 
ministeriali; temo altre crisi ben più spa- 
ventevoli >. 

Un uomo politico navigato, come il sena- 
tore Serena, sa infatti benissimo ohe il 
grande armeggio parlamentare dei partiti è, 
in una monarchia costituzionale), cosa, dn 
fondo, del tutto esteriore e superficiale che 
ncm todoa l' intima comipagine e l'andamento 
aìjituftlc' dello Stato. Le crisi parlamentari 
si sut^eedc-no, nuovi uomini vanno al potere, 
e quindi, si dovrebbe presumere, si compiono 
B^nalati rinnovamenti. Ma in realtà gli e9pe- 
r ime alati sanno che non c'è nulla da temere, 



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IL SISTBMA PARLAMENTARE 87 



e che tutto resta tal quale, perchè la volontà 
del re, occulta ma potente, dirige a suo be- 
neplacito lo scioglimento delle crisi, anche 
quando sembri cedere al voto dei rappresen- 
tanti del popolo, e non ammette ai governo 
se non gli uomini che incontrano il suo 
favore o che le abbiano precedentemente date 
garanzie di obbedienza. Soltanto le « crisi 
ben più spaventevoli >, cioè V abbattimento 
della monarchia, potrebbero, per implicita 
confessione del senatore Serena, determinare 
nelk'' Stato un indirizzo nuovo, perchè non 
più controllato dalla volontà costante e uni- 
forme di chi incarna gli interessi della di- 
nastia. 

Ohe più ? Abbiamo la stessa dichiara- 
zione d'un re che ci fornisce la prova che 
la volontà reale è sovrana nella soluzione 
delle crisi e neU' indirizzo fondamentale dello 
Stato. 

Nel giugno del 1896 il senatore • Gadda 
narrava, infatti, a un redattore del Corriere 
della Sera il seguente episodio: 

e Lasciato il Ministero nell'agosto del 1871, 
venni nominato prefetto di Roma, e durai 
in quella carica per cinque anni. Nel 1876, 
andata al potere la Sinistra, ed il Ministero 
degili Interni essendo stato assunto dall'c-n. 
Niootteira, io non mi sentivo molto fiducioso 
sull'andamento che doveva prendere rAmmi- 
nistrazione; chiesi i)ercdò l' aspettativa; e 
resistetti anche alla cortese insistenza che il 



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CAPITOLO ni 



nuovo Ministero mi fece perchè io restassi 
al mio posto. Mi recai, com'era naturale, a 
prendere congedo da Vittorio Emanuele, al 
quale esposi le cause della determinazione 
che avevo preso; e ricordo che il re, con 
eepressione confidente e col sorriso sulle lab- 
bra, mi rivolse queste precise parole: Ha 
torto di aver paura. Non precipiteremo. La 
mano alla « mécanique » la tengo sempre io; 
e vedrà che, occorrendo, saprò stringere i freni 
a tempo ». (1) 

Assai istruttiva, da questo punto di vista, 
è la storia del regno di Giorgio III d' In- 
ghilter?ra, il quale, méntre i due primi 
Giorgi occupati a governare l' Hanovre ave- 
vano abbandonato ai loro ministri il governo 
della Gran Bretagna, comiciò a badare assai 
poco air Hanovre e molto al governo dell' In- 
g^hilterm, e intrap'rese a dirigere a sua guisa 
i destini di questa. (2) 

Si videro allora gli uomini politioi più 
eminenti, verso i quali stava rivolta con af- 
fetto e con entusias»mo la coscienza della na- 
zione , come lord Chatam , Fox e Burke , 
tenutii ostinatamente lontani dail potere e 
colpiti dalPaiwersione regia: il priano perchè 
ami'co (liiliiarato dei diritti del popolo, il 
secondo perchè tenace difensore della libertà 
civile e religiosa, il terzo perchè contrario 



(l) Co}fiere~della Sera, 3-4 luglio 1901. 
(3) BUMiCEK Maine — Op. cit, pag. 298. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 



alla tratta dei negri, al sistema di coscrizione 
militare a vita, alla guerra contro le colonie 
americane e favorevole all'uguaglianza reli- 
giosa; mentre i capisaldi della politica regia 
erano il mantenimento della schiavitù dei 
negri, l'incremento dell'autorità della Corona 
contro i diritti popolari, il predominio della 
chiesa anglicana, la soppressione d'ogni spi- 
rito di ridenoa , il divieto di ogni riforma 
parlamentare, la guerra coli' America e colla 
Francia. Lo stesso Burke, nella sua Storia 
Parlamentare , acriese questa frase : « La 
questione non era di prendere coloro che po- 
tevano gerire meglio gli affari pulbblici, ma 
ccloro che s' incaricavano di non far nulla ». 
E lord Chatam disse, in un discorso pronun- 
ciato nel 1777 : « Il governo di questo glo- 
rioso impero appartiene agli uomini pieghe- 
voli non agli uomini capaci ». 

Ma quando Burke, colpito profondamente 
nel suo equilibrio mentale dalla morte del 
figlio e dallo aicoppio della rivoluzione fran- 
cese, cadde in uno stato d'allucinazione assai 
vicino alla pazzia, e rinnegò tutti i suoi 
principi, comiaiciò allora a ricevere le attesta- 
zioni del farvore regio e fu elevato alla Paria. 
E Pitt, die fu l' unico uomo grande am- 
messo al potere con pieno gradimento della 
Corona, durante i sessant'anni del regno di 
Giorgio m, non riuscì ad occupare ed a 
mantenere questa sua posizione se non scon- 
fessando tutti i principi nei quali era stato 



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90 CAPITOLO ra 



educato e che aveva professato al suo entrare 
nella vita pubbli-ca. Egli aveva proclamato 
l'assoluta necessità della riforma parlamen- 
tare; ma siaooaiie il re non la voleva, non 
esitò a pere^guitare il partito ohe un tempo, 
d'accordo con lo stesso Pitt, tendeva a far 
trionfare quell' idea. Giorgio III era parti- 
giano della schiavitù dei negri, e Pitt non 
osò mai ajpprofittare del potere per propome 
Tabolizione. Pitt finalmente desiderava man- 
tenere la pace colla Francia, ma siccoone il 
re odiava i francesi e voleva la guerra, così 
Pitt gettò il paese in un conflitto politica- 
mente pericoloso e finanziariamente gravis- 
simo. Pitt voleva concedere all'Irlanda una 
piccola parte dei suoi diritti, violentemente 
conculcati; e il re lo destituì. E quando 
Pitt volle ritornare al jKxtere, dovette rinun- 
ciare a qualsìaBi pensiero di giustizia verso 
r Irlanda. (1) 

E' evidente l' identità di quanto accadde 
in Inghilterra sotto Giorgio III, con quanto 
accadde in Italia con Crisipi, Zanardelli, 
Nicotera e cento altri, e con quanto sta 
probaJbiknente accadendo con Fon. Sacchi. 
Ma quei fatti a cui si nega l'ovvia inter- 
pretazione, i>er ragioni politiche, quando ac- 
cadono sotto i nostri occhi, restano netta- 
mente delineati, in sé stessi e nei loro mo- 



(1) Cfr. BucKLB — Histoire de la Civilisation en Angle- 
terre (Flammarion) Voi. II. 



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IL SISTEMA. PA.RLAMENTARB 91 

tivi, nella storia, che è molte volte il freddo- 
ed imparziale si)eoehio del presente. 

Ne risulta che Fopinione, così diffusa, che 
l'azione politica del sovrano costituzionale sia 
nulla e che egli sia impotente a far pre- 
valere la sua volontà nella scelta dei ministri, 
e, quindi nella direzione della cosa pubblica, 
è un errore massiccio. Senza affermare che 
nella imonarchia rappresentativa le forze par- 
lamentari ncTi possono mai esercitare una 
azione indipendente nella creazione e nell'ab- 
battimento dei governi, si può concludere che 
questo libero giuoco è ad esse concesso, solo 
quando la competizione avvenga tra capi di 
partiti o di gruppi, per quanto riguarda le 
linee fondamentali della politica, ugualmente 
accetti al monarca; ma che, i)er quanto con- 
cerne i capisaldi della politica, la volontà 
del monarca è sovrana, e che tale sovranità 
si esercita sia nella scelta delle persone, sia 
nel determinare queste a rinunciare alle idee, 
che il popolo ha loro dato il mandato di rap- 
presentare, per accettare quelle del monarca. 
Nell'un caso e nell'altro, quindi, la volontà 
del re costituzionale giunge a tenere in iscacco 
quella del popolo; e nel secondo caso con 
conseguenze ancora pili deleterie che nel 
primo: perchè, il popolo vedendo chiamati al 
potere gli uomini in cui ripose la sua 'fiducia, 
si conferma sempre più nell'errore che la sua 
volontà possa aver libero corso nella monar- 
chia costituzionale, non accorgendosi chiara- 



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92 CAPITOLO m 



mente che quegli uomini per essere chiamati 
al potere hanno dovuto rinunciare alle loro 
idee; giacché il giudizio i)opolare resta per 
lungo tempo- oscurato dalle loro stesse sofi- 
stiche dichiarazioni di coerenza e proteste di 
logicità e da qualche loro atto, compiuto so- 
pra questioni secondarie, néirintento d'i di- 
mostrare che ncn sono venuti meno al loro 
antico programma. 



Ma non è qui tutto. Altri mezzi, oltre 
quello della scelta dei ministri, ha il re co- 
stituzionale per far prevalere la sua volontà 
su quella del popolo. E, anzitutto, un fatto, 
del quale non si tiene, ci pare, il debito 
calcolo è Pedueazione politica, diremo così, 
professionale che riceve il monarca. 

Fin da quando il principe ereditario giunge 
in età da poter riflettere, egli si trova in 
una posizione in cui nessun pili intimo retro- 
scena, nessun ingranaggio politico piii occulto, 
nessun più miisterioso maneggio parlamen- 
tare diplomatico gli resta ignoto. Il re 
costituzionale, quindi, prima ancora di salire 
al trono ha avuto ampiissimo campo di scal- 
trirsi nell'uso di tutti i più reconditi mec- 
canismi della politica, di imparare quali 
molle bisogna mettere in moto per raggiun- 
gere infallantemente questi o quest'altri ri- 
sultati, per far trionfare alla chetichella e 



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IL SISTEMA. PARLA.MENTARE 93 

senza mettersi in mostra (e il sistema ono- 
narchiieo-raipipTieiseiuta'tivo' eonBÌ«»te in fondo, 
tutto in que&ta ii)ocrisia), la sua volontà. 
Egli si è trovato, insomma, nella i>osizione 
di chi può osservare uno spettacolo stando tra 
le quinte, in mode da poter vedere da vicino 
la preparazione interna , la traifila delle dì- 
sposizioini, il processo per mettere i-n moto i 
congegni, tutte cose che non appariscono al- 
l'occhic dello spettatore, il quale dello spet- 
tacolo non coglie che Testeriorità. 

Questa educazione professionale del re di- 
venta tanto più profonda quanto più egli 
dispone di un'esperienza più ricca, e, quindi, 
quanto più questa esi)erienza si è potuta fis- 
sare, stante l'antiichità della dinastia, in una 
specie di linea di condotta tradizionale, in 
una sorta di patrimonio intellettuale della 
Casa regnante. 

Ora, nello sforzo che fa il popolo d'una 
mcnarchia costituzionale per lo sviluppo della 
libertà politica e per raggiungere una sem- 
pre più ampia possibilità di far prevalere la 
sua volontà, avviene una tacita e sorda lotta, 
tra i rappresentanti del popolo ste^o e chi 
impersona il potere rivale, il pctere regio. 
Anche quando il re debba, sotto la pressione 
di un'intensa corrente dell'opinione pubblica, 
chiamare al potere uomini che incarnano una 
determinata tendenza politica, voluta dal po- 
polo ed avversata dal re, questi, in grazia 
della educazione politica professionale che 



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CAPITOLO III 



possiede e che lo ha messo a conoscenza di 
ogni più occulto congegno, si trova di fronte 
a quelli in una posizione assai piii forte e 
riesce facilmente a metterli in sacco e ad 
incanalare la loro azione in modo da renderla 
assolutamente innocua. Molti uomini politici, 
saliti al potere in una monarchia costitu- 
zionale, e contro i quali si grido poscia al 
tradimento per aver essi completamente get- 
tato a mare il bagaglio delle loro idee, non 
furono, forse, almeno da principio, se non 
giuocati essi medesimi. E una volta giucca ti, 
una volta compromessi di fronte al popolo, 
essi non poterono più, in forza di quella 
gelosa cura che ha ogni uomo della propria 
coerenza, cura ohe spesso lo spinge a difen- 
dere i propri errori, a perseverare in essi, e 
anzi ad accentuarne la portata, tornare in- 
dietro. E rimasero o ritornarono sul j>otere, 
oramai completamente addomesticati e asser- 
viti alla politica dinastica, ad aumentare an- 
cora credito alla fallace apparenza che la 
mon'aTtìhia rappreiseataitivia dia libero corso 
alla sovranità del pojpolo, proprio quanido a 
questa apparenza veniva più profondamente 
meno la corrispondente realtà. 

'Chi potreibbe dire, a questo- proposito, quan- 
ta parte delFattuale annichilimento del po- 
tere regio in Inghilterra, sia dovuto al fatto 
c4ie Ili r£*^na Vittoria — durante il cui regno 
queir annichilimento si compì — era una 
d&iaiLft, e fiali al trono giovane e assoluta- 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 95 



mente inesperta, e si trovò quindi di frante 
agli uomini parlamentari del suo regno in 
una posizione assolutamente inversa di quella 
ohe occupa normalmente un sovrane costitu- 
zionale, cioè a dire si trovò ad essere più de- 
bole di loro nel giuoco della pclitica ? 

Ancora maggiore è la potenza personale che 
un re può trarre dai rapporti di politica este- 
ra. H sovrano (e già durante la sua educa- 
zione professionale, come principe eredita- 
rio) ha entratura in tutte le Corti; egli vi 
si acclimata, acquista importanti conoscenze 
di cose e di persone; può stringere e preparare 
di lunga mano rapporti o fondare relazioni 
di cui il parlamento e i ministri del suo 
Stato possono non venir mai a cognizione e 
neppure averne il sospetto; può, finalmente, 
anche in questo campo imparare quali sono 
e come si maneggiano le fila che mettono in 
moto i vari intrecci della politica estera. « Me- 
diante la sua posizione elevata (scrive il La- 
veleye (1)), mediante le sue relazioni di fa- 
miglia, egli otterrà delle informazioni, delle 
confidenze, che non saranno comunicate a un 
ministro di passaggio, per paura di vederle 
comparire in un Libro Azzurro, in una let- 
tera o in un discGTSo al Parlamento ». 

Ma, su questo argomento, amiamo ripor- 
tare le parole di Max Nordau, le quali ci seixTi- 



(1) Le gùuvernement daìis la démocralie (Alcan, 1896) 
II, 104. 



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96 CAPITOLO HI 



brano riprodurre con perfetta esattezza la 
realtà delle cose. 

La monarchia, dicono molti, «è (egli scri- 
ve), almeno nei paesi costituzionali, una sem- 
plice decorazione; il monarca vi ha mi'nor po- 
tere che non il presidente degli Stati Uniti 
d^ America. L' Inghilterra, il Belgio e V Italia 
sono, in realtà, ■ delle Repuibbliche ccn dei re 
alla loro testa, e le forme tradizionali di som- 
missione di cui la Corona è circondata non 
impediscono, in alcun modo, la libera mani- 
festazione della volontà popolare. 

« E' questo un grave errore che avrà an- 
cora per parecchie volte conseguenze funeste 
ai popoli. Il potere dei re continua ad essere 
enorme, e la loro influenza, anche in paesi 
come il Belgio, la Rumania, l' Inghilterra 
e la Norvegia, è potentissima, sebbene sia 
eseraitata non mediante la costiituzione, ma 
a lato di questa. Ne abbiamo le testimonianze 
più irrecusabili. L'onorevole <jrla)dstone, così 
comi)etente nella questione, si è spiegato in 
modo assai significativo sulP influenza dei 
re nella Nineteenfh Century. Aloune pubbli- 
cazioni del nostre- tempo spandono su questo 
punto una luce sufficiente, particolarmente la 
biografia del principe Alberto, di Martin, che 
contiene la corrispondenza tra il principe Al- 
berto e il principe Guglielmo di Prussia, fu- 
turo re ed imperatore, e il racconto delle re- 
lazioni di Napoleone con la Corte d' Inghil- 
terra ; le Memorie del consigliere aulico 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 97 

Schneider, di Meding, eoe. Noi vediamo come, 
nei gabinetti dei re, di sopra dei popoli, dei 
parlamenti e dei mii'nii&tepi, ai tessano le fila 
delle relazioni intime; come i monarchi con- 
feriscano' direttamente gli uni con gli altri; 
come giudichino ogni avvenimento politico , 
anzi tutto, dal punto di vista dei loro inte- 
ressi dinastici; come si sentano solidali di 
fronte al movimento che oonduoe i popoli 
a riconoscere le loro forze e i loro diritti; 
come nelle più gravi risoluzioni, che eserci- 
tano un'azione funesta sopra milioni di indi- 
vidui, essi si lasoino determinare da capriicci, 
da amicizie e da antipatie personali. Gli ora- 
tori popolari pronunciano grand!i frasi nei 
comizi; i deputati declamano nei parlamenti, 
i ministri fanno con aria imx>ortante le loro 
rivelazioni; tutti insieme sono oonviinti di de- 
terminare essi soli i destini del loro paese; 
ma, frattanto, il re sorride con disprezzo e 
scrive delle lettere confiidenziali a.' suoi amici 
coronati d'oltre frontiera, e decide con loro 
ogni cosa : alleanze ed esclusioni , guerra e 
pace, oonqu^is-te e cessioni, restrizioni e con- 
cessioni; quando di piano è fissato, lo si ese- 
guisce senza curarsi delle chiacchiere dei 
parlamenti. 

« I re trovano anche in abbondanza degli 
strumenti per compiere la loro volontà in una 
forma correttamente costituzionale; del re- 
sto, al bisogno, non è difficile creare delle 
correnti d'opinione pubblica, e infine accade 



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98 CAPITOLO m 



che i re, i quali si crede non abbiano nello 
Stato che una parte decorativa, ©on quelli che 
pronunciano la parola decisiva nella viita dei 
popoli ; oggi , precisamente come nel medio 
evo, oiggi anzi anioora di più, perchè un tempo 
l'alleanza dei re tra di loro era piii debole, 
il sentimento della loro solidarietà non esi- 
steva ancora, e il loro naturale entourage, 
Paris tocrazia e l'alto clero, era axi essi molto 
mene devoto ohe non ora. La debolezza degli 
uomini che, contrariamente alla loro ragione 
e alla loro convinzione, praticano la (men- 
zogna monarchica, si vendica su loro mede- 
simi, o piuttosto sul progresso umano; gli 
pseudo-liberali i quali credono di ingannare 
i re ajccofrdando loro privilegi ed onori, seiooinido 
es&i, illusori, sono in realtà, essi medesimi, 
ingannati dai re; costoro sanno assai abil- 
mente aggiuingere all'apparenza del potere che 
si lascia loro l-a realtà di questo potere. Non 
è la forma monarchica che è vana, come se 
lo lasciano dar ad intendere quelli che com- 
mettono la menzogna dinastica: è la sovra- 
nità nazionale» (1). 

Un'obbiezione è abituale in bocca dei mo- 
narchici a quanto abbiamo d'etto più sopra 



(1) Max Nordau — Les mensonges conventionelles de 
notre civilìsation (trad. Dietrich). Hinrichsen, 1886, pa- 
gina 124-26. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 



circa la f)ajcaltà effettiva ohe il re oostituizic- 
nale possiede di scegliere esso i suoi ministri. 

Osservano, cioè, i monarchioi, che ta/le fa- 
coltà hanno anche i presidenti di reipu'bbliiche 
e talvolta più incontestata, più estesa, e più 
indiscussa, anche nella foiunia e nell'appa- 
renza, di quel che tale facoltà non sia in 
mano di un re costituzionale. 

Ciò è perfettamente vero*. Il Presidente 
della Confederazione Nord-americana ha una 
indipendenza, coetituzionale e effettiva, asso- 
luta nella scelta dei ministri, i quali sono, 
press'a poco, soltanto dèi suoi impiegati. « Si 
lascia (s(CTÌTe il Bryoe (1)) la più ghiande lati- 
tudine al Presidente nella scelta deii suoi 
ministri. D'abitudine egli prende un Gabi- 
netto interainente nuovo alla sua entrata in 
funzioni, anche se appartiene all'istesso par- 
tito del suo predecessore. Egli può scegliere, 
e lo fa talvolta, non solo uomini che non 
hanno mai seduto al Congresso, ma che non 
hanno mai fatto della politica, che non hanno 
forse mai fatto parte della legislatura d'uno- 
Stato o occupato il più piccolo impiego. Due 
memlbri soltanto del Gabinetto Harrison, for- 
mato nel 1899, avevano seduto nel Congressc... 
lì ministro non è altro che il suo (del Presi- 
dente) domestico, obbligato ad obbedirgli e 
indipendente dal Congresso ». 



(1) Bryce — La répuhliqne américaine. Voi. L Giard et 
Brière 1900 pag. 133 e 138. 



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100 CAPITOLO ni 



Ciò sta bene. Ma i inon'arohi<5Ì che muo- 
vane tale obbieaione dimenticano di notare 
che il potere del presidente americano è -pe- 
riodico. Esso dura solo quattro anni; e per 
una consuetudine inviolabile nessuno può es- 
sere chianuato alla Presidenza per più di due 
volte (1). Ora è chiaro che la piii ampia 
latitudine lasciata al presidente neilla scelta 
dei ministri, non è, in fondo, ohe una lati- 
tudine lasciata a chi, ccl mandato appunto 
di scegliere i (ministri, vien notminato dal 
popolo. Si può aif ormare che d ministri ven- 
gono nominati dal x>opolo micdiante doppio 
grado di elezione. E si può paragonare questa 
condizione di cose a quella che si avrebbe 
da noi se il presidente del Consiglio dei mi- 
niistri fosse eletto ogni quattro anni dal po- 
polo, anziché nominato dai re, lasciata x>oscia 
a lui la facoltà più amjpia di scegliere gli 
altri membri del suo Giabinetto. 

Come si vede, adunque, la facoltà di sce- 
gliere i ministri, esercitata da un presidente, 
ha un isiignifiicato e un'efficacia ben diversi 
che non esercitata da un re. E in generale si 
può dire che l'eleggibilità periodica del capo 



(1) Soltanto otto furono i presidenti che ebbero questa 
unica possibile rielezione : Washington, Jefferson, Madison, 
Monroe, Jakson, Lincoln, Grant e Mac Kinley. Quest'ul- 
timo poco prima della sua morte s'era affrettato', a smen- 
tire la voce corsa che egli fosse disposto ad accettare la 
candidatura per la terza volta. 



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IL SISTEMA PAKLAMJSJNTAIOSr*»'- ìOi^/. 

dello Stato altera profoudamente il carattere 
e r ieflueiiza diei mezizi di ptredominio poli- 
tico che sono alla portata di esso, quand'an- 
che questi mezzi siano apparentemente quelli 
medesimi che pcasiedè un re, e li fa diventare 
da mezzi di piredomiinio' di intereeiai dinastici, 
mezzi di (predominio di un partito. Con que- 
sto di più, ohe in mano di una dinastia, in 
grazia della sua continuità, quei mezzi di 
predominlio saranno volti , con immutabile 
costanza, niel senso di proteggere, accanto 
agli interess-i dinastici, quelli della classe i 
ci^i «interessi sono fusi cogli interessi del 
trono; mentre, in repubblica, dove ogni par- 
tito può volta a volta conquistare il seggio 
presidenziale, i mezzi di predominio di cui 
può disporre il capo dello- Stato, non possono 
essere destinati a favorire, con inalterabile 
continuità, una sola classe ; bensì possono 
servire, con vece «alterna, a tutte, stabilendosi 
così, anche sotto questo aspetto, la possibilità 
di una maggior parità di trattamento da parte 
dello Stato, di tutte le classi sociali. 



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Capitolo IV. 

Il sistema parlamentare 

fcontinttasionej . 



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^^-nv^ ^ ^^g^^k. ^ QCgvg) 



Abbiamo notato come la volontà i>op(>lare 
incontri nel governo panlaimentare dsegli o- 
stacoli che si posscmo cbiamare accidentali, i 
quali, vale a dire, non sono comumi a tutte 
le forme del sist-eona parlamentare e non sono 
inseparabili dalla sostanza di questo; ed altri 
ostacoli propri di tutte le forme di quel si- 
stema e inscindibili dalla sua essenza. 

Oltre queilli che abbiamo enumerati nel 
capitelo precedente, altri ostacoli vi sono di 
carattere accidentale. E anche questi, se non 
sono per necessità logica connessi alF esi- 
stenza d' una monarchia costituzionale, si av- 
vertono però, normalmente, là dove questa 
monarchia esiste. 

Il primo di essi è la nomina del Senato 
da parte del capo delle Stato; la quale forma 
di nomina, se non è necessariamente propria 
della monarchia costituzionale, ai riscontra 



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106 CAPITOLO IV 



però soltanto negli Stati monarchici, e, per 
diro più esattaonente , si riacoantra, lailmano 
nella sua forma più comipleta, soltanto in 
Italia. 

Le Camere Alte in ^generale godono tutte 
le predilezioni dei nemici della democrazia. 
Il Summer Maine si esprime senza am^bagi: 
« Non v^è alcun mezzo, secondo me, (egli 
scrive (l))di sfuggire a questo fatto che tutte 
le istituzioni di tal genere, quali un Senato, 
una Camera dei Pari o una seconda Camera 
qualunque, riposano sulla negazione o la 
meaisa in dubbio del f am.oso adagio che la voce 
del popolo è la voce di Dio. Esse esprimono 
la rivolta del buon senso d'una gran parte 
dell' uimanità contro questo asaioima ; ejsse 
sono il frutto d'un agnosticismo dell' intel- 
ligenza politica ». E come « il miglior esem- 
pio » d''una Camera di Pari nominati a vita 
il Summer Maine cita appunto il -Senato ita- 
liano. 

Ora, quand'anche i mezzi cui abbiamo ac- 
cennato nel capitolo precedente non bastas- 
sero a mantenere inalterabile la prevalenza 
della volontà del re su quella del i)opolo; 
quand'anche nella Camera elettiva si facesse 
strada una maggioranza contraria a certi 
postulati della politica regia, e questa lassig- 
)^ìoi'ziu^ii iL-^Ì3,f.7.ao (cosa praticamente imx>ce- 



0) iJp^ cit, pag. S55 e 256. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 107 

sibile, oouhò dimostreremo più iniaanzi) agli 
scioglimenti della Camera, perfettamente le- 
gali; il Senato di nomina regia offre sempre 
il più sempdioe, agevole e spedito stromento 
I)er tenere in iscacoo la volontà popolare che 
.sia rduscita a farsi strada njell'ailtro ramo del 
Parlamento. 

Nella facile illusione <die le giovani forze 
dei partiti estremi si formano in Italia di 
poter cambiare la natura defilo Stato a colpi 
di scheda, tutte le dmmense forze di resi- 
stenza che si presentane come una imiuraglia 
inespugna^bile di contro ad ogni proposito di 
seria innovazione vengono dimenticate; e 
prima di ogni altra viene dimenticato il Se- 
nato, che si considera quiasi come un'istitu- 
zione trascurabile. 

In realità, il iSenato è la potente armata 
di riserva per il sostegno della volontà del re 
e della classe politica dominante, contro la 
volontà popolare. E se questa sua forza di- 
viene raramente attiva e non apparisce, gli 
è che non c'è stato mai bisogno di metterla 
in opex&, servendo più che sufficientemente 
ali > scopo gli altri mezzi per conculcare la 
sovranità jwpolare. Essa rimane adunque allo 
stato di potenza, ma non è a dire che non 
sappia, al bisogno, intervenire efficacemente: 
e ne abbiamo avuto una prova recente in 
quanto accadde nel giugno e luglio del 1901, 
quando, accennando il ministero Zanardelli-J 
Gioii tti ad assumere l'apparenza di un atteg-" 



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108 CAPITOLO IV 



giameato democratico, il Senato non gli menò 
buona neppure questa apparenza, e condusse 
il ministero a fare sopra due importanti que- 
stioni — le leighe di miglioramento dei con- 
tadini, e la condotta d'un ufficiale che aveva 
fatto sparare su alcuni contadini scioperanti 
— dichiarazioni assai più restri ttii ve di quelle 
che aveva poco prima fatte alla Camera. 

Quando il Senato è ereditario, come in parte 
la Paria inglese o il Maggior Consiglio della 
Ke^pubblica di Venezia, v'è sempre una certa 
possibilità che esso, ad un dato punto, venga 
a rispecchiare le principali correnti politiche 
della nazione e si apra «alquanto alle idee 
nuove. Poiché, sebbene le faaniglie che lo co- 
sti tuisicono appartengano , originariamente , 
alla clas&e conservatrice, il succedersi delle ge- 
nerazioni può portare in esso uoinmni dalle 
piii diverse opinioni politiche. Ma in un Se- 
nato di nomina regia, avviene invece una 
selezione, in ogni generazione, degli elementi 
più supinamente devoti alla volontà del re e 
provatamente ligi agli interessi della classe 
dominante, i quali soltanto sono chiamati 
alPufficio. E siccome, del resto, in ogni mo- 
mento, il re può creare senatori senza limite 
di numero, così è chiaro che, quand'anche la 
maggioranza del Senato accennaBse per un 
istante a schierarsi contro «alla politica regia, 
il monarca potrebbe, colla nomina di nuovi 
senatori, mfutare quella maggioranza e for- 
marne un'aitra di suo maggior gradimento. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 109 

Del resto, la critica del Senato regio non 
è più da farsi. Tutti i più autorevoli scrit- 
tori di diritto costituzionale l'hanno con- 
dannato. Il Pakna ne fa una severissima cen- 
sura: «La nomina reale (egli scrive (1)) 
circonida'ta come si voglia, di guarentigie, di- 
pende sempre dal buon volere del Capo dello 
Stato e dei suoi ministri. Qualunque siano 
gli eletti essi hanno un peccato d'origine di 
essere non un i>otere propnio ma una seconda 
edizione di un altro potere ». E l'autorevole 
scrittore si chiarisce favorevole ajl Senato 
eletto dai Consigli provinciali amlministrati- 
vi. Oavour {Della costituzione d'una seconda 
Camera) criticò egli pure vivaonente il Se- 
nato di nomina regia, Francesco Crispi, nel- 
l'opuscolo / doveri del Gabinetto del 25 mar- 
zo, scrisse : « Il Senato è un istrumento fatto 
a comodo del potere esecutive. Quando una 
legge d' iniziativa regia, ebbe il voto della 
Camera elettiva, al Senato non resta altro 
ufficio ohe di manifestare il suo assentimento. 
Al contrario, se nella Camera elettiva si fa 
qualche iegge che non garbi ai signori mi- 
nistri , il Senato è ccndannato a farla da 
spegnitoio ». 

Ciò non ostante la monarchia italiana — 
che alcuni vanno predicando perfino ecces- 
sivamente democratica — adottò e mantiene , 



(1) Palma. — Corso di dirillo costituzionale (Pellas, 
1881) Voi. n, Capo V. 



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Ilo CAPITOLO IV 



sola fra tutti i governi del mondo, questa 
istituzione assolutamente contraria perfino 
all'apparenza del principio della sovranità po- 
polare; questa istituzione della quale Cavour 
scriveva : « L'opinione pubblica, questa vera 
regina della società moderna, considererà i 
mefmbri chiamati a comporrla come i deputati 
del governo, quindi le loro deliberazioni non 
saranno mai pienamente indipendenti, e non 
avrà mai grande autorità » ; e aneora : « L'e- 
quilibrio in meccaniica indica lo- stato d' im- 
mobilità, stato ohe mal s'addice alle società 
moderne spinte irresistibilmente nella via 
della civiltà: epperciò reputiamo fallace ed 
erronea la triste metaifora colla quale tanti 
pubblicisti hanno cercato di provare l'utilità 
di una seconda assemblea. Gli ordini politici 
dello Stato debbono essere stabiliti in vista 
d'un moto oontimio, di un non interrotto .svol- 
gimento, ma di un moto, di uno svc-lgimento 
ordinato e progressivo ». 

E' notevolissime il fatto che mentre il Se- 
nato di nomina regia è stato fin da principio 
riprovato dai più forti pensatori Mei partite- 
conservatore, esso fu, nondimeno, introdotto 
e mantenuto. Ciò dimostra che la classe do- 
minante e la dinastia ebbero un istinto piii 
sicuro e piiì prati'co di quanto ad esse 
pouvf?niva fare rlie non alcuni uomini, pure 
tra i più eeminenti, appartenenti alla stessa 
(il&^e politica, E mentre questi, trascinati 
dalla logica, condannavano il Senato' regio. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 111 

il Senato regio, ciò non ostante, diTientava 
istituzione dello Stato italiano, e nulla v' è 
ohe pcesa far pensare dover esso scomparire 
in un vicino o lontano avvenire. 

Ora, se l'esistenza d'i una seconda Cametra, 
quando questa sia elettiva, si può giustificare, 
anche contro il famoso dilemima di Sieyès: 
«se la seconda Camera è in disaccordo con 
la prima è un'istituzione dannosa; se sono 
entrambe d'accordo, essa è superflua», osser- 
vando che essa può giovare a rallentare il 
corso di troppe precipitate deliberazioni, e a 
adempiere in certa guisa la funzione di or- 
gano della riflessione della democrazia; quan- 
do il Senato è di nomina regia la sua esistenza 
non può essere spdegata che colla teoria di 
Montesquieu e di Guizot. E cioè che esistono 
nella società due classi principaili «quella 
degli uomini che vivono sulle entrate delle 
loro proprietà fondiarie o mobiliari, terre o 
capitali, e quella degli uomini che vivono 
del loro lavoro senza terre né capitali » ; e 
che a ciascuno di questi elementi essenziali 
ed eterni della società, abbisogna una rap- 
presentanza separata, altrimenti uno sarà sa- 
crificato dall'altro e si riuscirà alla spoglia 
zione e all'anarchia. (1) 

Tale è infatti — e basta esaminarne la 
composizione staibilita dall'art. 30 delk- Sta- 



ci) Cfr. Laveleye — Le gouvern. de la Dem. Livre Vili 
Chap. II. ' 



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112 CAPITOLO IV 



tuto — la spiegazione del Senato di nomina 
regia. Esso è, cioè, una vera rappresentanza 
esclusiva degfli interessi della classe domi- 
nante e della dinastia, fusi insieme, la quale 
rappresentanza può, col suo voto, distruggerò 
anche quelle piccole conquiste che la 7olontà 
popolare fosse niuscita a fare nella Camera 
elettiva; esso è un vero e proprio ameae ci 
guerra contro la sovranità del popolo. (1) 



* * * 



Ma il piii potente dei mezzi che h^nno ' 
sovrani costituzionali per assicurare un pre- 
dominio incontrastato alla loro volontà - 
quel mezzo, anzi, che è il fondamento di tutti 
gli altri — è la presenza dell'esercito por 
manente confidato al loro diretto comando. 

Mediante l'esercito permanente i governi 
attuali a «classe politica», seno ria-iciti a 
risolvere un difficilissimo problema in modo 
analogo a quello con cui, sul terreno eeoino- 
miico, un altro problema, altrettanto difìl- 



(1) Il Laveleye studiando il miglior modo di costituire 
la Camera Alta (elettiva, s'intende, perchè quella regia 
non vien nemmeno presa in considerazione dall'autore del 
Governo della democrazia) nota che potrebbe applicarsi al 
Senato l'idea messa innanzi dal Prins e preconizzata dal 
Sismondi, di comporlo cioè mediante « rappresentanti eletti 
dai diversi gruppi industriali e agrìcoli, la metallurgia, le 
miniere, il cotone, la seta, la viticoltura, il commercio e 
così via ». (Op, cit, loco citato). 



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IL SISTEMA. PARLAMENTARE 113 

cile, è state risolto mediante il salariato. Co- 
me (il saHariato, venendo a sostituirsi all'eco- 
nomia a servi ed a schiavi, ha reso inutile 
ogni costrizione per mantenere il lavoratore 
nello stato di soggezione, e ne ha realizzato 
la soggezione automatica, e, apparentemente, 
libera e spontanea; così coll'esercito perma- 
nente, a base di «(scrizione, si è raggiunto 
questo curioso risultato di far sì che il popolo 
stesso presti automaticamente la forza mate- 
riale per assicurare il predominio della classe 
politica dominante sopra sé medesimo. 

Una giusta analisi di questo fenomeno fa, 
dal punto di vista conservatore, Gaetano Mo- 
sca, sebbene la chiarezza, quasi brutale, con 
cui si esprime, sia acquante compiromettente 
per gli interessi conservatori. Egli scrive: 

« Quello che intendono con questa frase : 
sostituire la nazione a/rmata all'esercito per- 
manente, ben lo salppiamo, ed è uopo che Pe- 
splichiamo bene, mettendo i punti e le vir- 
gole. Ciò che si vuole è la distruzione di 
questo organismo ammtirabile, per il quale le 
masse brute vengono raccolte e disciplinate 
e cambiate in strumelito obbediente di quelle 
altre classi sociali, che possiedono l' intelli- 
genza, la cultura, la ricchezza e per esse 
il potere. Di quest'organismo che è il più 
bel trionfo, che un ordinamento intelligente, 
che tutte le sue forze fa agire coordinaitamente 
e come obbedienti ad un unico impulso, ab- 
bia mai riportato sopra elementi disgregati 

8 



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114 CAPITOLO IV 



e ciocaiaeiite agenti €KJÌto rimpulso dell'in- 
teresse puramente e grettamente ' individuale. 
E che cosa si vorrebbe sostituire a oiò? Lo 
sbrigliamento della folla indisciplinata, che 
tumultuariamente armata diverrebbe la pa- 
drona deila situazione, e sulla quale le mino- 
ranze intelligenti prive di quell'orgianaimento 
e di quell'insieme nell'agire, che forma la loro 
forza, non avrebbero pili alcun mezzo i)er 
imporsi e teneirla a dovere. E si pretende- 
rebbe che coloro, che attualmente hanno il 
potere nelle mani consentissero a ciò, con- 
sumassero in altre parole il loro» suicidio? 
Ma ciò è um supporli anche più semplici e 
ciechi di quello che realmente non siano. Cre- 
dano a noi tutti quelli che hanno qualche 
cosa da -perdere, ci credano ciecamente qu^ta 
volta, giurino sulla nostra parola: se essi 
conservano pacificamente quell<}« che hanno, 
non lo devono che alle baionette dei 
soldati. Quando incontrano per le vie un 
povero fantaccino, quando vedono il pronto 
saluto che una sentinella rende ad un uffi- 
ciale, sopra questi fatti così semplici e co- 
muni, meditino un poco. Quella divisa così 
uniforme, quelle stelle bianche al colletto, 
quel moschetto così rispettosamente alzato, 
racchiudono i>er lui un grande insegnamento. 
Srmo questi i mezzi morali e materiali onde 
Il Da minoranza scelta, elegante, coilita ha i>o- 
tiito assicurare il suo regno, ha saputo pa- 
droneggiare una maggioranza brutale, i cui 



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IL SISTEMA. PARLAMENTARE 115 

appetiti non mai saziati, scmo sempre pronti 
a scatenarsi; ohe è temuta a posto solo dalla 
forza, e ohe, se la forza organizzata non 
fotase, manderebbe a sconquasso' la civiltà per 
il piacere di un'ora di onnipotenza e di ven- 
detta » (1). 

!N'on si potrebbe svelare con maggiore sin- 
cerità e con maggiiore crudezza la funzione 
dell'esercito moderno, così dette- nazionale, la 
quale consiste appunto nella protezione degli 
interessi di urna piccola minoranza contro 
quelli della grande magigioranza dal cui seno 
stesso l'esercito esce. E da quii scaturisce 
la riprova cshe l' unica sostanziale diffe- 
renza tra le forme di governo è quella che 
viene determinata dalla democrazia diretta: 
imperocché (a parte l'Inghilterra, ohe costi- 
tuisce un caso del tutto speciale, e in cui il 
popolo vittorioso nelle rivoluzioni del XVII 
secolo' s'affrettò a togliere al sovrano l'eser- 
cito) tutti gli Stati puramente parlamentari 
posseggono un esercito permanente e a base 
di coscrdzioni ; ma in quelli a democrazia 
diretta, perchè in e^i il governo non è ri- 
dotto nelle mani d'una « dasse politica », non 
esiste neppure lo stromento per sostenere i 
privilegi della classe, e l'esercito, o è fondato 
sul reclutamento volontario, o è sostituito 
dailla nazione armata. 



(1) Mosca — Sulla teorica dei goveì'ni ecc, (Loescher 1884) 
pag. 28H-9, 



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116 CAPITOLO IV 



Senonchè, in una monarchia costituzionale, 
l'osercitc-' oltre clie servire a proteggere l'in- 
teresse di classe, serve anche, e in prima 
linea, a sostenere quello della dinastia. 

Deiresencito awietne come di quasi tutte le 
altre istituzioni destinate in origline a man- 
tenere saldi i privilegi di classe; e cioè che 
queste istituzioni finiscono per crearsi degli 
i'nteressi peculiari a se, veri interessi di corpo, 
cui difendono, naturalmente, allato e avanti 
agli interessi di classe. L'ultimo clamoroso 
avvenimento che ha manifestato quanto que- 
sti interessi particolari all'istituzione siano 
profondamente sentiti e radicati nell'esercito, 
è stato l'affare Dreyfus. Esso dimostrò, in- 
fatti, come la s-clidarietà dei membri della 
gerarchia militare, solidarietà spinta fino al 
delitto, sia tale e tanta che essi sono portati 
a tramare un cambiamento di forma di go- 
verno pnr di mantenere intatta l' autorità 
e la rispettabilità di alcuni capi. E se si ri- 
fletta pei che l'affare Dreyfus rivelò i tentativi 
o almeno la tendenza degli alti capi militari, 
par sostituire una monarchia alla repubblica, 
se ne trarrà la conclusione che quell'episodio 
ci ha fornito la prova del sentimento di re- 
ciproca attrazione della monarchia con l'e- 
sercito permanente e dei mutui vincoli che 
legano l'una all'altra istituzione. 

Orbene: se il senso della comunanza degli 
interessi di corpo fu tanto vivo, quale l'af- 
fare Dreyfus ce l' ha rivel-ato, nella repub- 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 117 



blica francese, si ccrnsiideri quale esse deve 
essere in una monarchia. Ini questa il capo 
dell'esercito non è piiì un generalissimo che 
vien nominato da un nniniatero e può essere 
da un altro destituito; ma è invece il re 
medesimo, il cui potere ha origine all'àn- 
fucri del ministero e del parlamento e risiede 
perennemente nella stessa persona e nella 
stessa dinastia. L'educazione morale dei mi- 
litari ha, nella monarchia, un obbietto ben 
fìsso e preciso: la devozione cieca, illimitata, 
esaltata, per di re, per ila Casa regnante. 
Questo spirito di devozione che negli eserciti 
permanenti delle repubbliche, può posarsi 
saltuariamente su qualche generale, ma resta 
d'ordinario fluttuante e senza meta fissa, ha, 
nelle monarchie, una meta precisa e costante. 
Se, dovunque, l'esercito permanente costitui- 
sce una casta, chiusa in sé, e tendente a for- 
mare uno Stato nello Stato, e a sovrapporsi 
alle autorità civili e specialmente a quelle 
d'origine popolare, nella monarchia questa 
casta fa capo e culmina nella persona che 
tiene anche in sua mano tutti i fili della 
politica, e questa persona trae, quindi, dal- 
l'esercito una potenza cui, praticamente, nulla 
v'è nello Stato che possa bilanciare. La forza 
di imporsi allo Stato e di distruggerne la 
costituzione, che qualche volta trasse dall'e- 
sercito un generale (come Napoleone il 18 
Brumaio, o come forse poteva trarre il ge- 
nerale Koget se il 23 Febbraio 1899 avesse 



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118 CAPITOLO IV 



se^ito r invito di Déroulède di marciare 
all' Eliseo) questa forza, evidentemente, giaee 
senijpre, latente e potenziale nelle mani d'un 
re, verso cui spontanemente, più che verse 
qualunque generale, si indirizza normalmente 
la devozione dell'esercito. 

Un'autorità del diritto co&tituzionale , il 
Laveleye, ha una pagina assai eloquente su 
questa spada di Damocle che è, verso anche 
le pallide libertà parlamentari, l'esercito per- 
manente, specialmente se ha alila testa un 
re. Egli ricorda la situazione della Germania, 
e scrive : « L' impero ha il suo Eeichstag , 
e oiaiscun Stato la sua Assemjblea deliibsfrante. 
Vi Sii pronuncia dei bellissimi discorsi; vi 
si vota delle leggi, e spesso anche si prende 
la soddisfazione di respingere i progetti del 
governo; ma, in reailtà, il padrone assolute 
è il sovrano o il suo ministro, per la sem- 
plice ragione che un milione di baionette 
disciplinate ed obbedienti formano un argo- 
mento irresistibile. Questa verità è dura e 
i liberali ne gemono*, tanto più che ci si tiene 
a dissimulargliela». Indi l'illustre scrittore 
aggiunge : « A che serve, adunque, farci illu- 
sione ? Anche nei nostri paesi d'Occidente , 
dove le (istituzioni costituzionali sembrano 
aver preso definitivamente radice, esse non 
esistono se non per condiscendenza dell' e- 
seroito. Supponete un sovrano' assolutamente 
deciso a far prevalere i suoi disegni e una 
controversia come quella del 1864-66 in 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE ÌV^ 

Prussia; certamente itdoii è la volontà del 
Parlamento che prevarrà. Noi diciamo volen- 
tieri che i tedeschi del regime i>arlamentare 
non hanno» che le apparenze. In fondo, la 
situazione è da per tutto la stessa, soltanto al- 
trove essia è allo sitato latente» (1). 

lE' perciò che noi vedliaono al di sopra del 
olamocre delle discussioni parlamentari, spesso 
più vane di quel ch'e non crediamo, alFioi- 
fuori degli aipiparenti camlbiamenti rad'icaili 
della politica del governo, gli affari militari 
procedere*, nelle monarchie costituzionali, 
con un'assoluta continuità di direzione; im- 
poBPsi e prevalere sulle questioni economiche 
più vitali della nazione; essere geritì sempre 
da uomini appartenenti aUa casta, i qiuali 
ai)esso permangono al potere attraverso a 
molteplici camlbiamenti degli altri ministri, 
e che hanno talvolta la sincerità (come fece 
il gen)erale Mazè de la Roche nel 1878) di di- 
ohiaratrsi confuandati al posito di miaiistri» (2). 

In conclusione, quand'anche attraveoBO la 
fitta rete degli ostacoli che albbianao passato 



(1) Laveleye — Op. dU, II, pag. 108. 

(2) Si legga a questo proposito il libro Italia del gene- 
rale Còrsi. E' la storia d'Italia dal '70 al '93 quale la 
vede un alto capo militare. Vi si scorgerà tacilmente come 
le agitazioni parlamentari, cosi appariscenti, siano un fat- 
tore affatto secondario della politica, e come il perno di 
questa giaccia nelle considerazioni di ordine militare, ma- 
turate dall'esercito (cioè, naturalmente, da suoi alti capi) 
e dal re. 



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120 CAPITOLO IV 



e passeremo iLn rassegna riiiscÌBse a farsi stra- 
da un TBiiggìo (Idlia volontà popolare, se questa 
è idi contradiiizione colla volontà r^i-a, il re, 
avonido a sua disposizione la forza armata 
può sempre T'dcrsi d'ogni dispositivo costi- 
tuzionaile. NdM'evemtuale conflitto tira le due 
voilontà, del ve e del ipopoRo, non v'è, ikifatbi, 
al di sopra un igiudice che sentenzi e a cui 
sia esclusivamente riservato l'uso della forza 
per far eseguire la sentenza. Quest'uso è in- 
vece in possesso soltanto d'una delle .due parti 
contendenti. E, secondo le parole che Ma- 
oaulay mette dn bocca a Milton, «die cosa 
ne è miai dei \'Cti, degli statuti delle riso- 
luzioni ? Essi non hanno occhi per vedere, 
non hanno (mani per colpire e per vendi- 
carsi », (1) C/onoetto questo che s' incontra 
con quello tante volte ricorrente neg-li scritti 
del Komagnosi : « Voi mi obhietterete 'le carte 
oostituzicn'aili. Ma che cosa è una carta co- 
fetituzionale &OLza il potere della forza, e 
contro il potere della forza ì Voi mi citerete 
le congregaaioni paa^amentari. Ma che cosa 
sono queste congregazioni senza il potere deiUa 
forza, o cooiiro ii potere della forza ? Che 
cosa sono a fronte del re che le può scioigliere 
a suo beneplacito ? Che cosa sono quando 
si vendono apertamente al Gabinetto che 
paga questa farsa per far passare g'ii atti 



(1) Macaulay — Essais sur l'histoire d'Angleterre, trad. 
a. Guizot; Levy, 1884, pag. 202. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 1 121 

dell'a sua reale potenza ? In (mano di cH sono 
le armi, il t-esono, le "caricbe, le onoriifi- 
oenze ? » (1) 



Molte «altre ooee vi sarebbero da notaire din- 
torno agli ostacoli speciali ohe il governo 
parflamentare a forma monairchioa oppone alla 
sovranità popoilare; e anzitutto questa: che 
tutti i mezzi presentati dal sistema pura- 
mente parlamentare per far prevaJ^ere la vo- 
lontà della « classe politica » su quella del 
popolo (prea^'.oni, corruzioni eoe.) possono in 
un giGverno monarchico rappiresentativo essere 
usati per far prevalere la volontà partico- 
lare della din istia. Ma qui ci si presenta una 
osservazione di carattere più generale e im- 
portante. 

Finora .ab])iaano parliate dei mezai, a dir 
così, di uso personale e diretto del sovrano, 
coi quali questi riesce a far trionfare ia pro- 
pria volontà. Non bisogna però dimenticare 
che questi mezzi sono suffulti da una serie 
di istituzioni le quali tutte concorrono a man- 
tenere fermo, celk sua piena saldezza e inte- 
grità, il potere regio. 

La mon-archiia è la fortezza centrale eretta 
contro la volontà i>oi>oilare; ma essa presup- 



(1) RoMAGNOSi — Dell'indole e dei fattori dell'inmi-' 
limenlo (Firenze, Piatti, 1844, pag. 110). 



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122 CAPITOLO IV 



pone una serie di contrafforti che si dira- 
mino dal oentaX) e si eatenidaino fino alla peri- 
feria, chiudendo tutto il paese neila loro 
rete, e mantenendo quello stato di relativa 
imimjobilità ohe è necessario perchè resti im- 
mobile e fe.'^jna P istituzione ceaitrale. 

Questi contrafforti sono- costituiti dagli or- 
gani inferiori di governo, burocrazia oenìtrale 
e provincia:le, polizia, magjìstratura ecc. E 
tali lorgani sono, nella loro parte anaggiore e 
principale ( e devono necessariamente esseire) 
sottratti comlpletamente ad ogni influenza 
diretta della volontà popolare, e posti in 
stretta connessione e dipendenza coil potere 
fisso e oentrxile. 

Se tutte queste istituzioni inferiori di 
governo fosssfo lasciate in balìa della voliointà 
popolare; se questa potesse piasmiarle , (mu- 
tarle, o annichilirle a sua posta; è evidente 
che Tonda dòUa mobilità che la democrazia 
finirebbe per imprimere a tutte le istituzioni 
dello Stato, urterebbe contro da monarohia e 
terminerebbe coillo scalzarla. Quatrwio tuttéi 
queste istituzioni inferiori di governo fos- 
sero pienamente neU© mani del popolo ver- 
rebbe a mancaire alla monarchia la base so- 
lida, il sicuro uhi consistam della «uà ioumo- 
Hlità, come ììI l'apice di uma piramide la cui 
larga basa fo^^ scossa da una serie inoeesanije 
di movimend, 

E' qui dove appare tutta l'erroneità dell'o- 
pmione che la questione della mortairchia o 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 123 

óella repu'bhlioa sia unia se-iupilice questione 
di forma. Cm'taimeinte può esserlo, in quanto 
cioè (e tainche qui fino a un certo punto) si 
«ratti di lascia-re intatte tutte le istituzioni 
monarcliiche, e di sostituire un capo elettivo 
a un capo» ereditao^io. Ma quella questione è 
invece una gravissima ques'tione di sostanza, 
in quanto la monarchia presupipone neoessa- 
riaanentte una -serie di istituzioni, nella loro 
essenza, immobili e perenni come essa, che 
le faxjciano di contrafforte. 

Qualche concessioine apparente alla sovra- 
nità popolajre i>otrà bensì venir fatta : si 
concederà il sindaco elettivo, si darà anche 
una parvenza di referendum ristretto ad af- 
fairi ammànistrativi e dell tutto secondari. Ciò 
allo soopc-" di foirtificare, con quelle apparenze, 
Fillusione che la piena democrazia eia com- 
patibile coUa monarchia, e conquistabile, a 
poco £» poco, sotto di essa. Ma quelle conces- 
sioni saranno in via normale neutralizzate 
da altri freni (tutela deMe autorità provin- 
ciali sopra i Cooniuni ecc.) ; e, in ogsni modo, 
esse saranno sempre le mille migilia lontane 
dal costituire quel complesso di diritti po- 
polari i quali soltanito (come vedremo piii 
innaiDzi) fornuano, nel loro tutto, il governo 
democratico, e che, nel loro insieme, sono, 
come apparirà intuitivamente, assolutamente 
/noompatibili con l' immobilità dell' istitu- 
zione monarchica. 

Ora, quanido ei pensi ohe tutte le istitu- 



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124 CAPITOLO IV 



zioni secondarie e inferiori di governo, le 
quaii sono •sottratte all'arbitrio popolare in 
conseguenza "Leeessiaria della presenza dello 
istituto montarchico, sono quelle ohe staaino 
in più inmuediato contatto col popolo e pre- 
mono direttamente su di esiso, si vedrà age- 
volmente come (•anziché essere la monarchia 
una questione di forana) essa tragga fatal- 
mente con sé quella lunga e fitta serie di 
vincoli che inceppano la libertà di m,ovimenti 
d un popolo; i quali vinicoli se possono esòs- 
stere anche senza la monarchia, eslistono però 
sempre là do^^e questa esiste e ne sono l'ine- 
vitabile prodotto. 



Obbiettono alcuni: sta bene che il re co- 
stituzionale abbia , astrattamente , potenti 
mezzi per far prevalere la sua volontà: ma 
in pratica g[aesti mezzi non eserciterà per 
non suscitare una resistenza che metta in 
pericolo n trono. 

L'obbiezione non ha nessun valore dal no- 
stro punto di vista. Essa si applica, infatti, 
tale e quale anche aUe monarchie assolute. 
Tutti riconoscono che in queste il sovrano 
ha grandissimi mezzi onde far predominare 
il suo volere ?u quello del popolo. Eppure 
(e n^. abbiamo già visti alcuni esempi) anche 
nelle monarchie assolute il timore d'una resi- 
stenza popolare pericolosa induceva il governo 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 125 



p non usare di quei mezzi e a cedere alla 
volontà del popolo. 

'Si tratta qui di vedere se le così- dette 
garanzie 'costituzionali (possano assi-curaiPe il 
libero corso all'a volontà popolare, di per sé 
stessa e indiipendenteimente da una minaacoi'a 
seria di resisteoiza, la quale, se veramente 
seria, otteneva lo scopo di far trionfare la 
volontà popolare, anche quando quelltle garan- 
zie non c'erano, anche cioè nelle naiomarchie 
assolute. 

Ora, noi abbiamo dimositrato che le garan- 
zie costituzionali permiettono al sovrano di 
esercitare un predominio della sua volontà 
che, in prati 5a e lin via normale — quando 
cioè il paese ron sia disposto a un'agitazione 
rivoluzionaria — può essere pressoché illi- 
mitato. 

A che costa si afferma che giovino le oositi- 
tuzioni e i Parlamenti in uno Stato monar- 
ehioo? Precisamente ad assicurare normal- 
mente il lib3.'0 corso alla volontà popolare, 
e senza bisogno di usare quei mezzi rivo- 
luzionari coi qrali soltanto era possibile nei 
vecchi regiiimi raggiungere tale scopo. Ma, 
invece, noi abbiajno visto che le costituzioni, 
per sé sole, non intaccano, di fatto, quasi per 
nulla l'autori :à del re, ài quale, se vuole e 
se 1^ circostanze glielo permettono, può eser- 
citare la sua Vi fontà con la medesima esten- 
sione di un re assoluto. 

Dal punto di vista della sovranità popolare 



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126 CAPITOLO IV 



— di questo criterio fond'ameaitaile di distin- 
zione deWe forme di governo — non v'è, 
adunque, una distinzione ©ostanziaìe tra la 
monarchia assoluta e la monarchia costi tu- 
zionalt. A ilarità di altre circostanze, gli 
Statuti non tiannc' affatto modo alila volontà 
popol&ire di e^ilicarsi nell'ultima forraja di 
monarchia, meglio ehe non potesse nella 
prim-a. 

E la pratica identità di quelle due forme 
di gc verino pocirebbe esseore provata con molti 
altri argocnieini-j. Aecenneremo qui sioltamitio 
Old uno eccezionalmente importante. 

Si afferma dagli scrittori di scienze po- 
litiche che le Costituzioni hanno introdotto 
qu-elsta profoìida innovazione nei onLteri di 
Stato' che mìntre nelle monarchie assolute 
il cittadino ua«n conosceva quali fossero i 
suoi diritti pubblici e quindi si trovava spesso 
a dover ©ubi re pene e persecuzioni senza aver 
previamente potuto conoscere di violare una 
legge, invece i.-elle monarchie eosti tuaionali 
i diritti dei 'ttadini sono fissati ne^lla costitu- 
zione; per cui ognuno sa quel che gli è lecito 
e quel che no-a gii è lecito di fare, e si com- 
porta in conieguenza. 

Ma questa opinione circa il vailore delle 
tosti tuzioiii (■ assolutamente smentita dai 
[a.tti. Se nm o' nsideriamo le più importanti 
JiiberUì del ,?Ìt-tadino — quella di paroila, di 
stampa, di asiaociazione e di riunione — noi 
trovi tmo che Li torno alFesercizio di esse per- 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 127 

dura ila masaìina incertezza. Tante volte, in 
Italia, un discorso tenuto in un comlizio e 
non inteiraN>tto dal funzionario di p"0>lizia che 
vi assisteva, procurò poi a chi io pronunciò 
gravissime ooxidanne davanti a Triibunaili ec- 
cezion aili. Un -aTticolo di g^iomale non seque- 
strato in una città, e quindi ritenuto un fatto 
lecite, fu considerato in un'altra città quale 
reato e quinii sequestrato. Un'asscciazione, 
una serie d'£.S8oeiaziofnji^ rimaste non mo- 
lestate per molto tempo, furono a un tratto 
giudicate criminose e disciolte, e i loro soci 
colpiti da gravi pene. 

Da ciò risulta ohe Tairbitrio degli ufficiali 
governativi è sempre sovrano, ed è sempre 
esiistente Pin-^ertezza nei cittadini intomo a 
quel che sia o ne lecito -di fare, nella nostra 
mionaffchia costituzionale come in una mo- 
narchia asso»l.u»"a. 

E quel ohe ahbiaano detto per le libertà 
fondn mentali del cittadino, per quanto ri- 
guarda cioè Vrpplicazione della legge statu- 
taria, è vero altresì per quanto riguarda la 
applif azione d.» ogni altra legge. « Da noi, 
infatti (scrive ii Vidari), ncn si è mai sicuri 
di nula; iimperoicfchè se il Parlamento ed il 
R? fanno- le leggi, i minisitri le modlificano a 
piacer loro, mediante regolaoneiniti e circolari 
che per i po^'eri impiegati hanno più forza 
ancora delle stesse legigi. Massime in malteria 
fi«Krale, la legislazione nos^tra è tutta un tra- 
nello. Le leg-gi possono dire queMo òhe vo- 



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128 CAPITOLO IV 



glìono, ma il miinilsitro fa <juel ohe gli ac- 
ccanodia, o Falta burocrazìia da cui eeso di- 
peiidie. Il eilitadino q>uindi non è miai sì<?iipg', 
obbedemdo aila legge, di fare tutto qoielilo die 
deve fare per avere così diritto alla prote- 
zioiue di eissa. Sapetre, coinoscere la legge è il 
meno. Quella è la via maesftra: e «al Govierno, 
per eooitrairio, pi acci omo le vie segrete, le sor- 
prese, le iimboisfeate. Ebbene i regolamenti e 
le cincoHari mirisiteriali non sono cbe imbo- 
scate ccntinue» (1). 

La volontà dei cittadini si trova dunque 
di fronte, ;ì)elila noeftra noomaTehia ooeititiu- 
zion'ale, ristofsoa rnK3ontrolllabile oninipotenza 
del gcverno che si trovava nelle monacpcibie 
aistsolute. Ix) Staftuto non ha ftlteraio di un 
ette la situazione. 

Si avventa poi tìhe una reoentiisisiima espe- 
riicmza comiune a paretachi Stati monarchici 
costituzionjali europei, al'Italia, alla Spagna, 
all'A-uisitria, iia mc-isftrato che la coBitituzione 
viene con tutta facilità sospesa e sostituita 
col regime m imitare e con lo stato d'assedio 
— vale a dire coirantico asisoliutisimo aperto 
e dichiaraito — proprio in quei momenti d'i 
abitazioni politiche che i popoli avevano avuto 
ee.pireigsaimenite presenti "nel chiedere ed otte- 
nere gli StaM'+i, onde impedire appunto che 
da qiueille si preludesse motivo, come nelle mo- 



(1) ViDARi — La presente vita italiana politica e sociale 
(Hoepli, 1899) pag. 30. 



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IL SISTEMA. PARLAMENTARE 129 

ntrohiile .aescliite, per infe^ocii^ mella peree- 
cimonie. 

Uno dei priinleipì fonldaniKenitialli dedlo Sta- 
tuto itailiaiii'O è il ddivietx) di créaine tri'bunali o 
oamimiiseioni strao'pd'i'n.aipie. Quiandc le manaa'- 
cihi€ aisiaokite creavano 1?aili ttribumiali o oom- 
ir:8gii<mi? Nan in tempi nortmali, non ce n'etrta 
bì)£vo@n)0. Si cre&van-G' in tempi ainormali ài 
sarmrhoe&e, di torbidi, di ribeUiooii : alla pro- 
mnlg'aizione dello Sbaituto eranio recenti, ap- 
puTiito, ìli Piemon'te i ppoKsesisi, fatti p&r mezzo 
di tribiDmaìi straordiiMiri a-lla «Oiovame Ita- 
lici ». Il divieto oonsajcrato dallo Statuto mi- 
rava e mira d-u-mque a coUpine i tribunali e le 
comimissàiottii S't"£;0(pdi>narie dei tempi anormali 
e dei onoimenti dd torbidi popolari. Eppure 
noi aibbiiaimo viisto replLcataimieinte, ai piiù pic- 
colo feoTmIento un po' vivo, i canoni dfeillo 
Statuto pendor^ imanediiataimeaite vdigore, e 
ripTis'tiiniairisi aiK^rtamente le pratidh© dellW- 
tic'o aBBodutismo. 

Oiò aiginifi^a ohe, qu)ae.i)cihè non bastasiseiro 
tutti i mezizi ncrmiali e oostituzioniadi per con- 
cfuQicare la volontà popolare, vi è sempine in 
riéie-rva, ma a faicile portata di maiio, questo 
altro di fare come se neppure quella parvènza 
di libertà e di garanzia contenuta nell-o Sta- 
tuto moniairchà jo, esistesse pdù. 



Posiaiiamo quindi conici udene colle paroile dei 
Li'.veflieye : « Se il Sowanio ha una politica 



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130 CAPITOLO IV 



pOTSomallfe » (e, come shhÌBnoaso awealtito la ha 
ruecesBiariame'iite, per legge di natura, in causa 
diella peretninità ded potere in lui e nfella aua 
dinafi/tdia) «egli sd sforzerà di farla preva- 
lere. No(n oserà forse metteoigli in lotta apeirta 
con la rappresen'tafliza naziondie, ma, usando 
degHi enormi mezzi d'influenza dd cui il po- 
teie eeeoutinro dispone, faa^ dd tutto pencìiè 
qu-esta rapipnasentanaa sia coanpoeta confioir- 
Dfiemeaite ad suol degdlderì e perohè a quebti 
ceda. Eglli tenterà di estendere il suo potere, 
e una Gbtta ix>rdla, ma piena di perdeoli si sta- 
bilirà tra il menarca e la paarte più ardente 
dell paese. E siooome esso potrà sbarazzarsi 
delle Oamere, grazie all'esercito, il regiLme 
parlamentare non esisterà che per toBeit^anza 
e sarà sempa-e alla menoè d'u'n colpo di 
Stato» (1). 

Se non. ohe noi erediaono che l'imaiigTie scrit- 
tore belga -non sia qui dei tutto esatto. Per- 
chè il sovrano costituzionale riesca a far pre- 
valere la sua i>olitica personale, non v'è, in 
vi.i normale, afi^atto bisegolo d'ujn colpo di 
Stato. Egli può faida prevalere coi soli po- 
tentissimi mezzi di predominio che la Costi- 
tuzdane gli concede. Egli quindi non f€wà mai 
un colpo di Staito, i>eirchè non ha nessun in- 
teresse a fari 3 ; perchè sa che la Oostituziane, 
anche letteralmente osservata, non diminuisoe. 



(1) Laveleye — Le gouvernement dans la démocratie, 
(Alcan 1896) II, 242-3. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 131 

in realità, per xitil'la il suo potere; perchè sa 
ohe è ili ix>palo il qaale se vuol far prevailere 
la soia voloTLià non può colile sole forae co- 
stiluzioniaili riuricirvi. Perdhè sa ineomaiia ohe 
lo Statuto, le elezioni, il Parlaimeaifto, tutto 
questo non è se non uno scenario, la sola cesa, 
è vero, che colpisca la gran massa degli spet- 
tatori; nm die-tro il quale piuò a^re e pre- 
domiLniare, coHa medesima efficacia d'un tempo, 
coiteris paribas, la volcntà d^el sovraaio. Per 
costui sarà sempre soltanto una questione di 
tattica e di prudenza. Cederà ai volere della 
eomiiniiità quandio veigg»a che insistendo in un 
suo proposito può soiisicàtare uin'agitaziofnie che 
•non ha la fo'r;?a di reiprimere — tale e quale 
coane aicioadeira nei regimi autocratici. Ma 
quando qiueQia forzsa sappia d'averla, i)otrà 
fare qu'aaito gli piace; e ciò, noronalmenije, 
-ncn solo ^enza uscire daiiia Costituzione; ma 
anzi in base ad essa ed osservandola lette- 
ralmente. 



vatf^'^^^Qafi^ 



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Capitolo V. 

Il sistema parlamentare 

(continuazione e fine). 



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Le critilohe contro il parlaanentarioono (vale 
a dire contro quegli inooniveaiieniti del gover- 
no parlaoneaitaie che non sono pdù a-ooìden- 
taJi, e partieolapi pinttoiato aduna clie a un'al- 
tra delle yaaàetà di esso govierno, mia generali 
e comuni a tutte) ooompano orainuai dei vo- 
luQui. Esse sono state amipiamente sviluppate 
dagli acrdlttopi atpparteneuti al partito con- 
servatore, neiU'imtenl» di s<5reiditare «quanto ha, 
anche apparen-temente, origine popolare. Però 
molto spesso, manifestazioni di nualcontento 
contro il regime parlaiméntare si fanno strada 
anche negli scritti degli uomini politici più 
avanzati. 

Per conto nostro , accettiamo quasi tutte 
le critiche die essi muovono al sisteona jmr- 
laimentare. Mu diciaimo subito che tutti i anali 
inerenti a questo aistema sono guaribili sivi- 
luppando il principio che lo inf orma fino alle 



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136 CAPITOLO V 



sue ultime cousegu'eiize, sivilupipando ciioè il 
sisitema parlaanentare fino alla demcorazia di- 
reftta. 

Sì credette e si prodaimò •che il sii&tema 
parlafluentare attuava il prinioifpio della so- 
vranità popolare. Invece la volontà della eo- 
munii'tà rionase oon/culcata ^ed oppresisa nei 
governi puramente rappresenitativi al pari ohe 
nei vecdii regimi. Tutt'al più i governi rap- 
presentativi non fecero ohe rendere alla vo- 
lontà popolare l'omaggio ohe, secondo Larodie- 
fifloiicauld, rende il vizio alla virtù : quello della 
ipocrisia. Si proclamò formalmente l'aocet- 
taaionie del principio della sovranità popo- 
lare e se ne praticò una fìnzionie, una specie 
di rappresentazione sfcenica. 

Questa falsa e esteriore appliioazione del 
prinlcitpio della sovranità popolare non poteva 
ohe dar tristi frutti. Msl si applichi quel 
priincitpio — posto che quasi nessuno orattnai 
osa metterne in dubbio la verità — in tutta 
la sua sincerità e in tutta la sua eetenisiione, 
vale a dire con la form<a della democrazia 
diretta, e isd vedrà che quei tristi frutti non 
vi saranno più. 

,Si capisce perchè i partiti avanzati difen- 
dano il siistema parlamentare dalle critiche 
che gli vengono mosse. Queste critiche par- 
tono, per vero, da coloro che vorrebbero ve- 
der siparire o ridursi ai miiniimi termini pos- 
sibili anche quell'apparente adesione che colla 
forma rappresentativa i governi hanno fatto 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 137 

alla .sovranità popolare. E^ giusto, pertanto, 
ohe nella lotta sul terreno pratico si difenda 
anche quella leigg^ra conoessione fatta al 
principio due il siupremo potere sipetta alla 
comunità; giacché anche tale leggera oontoes- 
sione è meglio di nulla. 

Ma da un punto di vista più alto sta il 
fatto ohe il sistema parlamentare merita la 
maggior parte delle critiche che gli vengono 
mosse; e ciò non perchè es&o conceda troppo 
larga «parte alla volontà popolare nel governo 
dello /Stato; ma peKchè gliene concede trop- 
po poca e in modo falso e iimperfetto. 

Abbiamo dimostrato che la volontà popo- 
lare trovava modo, quando raggiungeva, un 
certo grado di forza, di farsi valere anche 
nei regimi assoluti, come solo quando rag- 
giunge quel medesimo grado di forza riesce 
a farsi valere anche negli Stati costituzio- 
nali. Abbiaono passato in rassegna gli osta- 
coli che contro la volontà popc^lare si av- 
vertono esclusiivamente o più di frequente 
negli Stati loostituzionali a forma monar- 
chica. Vedremo ora gli ostacoli che si pa- 
rano dinanzi alF esercizio della sovranità po- 
X>olare derivanti dalla forma parla:nentare in 
generale. E dimostreremo che, in via normale 
— e cioè quando non raggiunge quel certo 
grado, abbastanza eccezionale, di forza — la 
volontà pox)olare, come non avev'ii mudo J-i 
farsi valere nei regimi assoluti ■(iqsì non Jo ha 
neppure nei parlamentari (preaoindjeiido tlalla 



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138 CAPITOLO V 



foimia da cesi aaisainta di jnonardiiia o repub- 
bli*oia e consiideraiiido ooiltaiito il imieocaiiisimo 
parlaanentare) sebbene ai afiepmi òhe questo 
è appunto quel meoicamsmo medianite aui la 
vo-lontà del jKxpolo riesce a prevalere in modo 
normale. 

Quindi noi passeremo in rassegna solo le 
eritidie contro il sistema parlacnentare le 
quali provano come, sotto tale forma di go- 
verno, la volontà i>oipolare non aJbbia possi- 
bilità di imprimere in via normale la sua 
direzione alla cosa puibbUea. 



iSi dice che i deputati sono i raippresen- 
tanti del popolo, e come tali essi dovrebbero 
in primo luogo trarre la loro origine da un 
atto di sincero, libero e ncn ostacolato eser- 
cizio della volontà popolare; in secondo luo- 
go, nella pratica delle loro funzioni legisla- 
tive seguire l'impulso che viene lorc' dalla 
volontà popolare, o, almeno, non operare in 
oontraddizioaie con essa. 

Ma né Tuna né l'altra cosa è vera. 

L'esplioaaione della volontà popolare, me- 
diante il sistema parlaimentare, è viziata fin 
dalla radice, fino dall'atto con cui il jKjpolo 
crea i <m.>ì Lllì suoi rappresentanti, fino cioè 
dalle elezioni, ohe del sistema stes&o sono la 
base* 



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IL SISTBMA PARLAMENTARE 139 

Ripetere che le elezkoi non rapfpresentano 
l'-eaplijcazioiie della YxAcmià popolare se non 
in una proporzione infìnitesinuale è dare, ora- 
mai, una banalità. Mille circostanze oonicor- 
oorrono, ooone cignun sa, a imipedire nelle ele- 
zioni la manifestazione di quella volontà, o 
a deviarla e confonderla. Fra le principald di 
quelle ohe miranio direttaonente a reprimerla 
sta ro«pera del governo sotto fccrania di pres- 
sioni e di corruzioni. Fra quelle ohe miirano 
a deviarla e a conifonjderla sta l'opera dei 
candidati siteeed, o diei loro granidd elettori, 
o deUa stampa. 

. Si supponga die ad formi tra il i>opolo 
una corrente d'opinione pulbMica, la quale 
spiaìccia al governo; e che questa corrente 
oostituifi'oa la maiggdoraniza. In im ordina- 
mento politico dhe si afferma divergere dai 
precedenti peiwiò appunto che esso presenta 
il mieaoa'niaffno mediantte cui la volontà della 
maggioranza può farsi normalimente valere, 
tale corrente d'opindoaie pu'bblk5a dovrèbbe 
tosto trionifaire. Ma nel governo parlamentare 
essa corre a risdiio di restare sempre soc- 
CGonibente, magari fino al suo totale inete- 
rilimento, a meno che non aicquisti una forza 
tale da far temere di una rivoluzione. 

H governo, infatti, ha modo mediante le 
pressioni e la corruzione di impedire che 
quella corrente d'opini-c-ne che raccoglie la 
maggioranza del paese, divenga maggioranza 
nella Oaanera dei rappresentanti ; esso ha 



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140 CAPITOLO V 



mezzo per farla rimanere miiiioraiiza legale. 
Ed è oiò aippunto òhe adoaide nownalmente. 

4: Olle i Prefetti siano tutti agenti eletto- 
rali del ministero (acrile il Moaoa (1)) è 
una verità orainmi così nota ohe qualunque 
dimootrazione di esisa ci pare superflua. In 
Fran'oia ciò aocade da uin pezzo; in Italia è 
un fatto pdù recente, mia certo non nuovo, 
né introdotto negli ultimi anni: ora, è vero, 
si va generalizzando- sejmpre più, peroihè pri- 
ma erano agenti elettorali solo i così detti 
Prefetti politici, che venivano mandati in al- 
cune grandi città, menitre ora lo sono tutti 
i nd'istin talmente » . 

E poiché il Mosca è stato uno» degli fi»orit- 
tori che più acfutaanente s'è levato contro la 
leggenda della sofvraini'tà jpopolafre noi go- 
verni parlamentari, egli aggiunge queste pa- 
role, che riportia'mo perchè vengono a sor- 
reggere la nostra dimostrazione: 

«Siccome noi non crediamo punito che la 
volontà del paese sda una cosa che quasi mai 
possa manifestarsi sinceramente per mezzo 
di un'elezione, così non solo non sentiamo 
alcuna magnanima ira contro l'intervento 
summenitovato, ma anche, tutto considerato, 
nella maggior parte dei oasi incliniamo a 
trovarlo utile. Infatti, dato che per ora e 
per quflkhe t-empo ancora, dobbiam.o e^ere 
arbitra ri amen te governati da elementi che 



(1} SuUa k'oricii ecc., pag. 231 e seg. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 141 

esicono <ìal'le ooi&ì dette elezioni popolari, sic- 
oome è un fatto per noi certo, ohe in una 
eiezione la auaggionainssa è semipre , per 
necessità di cose, comfpletaimente passiva, e 
cjhe la scelta del deputato è innposta da una 
sparuta miimoranza, vai meg-lio, secondo nei, 
ohe quest' liìnuposizione venlgja dall' auitoi^tà 
centrale che da un cpildoa locale qualunque, 
la quale apas-^o potrà ancibe essere formata da 
un pugno di eamaorristi. Ciò ci pare, se non 
altro, più digniitosc ». 

Poco più oltre, lo stesso anitore aJocenna ai 
modi con cui la volontà .govemjajtiva^ per 
mezze dei prefetti, a-iee-ee a vincere e a so- 
stituirsi alla volontà popolare. 

«Là (leig-li sicrive (1)) dove i depu/tati , 
creanldo il Ministero, si riservano il diritto 
di oaimt)iaTlo a lor voiglia, il Mimetero rea- 
gendo, alla sua volta, crea, per mezzo dei 
prefetti, una quantità di deputati; i quali, 
naturalmente, sono' interes&ati a sostenerlo 
sempre ed a non farlo mai mutare. Il giuoioo 
però si presta ad una quantità di re»oiprodie 
canzonature, in cui la mteglio resta secnpre 
a chi è più fuTÌbo. In quanto ai mezzi con 
cui i prefetti esercitano nelUe elezioni la loro 
influenza essi sono varii. Prima di tutto- 
hanno un certo nuimero di elettori, impie- 
gati , pelrsoue dipendenti edc. dei cui voti 
sono edouri, ma questi non soigliono essere 



(1) Op. cit, pag. 297. 



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142 CAPITOLO V 



molti: poi rileorrono airespediente di veniTe 
a trattativ'e con gli elementi ohe nei singoli 
paesi s' imiponigono, cioè colle società i)oli- 
ti<che e sipecialtmente coi granidli elettori, ed 
a questi fanno dare direttaanenite dal Groverno 
quei medesimi favori che essi ordinariameaite 
ottengono per mezzo dei loro deputati. L'am- 
ministrazione provinjciale e oa-niunale offre 
pure molte risorse. E' eosì (ohe q'uanido i pre- 
fetti hanno del tatto e della scaltrezza, rie- 
s-cono spessisisimo a riiunire lun numero di veti 
preponderandie sui oanididati raccomanidati d'ai 
Ministero ». 

Un giornale pieimontese aveva, tem(po fa, 
un'intervista con «uin alto funzionario del 
Ministero dell' Interno , che ha pure retto 
rAjmiminisitrazioTie di importainti provinoie», 
ajppuntct intomo all'argomenito dì9iro5>era elet- 
torale dei prefetti. Ed ecco ohe cosa il fun- 
zionario dichiarò: 

«Il lavoro elettorale è quello che spezial- 
mente si impose ai prefetti. Dapprima ai aido- 
perarono le nomine a sind'a)oo, a presidenti 
di associazioni, a anemhri di corporazioni; 
si fa tuttavia largo uso ed ahuso di onorifi- 
cenze, di sussidi a corpi morali e perfino ai 
privati; si incoraggiano e si favorisioono pro- 
getti stradali e di oondfutture d'acque ; si co- 
struisicono caserme, si allogano o si traslo- 
cano truppe; si creano o si sussidiano gior- 
nali e giornalisti... » 

— « Non mancano i rihelli ; ma allora si 



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l 



IL SISTEMA PARLAMENTARE 143 



tenta di rimAitame il oamljtepe colle punizioiii 
e coi trasilocihi, e, quando si rivelino inooer- 
ci'bili, si ri<5CTre alla legge del 1887, e, col 
pretesto di svecchiare l'amministrazione pro- 
vinciale, si stimolano le amibizioni dei gio- 
vani più spneigiiudicati. Così aibbiamo assi- 
sti to ad una vera eoatoimJbe di prefetti, col- 
pevoli di nulPaltro ohe di esaere prossimi ai 
(juarant' anni di servigio, per far laìrgo a 
Otualdie g«iovane inù injtraprendente e più 
abile a far passare la volon-tà del Paese! Per 
stimolarne maggiorment© i noìbili appetiti , 
come diceva testé con frase taigliente l' on. 
Saraiceo, non si ebbe neppure riguaild'o di an- 
dar contro alle legi^i dell'anzianità, e quasi 
tutti i regigenti furoaio presi dai consiglieri 
delegati di seconda olasfee, con grave demo- 
ralizzazione di quelli di prirtna ». (1) 

L'azione, dunque, »cihe il Governo esercita 
suEe elezioni per mezzo dei prefetti iimpe- 
di^ce affatto alla volontà del paese di farsi 
valere. E, a questo proposito, amiamjo qui 
riportare l'opinione die due acuti ceeerva- 
tori inglesi, Bolton King e Tbomas Okey, au- 
tori del recente beUieeimo libro Italy to-day, 
recano» intomo all'opera politicamente corrut- 
trice del governo e dei privati, quale si e- 
splica in Italia. 

« La pressione governativa e la corruzione 
privata (essi scrivono) tocca mostruose pro- 



fi) Gazzetta del Popolo, 14 Maggio 1901. 



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144 CAPITOLO V 



porzioni. La prima è peggiore nel Sud, la 
seconda nel Nord. Ma dovunjque più o meno, 
i Prefetti sono impiegati a «preparare» le 
elezioni, e se un Prefetto ricusa di lavorare 
per il candidato ministeriale, è sommaria- 
mente rimosse, ovvero secondo il più decente 
costume odierno, è temporaneamente sospeso 
finché l'elezione sia finita. Tutti i suoi enor- 
mi poteri sono adoperati per assicurare la 
riuscita del candidato del Governo. Un pre- 
fetto una volta si vantò di poter dominare 
tutte le elezioni nella sua provineia, ocane 
di poter mandare tutti i suoi sindaci in pri- 
gione, se fosse necessario. Nei giorni di Cri- 
spi, essi arrestarono elettori sotto false im- 
putazioni -alla vigilia delle elezioni e li ten- 
nero in custodia fin'chè lo sicrutinio fu chiuso. 
In Sicilia hanno anche impiegata la Mafia 
pe? terrorizzare gili elettoiri. 

«I fogli sono sussidiati coi fondi segreti; 
agli studenti si impedisce di far propaganda 
elettorale; gli impiegati ferroviari vengono 
ammoniti, ovvero, se socialisti influenti, ri- 
mossi a luoghi lontani durante le elezioni; i 
sindaioi diramano circolari officiali raccoman- 
dando il candidato ministeriale; le guardie 
di pubblica sicurezza vengono collocate presso 
le urne elettorali per cacciar fuori gli elettori 
deir opposizione. Nel recente processo di dif- 
faniazìonc C?odronchi-De Felice, un ex Mini- 
stro di Giustizia affermò che la polizia sici- 
liana era mm vera «agenzia elettorale». Le 



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I 



IL SISTEMA PARLAMENTARE 145 

liste vengono aoeomodate dai membri deirUf- 
ficio di revisione. Si seppe di un professore 
di lettere ohe fu cancellato come illetterato, 
e a Catania 5000 elettori sofpra 9000, tra cui 
professori di università ed avvocati furono 
depennati in un sol coilipo. Dlie esempi no- 
tori, ohe fanno quasi id parallelo collo elezioni 
della Galizia, illustreranno come il sistema 
opera in Sicilia. Nel 1895, mentre Orispi era 
al potere era aperta una campagna elettorale 
ad Alcamo e, non ostante le medicazioni delle 
liste, Damiani, il candidato ministeriale, ave- 
va poca probabilità di successo. Ma un certo 
Saladino, abitante di quella città, era in pri- 
gione sottc l'accusa d'i assassinio e di falso; 
e i parecchi amici e le relazioni del Saladino 
erano sufficienti per mutar Tesito dell' ele- 
zione. Il generale Mirri , governatore della 
isola, ox>erandc probabilmente dietro diretti 
ordini di Crispi, andò ad Alcamo e strinse 
un patto: Saladino fu rilasciato ed egli as- 
sicurò l' elezione di Daiiniani. « Damiani 
(«scrisse il generale) d^e vincere ad ogni 
costo, perchè Damiani significa Crispi ». Lo 
scandalo di Alcamo ebbe un degno comple- 
mento l'anno scorso. Il collegio di Corleone 
attirò la speciale attenzione del prefetto. La 
polizia fu mandata nei villaggi a minac- 
ciare i timidi contadini che, se il candidato 
ministeriale veniva battuto , essi sarebbero 
stati arrestati in massa. Ad unVssociazione 
mafiosa di noti criminali fu data un'infor- 

10 



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146 CAPITOLO V 



nata di licenze di i>OTto d'armi, affindrè ee-si 
e i loro amici potesserc terrorizzare gli elet- 
tori. Sindaioi, maestri, puìbblici ufficiali, im- 
piiegartà m'U]ni'oig>ali vemnero amunoniiti di ap- 
pcuggiare il candidato del prefetto. Manovre 
come queste si udirono riferire da tutte le 
parti d'Italia nelle recenti eleziooii e l'apitoe 
dello scandalo venne raggiunto quando una 
circolare segreta ordinò agli imipiegati tele- 
grafici di non trasmettere alcun dispaccio re- 
lativo alle elezioni senza che fosse stato visto 
dal pref ette. Non v' è da meravigliarsi che 
ogni Gabinetto, in una difficoltà, faccia ap- 
pello al paese sai>endo ohe Tdlezione sarà suffi- 
cientemente burlesca in un numero bastante 
di collegi per dargli una maggioranza. La 
corruzione completa l'opera. Essa non consi- 
ste soltanto nell'abbondante ubo di promesse 
che il governo accorderà speciali favori alle 
località: ferrovie locali, fornitura d'acqua a 
sue spese, nuove caserme nel capoluogo, una 
due decorazioni per i più eminenti soste- 
nitori. Oltre tutto ciò, vi è un'audace e sfac- 
ciata corruzione da parte del Gk-verno e dei 
privati. La legge elettorale ohe punisice con 
multa e carcere ogni tentativo diretto o in- 
diretto di corruizione, è lettera morta; e sotto 
Dd Budini nel 1892 un magistrato del Ve- 
neto che voleva iniziare un processo per un 
caso di notoria corruzione, trovò il suo pro- 
cesso imi)edito e fu egli stesso trasferito al- 
trove. I fondi segreti del governo sono larga- 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 147 

mente a<ii=biti a questo scopo. Una delle cause 
che rovinarono la Banca Romana fu la dc'- 
manda di prestiti fatta suocesigi-vainente da 
parecchi presidenti del Consiiglio dei ministri, 
i quali volevano aumentare il loro fondo e- 
lettcTale. Si erede che Pelloux avesse da parte 
un miliardo per occorrenze elettorali; e si 
dice che nel 1892 "in un solo collegio siano 
state spese 200.000 lire. Nelle elezioni del 
1900 la corruzione eembra essere stata pre- 
domjjnante così al Nord come al Sud. Si 
seppe che a Catania furcno pa-gate L. 20 per 
un voto, a Corteolona in Piemonte, furono 
pag'ate da L. 5 a 25; ad Intra il prezzo cadde 
a sei soldi. Occasionalmente un'elezione viene 
annullata per « larga filantropia » alla vi]gì- 
lia d'un'eilezione, o per «corruzÌ€'ne di quasi 
tutto il collegio ». Ma, di regola, tutto ciò 
può essere fatto imipunemente e anche quan- 
do la Giuinta delle elezioni ha proposto jhe 
un'elezione sia annullata per corruzioaie, la 
Camera ha alcune voilte rifiutato di ciò 
fare ». (1) 

Nessun quadro dei mezzi coi quali si con- 
culca la volontà popolare nelle elezioni, cioè 
nel pilccolissimo spiraglio traverso al quale il 
governo parlamentare le permette di mo- 
strarsi, potrebbe essere più comipleto di quel- 
lo che tracciano questi due stranieri e im- 



(1) BOLTON Kiya and Thomas Okey — Italy to-day 
(London, Nisbet, 1901) pajjf. 16-19. 



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148 CAPITOLO V 



parziali osservatori della nostra vita politi-ca. 
Eppure vi sono ancora molti «ibevitori di 
frasi » che hanno una fede illimitata nel- 
Tefficacia della scheda elettorale. 

'Costoro che, pnr s'a^ndb come aittraiverso 
l'azione di corruzione e di intimidazione eser- 
citata dal Governo «passi la voUiontà del 
paese », hanno gran fede nella scheda elet- 
torale, semibra non si rendano un conto con- 
creto e preciso della i>otenza di quell'azione. 
Il fatto che in alcune grandi città l'azione 
spiegata, nel senso ora desioritto, dal Mini- 
stero non riesce a far presa, li fa dimenti- 
care come l'azione medesima sia onnipotente 
nella maigigior parte dei collegi elettorali meno 
in vista. Qualche aipparis-cente e clamorosa 
vittoria della volontà popolare nei grandi cen- 
tri li fa trascurare le seonifitte ohe la stessa 
corrente di opinione puh-blica, sotto quella 
azione, stubisioe in moltissimi altri luoghi, pur 
costituendo anche qui la maggioranza* 

Nelle piccole città di provincia, nei collegi 
rurali, l' azione spiegata dal Ministero nel 
senso sopradetto, è onnipotente; per cui si 
può dire che, nel complesso d'un paese, un 
Governo, è normalmente certo, usando i po- 
tenti mezzi di pressione e di corruzicne ohe 
stanno in suo potere, di impedire assoluta- 
mente il lihero corso della volontà del paese 
— almeno fino a che questa vok-ntà non 
assuma una forza tale che avrebbe fatto pie- 
gare anche un governo assoluto. 



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IL^SISTEMA PARLAMENTARE 149 

Avviene quindi che i poohi ma clamorosi 
successi della corrente d' opinic-ne puibblica 
predominante nei centri più in visita, mieatre 
giovano a confermare, per l'impressione che 
destano, rillusione ohe la sovranità del po- 
popolo possa essere, in regime parlamentare, 
una realtà, in fatto non approdano a nulla, 
poiché sono più che comapensati dail concul- 
camento che il Governo riesce a fare di quella 
medesima corrente d'opinione puibblica negli 
altri collegi meno in vista. Per cui, comples- 
sivamente, si ha il fenomeno che una cor- 
rente d'opinione jiubblica non riesce mai a 
prevalere di fatto : sia perchè nom gi'uuge 
mai a vincere l'azione opposta del Governo, 
contemporaneamente, nella maggioranza dei 
collegi elettorali; sia perchè la sua progres- 
siva conquista dei coUeigi, trovandosi di con- 
tro la potentissima azione governativa , è 
tanto lenta, ohe mentre gli uni vengono con- 
quistati gli altri vengono perduti, ovvero, 
quando, i>er impossibile, ne sia conquistata 
la mag-gioTanza, è oramai passato tanto tempo 
dacché quella corrente d' opinione pubblica 
s'è formata che è venuta meno in gran parte 
la sua ragione d'essere o la possibilità pratica 
del suo triooifo. 

Spieghiamoci con un esemipio. Supponiamo 
che esista in un paese una corrente d'opi- 
nione pubblica contraria al rinnovamento di 
un'alleanza, o ad un'impresa di politica co- 
loniale, o all'esercizio privato di una rete 



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150 CAPITOLO V 



ferroviaria. Supponiamo die questa oor/ente 
d'opini ooie pubblica costituisca la reale mag- 
gioranza dei paese; ma che il Governo le fa -a 
. contrario. , 

Avvengono le elezioni: c[uella determinata 
opinione riuscirà ad avere il sopravvento in 
quaildhe collegio; mia sotto l'azione delle cor- 
ruzioni o intimidazioni governative, soccom- 
berà nella maggior i)arte. E' bensì vero che 
è possibile che mediante costanti e immani 
sforzi quell'oipinione conquisti a poco a poco 
la maggioranza dei collegi; ma perchè ciò av- 
venga, e i>erchè essa possa far valere in con- 
creto la sua coniqui-sta con nuove campagne 
elettorali occorrono diecine d'anni. E intanto 
il Governo forte della magigioTanza raccolta 
neille prime battaglie — ma^ggioranza non ri- 
specchiante la volontà dell paese — avrà rin- 
novato l' alleanza, compiuta l' impresa colo"- 
niale, concessa la rete ferroviaria ad eser- 
cizio privato. E cosa fatta capo ha. 

La situazione politica cangia di momento 
in momento. E questa impossibilità della vo- 
lontà del paese d'i affermarsi immediatamente 
nel momento opportuno, equivale nel fatte 
all'imjpossibilità di mai affermarsi. Per impe- 
dirne l'affermazione pratica basta che il Go- 
verno riesca — e gli è facilissimo — a pro- 
rctgarne la completa manifestazione. Quando 
questa manifestazione comipleta, dopo lun- 
ghissimi sforzi, può avverarsi, sono passate 
le condizioni ohe la rendevano efficace. La 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE ì^ì 

volontà popolare si trova, adunque nel reigime 
parlamentare, da questo punto di vista, pres- 
s'a poco nella condizione di Tantalo. Stanno 
dinanzi ad easa apparentemente in abbon- 
danza i mezi^i atti a darle l'illusione di po^ 
tersi fare effioacemen-te valere : ma quando essa 
è lì pear appressare all^a'ciquja le labbra riarse 
dalla lunga sete o per afferrare le frutta colle 
mani già stanobe dalla lunga tensione, l'ac- 
qua e le frutta si sono già ,per sempre al- 
lontanate da lei. 

Considerajndo le cose i>ositivamente, adun- 
que , bisogna concludere che l' affermazione 
delUa volontà popolare, nel governo parlamen- 
tare, mediante il sistema elettorale, ohe 
sembra fatto apposta i)er fornire i mezzi nor- 
mali a questa affermazio-ne, incontra ostacoli 
insormontabili. E ciò tanto più quando si 
rifletta che il potere esecutivo ha a sua di- 
sposizione un'arma micidialiesima onde stan- 
cheggiare ogni sforzo del popolo per affermare 
la sua volontà e prostrarlo alla fine: quella 
dello stcioglimento della Oamera. 

Una qualunque tendenza popolare anti-go- 
vernativa impegna mediante le elezioni una 
battaglia col governo. Ora, la facoltà di seio- 
gliere la Camera è paragonabile a quella che 
avesse uno solo di due lottatori — per 
giunta più forte del rivale — di non dichia- 
rarsi mai vinto ma di far ripetere incessan- 
temente la prova della lotta, scegliendb lui 
il terreno ed il nKxmento. E' evidieaite che a 



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152 CAPITOLO V 



questa streigua le probabilità di vittcxia del 
primo lottatore aumentano a dismisura, anzi 
si trasformano praticamente in certezza. La 
facoltà di sciogliere la Camera concessa al 
governo lo pone, dunque, esattamente nelle 
condizioni del primo lottatore, e gli accorda 
la certiazza di potere, quaindio il bisogino se 
ne presenti, aumentare indefinitamente a sé 
le prdbabilità di vittoria. 



Le pressioni e le corruzioni governative, 
e quelle che esefrcitamiO i prìvaiti, sianio easd gli 
stessi candidati, o siano i grandi elettori di 
questi, iinteressati a procurare il trionfo del 
loro paffitilto, d'amiT.o ordgilne alle cri)tJÌ!CÌhi& con- 
tro il sistema parlamentare aventi tratto alla 
impossibilità che si esplichi la vollon.tà popo- 
lare, mediante il sistema elettorale, in pre- 
senza delle disuguagillanze economicbe esi- 
stenti neilla società. 

Tale critica è già stata fatta da uno scrit- 
tore italiano, liingiustamente dimenticato, il 
quale ha avuto delle intuizioni e dei precor- 
• rimenti meravigliosi. Essa forma anzi tutta 
la sostanza del pensiero poliltico di 'Carlo Pi- 
sacane. « Paesiaanio al suffragio uni/versale 
(egli scriveva già fin dal 1850 (1)) amara 



(1) Saggio sulla Rivoluzione — Milano, Agnelli, 1860, 
pag. 37. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 153 

derisione del popolo miniito'. 1/ operalo, il con- 
tadino, che non votano pel capitalista, pel 
proprietario veng-ono da queslii minadciati nella 
fame. I capitalisti fanno monopolio del voto 
cerne d'una derrata ». 

Questa verità è sta)ta avvertita, dappoi, da 
molti altri pensatori, tutt'altro che riivolu- 
zionari. «E' impossiibile (scrive il Mosca (1)) 
che leggi ed istituzioni che garantiscono la 
giustizia ed i diritti dei deboli, sdamo ef- 
ficaci, quaoido la ri^cchezza è così disitriibuita, 
ohe di fronte ad un piccolo nuimero di per- 
sone, icbe poseiedioinio 'le terre ed i capdltiajli, 
vi è una moltitudine di proletari, che non 
hanno altra risorsa ohe le proprie braccia ed 
hanno bisogno dei riechi per non morire di 
fame dall'oggi al domani. In questa condi- 
zione di cose la massima che la legge è eguale 
per tutti, la proclaimazione dei diritti del- 
l'uome e il suffragio universale non sono che 
ironie. » 

Però, come dimostreremo più innanzi, la 
corruzione perde la più gran parte della sua 
efficacia nei governi a democrazia dirètta, 
perciò che in tali governi essa non riesce mai 
a soffocare e a pervertire la volontà politica 
del popolo. 

Vi sono, finalmente le circostanze che im- 
pediscono la netta esplicazione della volontà 



(1) Elementi di scienza politica^ Bocca 1896, pag. 152. 



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154 CAPITOLO "V 



lpoiK)lare mediaiite le efezioni, perchè <x)a- 
corrono a deviarla e a oonfonderla. 

Queste circostanze sono 'l'opera del candi- 
dato, della stampa e dei comitati politici ohe 
lo sostengono, ed hanno la loro radice nal 
fatto ohe il candidato non si presenta a-gli 
elettori cooi la proposta pura e sempldce di 
assumere un mandato politico ; ma questa 
proposta affaccia circonfusa e molte volte 
quasi soffocata da promesse di carattere eco- 
nomico, amministrativo, o privato. 

'Un candidato, per eseonpio, promette agli 
elettori di un collegio di votare per la co- 
struzione d'una strada, d'una ferrovia, o si- 
mili. Allora avviene ohe la massa degli elet- 
tori, la quale si occupa tiepidamente di po- 
litica ed ha piiì a cuore gl'interessi economiici, 
dà il voto al candidato non in considera- 
zione delle sue opinioni politiche, ma in 
considerazione delle proonesse di carattere 
eoanomioo , anniministrativo ecc. , fatte dal 
candidato medesimo. Questi, sopra le più im- 
portanti questioni pubbliche potrà recare un 
voto diverso da quello che i suoi elettori, ^ 
interpellati circa alle questioni medesime, a- 
vrebbero desiderato. Potrà votare un aumento 
di spese militari, o un'impresa coloniale, e, 
di conseguenza, un auanento di imposte, tutte 
cose sommamente ostiche ad suoi elettori. Que- 
«^iti non f^li avra^nno meno dato il voto, senza 
prootvuj>ardi di queste faccende vaghe e lon- 
tane , e preoccupati invece delle faccende 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 155 

preoiise e prossime, oioè, per esempio. Iella 
loro sira-da e delle lorc ferrovia. E non sa- 
ranno meno cooitenti di avergli dato il suf- 
fragio se avranno ottenuto la loro strada e 
la loro ferrovia, quaind'anche il voto emesso 
dal deputate sulle grandi questioni politidie 
sia dm contraddizione eon quanto, interrogati 
su queille, sarebbe stato il loro pensiero. 

Chiunque ha qualefbe pratica con quanto 
avviene nella massima parte dei collegi (tran- 
ne alcuni dieflle grandi città) sa ohe quesita è la 
veidtà. E per accertarsene basta seguire ciò 
che dice la stamx>a quando vuole fare la ré- 
dame a un deputato uscente. La sua con- 
dotta politica è relegata quasi completaimente 
nell'c-tmlbra. La stampa amica se ne occupa 
appena, ben sapendo che questo è rargomento 
che fa minor presa. Essa insiste invece, so- 
pratutto, suUe benemerenze acquistatesi dal 
deputato nel procurare favori o vantaggi con- 
creti a/1 coliliegiio che deive momonairlo. E in 
nome quasi esclusivamente di questi ne d'o- 
mamda la rielezione. 

Il fatto, adunque, che nel sistema parla- 
mentare, la volontà politica del popolo deve 
esplicarsi attraverso un mandatario, e che 
questo mandatario non è un puro ed astratto 
meccanismo di trasmissione della volontà po- 
litica popolare, ma un uomo che fa delle pro- 
messe e può procurare dei vantaggi di genere 
eooniomico ecc., quesito fatto, porta aiUia con- 
seguenza che la volontà politica dei cittadini 



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156 CAPITOLO V 



BÌ trova autoniaiti'cainante sviata e oonfusa, 
e che, lo stesso mezzo creato perchè essa 
possa farsi valere, offre la possibilità d'i in- 
durla a non preoccup-arsi neppure di farsi 
nettamente valere. 

Come, quiindi (secondo aibbiamo visto nel 
capitolo precedente) g'ii attuali governi hanno 
ragf^unto, mediante la coscrizione, il para- 
dossale risultato di far difendere i privilegi 
sociali da colore stessi contro cui i pnivileg^i 
sono creati; così il sistema parlamentare ha 
raggiunto questo risultato ancor più parados- 
sale di condurre i cittadini ad U'sare del 
mezzo dato loro per esplicare la propria vo- 
lontà politica — cioè dell'elettorato — pre- 
cisamente contro la propria volontà politica 
medesima. 



Viziate così profondaimente alla radice, il 
governo parlamentare non lo è meno, dal 
punto di vista dell'espressione della volontà 
popolare, nel suo ordinario funzionamento. 

Max N^^ordau fa a questo proposito delle 
osservazioni acute e piene di verità. 

« Tutte le fuinzionii essenziali del parla- 
mentarismo (egli scrive (1)) scino esercitate 



(1) Max Nordau — Les mensonges convehtionneles de 
notre civilisation — Paris, Hinrichsen, 1816, pag. 208 e seg. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 157 

unica/mente dai oapi-^artito. Sono essi che 
decidono, che lottano, che trionfano. Le se- 
dute pu'bbli'che sono rappresemtazioni .senza 
importanza; si fanoio dei discorsi per non 
lasciar scomparire la finzione del parlamen- 
tarismc. Ma a/vriene rarissimamente eihe un 
discorso conduca ad un' importante risolu- 
zione parlaTni&ntare. I di&eorsi servono a dare 
all'oratore notorietà e potenza, ma, in regola 
generale, non hanno la minima influenza sulle 
azioni, vale a dire sui voti dei deputati. Que- 
sti vc'ti sono determinaiti fuori della sala delle 
sedute, essi isono regolati dalla volontà del 
capo, dagli interessi e daille vanità dei de- 
putati, inù raramente, e so'ltanto nelle que- 
stioni importanti, semplici e circoscritte, dal- 
la preesiione dall'opiinioaue pubhilica. Ciò ohe 
vien d'etto mei corso della discuBBionle è aissio- 
lutameiute rnliiffejrenfbe per i)l suo esito; eòi pò- 
ta^he go(pp«rimjere completamelnftìe Ila discius- 
sione e Himd'bairsi a sottomteftteire aJ'la prova 
decòsivìa d'un \\)to .le nisioil'uzioini preeie diai 
pairtiti, 'i'n oontfoirmLtà all'opiinàionie dei iWo 
capi.... I !\ 

« Un cangiaimento di ministero, anche quan- 
do fa passare il intere dalle mani d'un par- 
tito a quelle d'un altro radicalmente opposto, 
non cambia a-ssolutamente nuUa ned procedi- 
menti interiori della vita politica. I rap- 
poT'fci delil'individ>uo e «dello iS'taito 'rastaino ais- 
sclutamente gli stessi; il cittadino non ha bi- 
sogno di sapere, se non legge alcun giornale. 



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158 CAPITOLO V 



che un nuovo gabinetto e un nuovo partito 
sono saliti al potere. Le parole: libertaie e 
conservatore, sono semJplici masdiere dèi yenri 
mctivi di ogni dotta e di ogni oangiaanento 
parlamentare, Tiambizione e l'egoistoo.... 

« Là dove il panlaimentariisttno è una realtà, 
dove ii parlameoito regna e governa di fatto, 
esso non significa altra cosa obe la dittatura 
di alcune persomalità le quaìLi si impadroni- 
scono volta a volta del poiiere. In teoria il 
parlamentarismo deve assicurare alla maiggio- 
ranza un'influenza preponderante; in fatto, 
il potere riposta nelle m'ani d'una mezza doz- 
ziìnB. ài oapi-<partiito, dei loro consiglieri e 

dei loro accoliti In teoria, i deputati non 

devono avere davanti agli oociii die il bene 
della nazione; in fatto, essi pensano innanzi 
tutto ai loro propri interessi e a quelli dei 
loro ami^i.... 

« Il semplice cittadino non ha nemmeno 
una brioLola diel diÌTÌtto dii sovnandità del po- 
polo di cui il parlamentarismo è la sanzione. 
H mio povero Giovanni, d'evo obbedire, pa- 
gar le tasse, rompersi i gomiti contro miille 
barriere aissurde, precisamente come prima. Il 
parlamientarisimo, con tutto il suo tunuulto e 
le sue agitazioni, non diventa sensibile per 
lui, ohe quando, il giorno del voto, egli af- 
fatica le sue gambe per recarsii all'urna, o 
quando constata nel suo giornale l'invasione 
dlei resiooonti parlamientari d'ordilnairlilo maìbei, 
a detrimento d'altre miaterie piii ricreative ». 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 159 

Questa analim non è affatto esagerata. L'or- 
mai veccMa osservazione clie il cittadino non 
è, nel governo 'parlaanentare, sovrano che un 
momento solo, cioè in quelle del voto, e che 
tosto dato il suffralgio perde ogni sua sovra- 
nità, appanirà (a parte il fatto ohe, come ab- 
bi aono dimostrato, il cittadino non è sovrtaino 
neppure nel momento del voto) di piena evi- 
denza a ohiunique voglia riflettere aliquatito. 
Cernie osserva esattitissimiatmienibe Max N'ordiau, 
la volontà popolare non hla modo di eserci- 
tarsi mediante il Parlamento, cioè mediante 
quello stromento che passa per essere creato 
apposta per 'l'esercizio di quella volontà, se 
non in casi eooezionjali, nelle questioni cioè 
ohe sono eeoezionalmiente semp-lici e ohe nello 
stesso tempo, per qualche, ciiooistanza rara- 
mente occorrente, sono state poste molto in 
vista dinanzi al pubblico ed hanno grande- 
mente attirata l'attenizione di questo. Cioè 
negli stessi oasi in cui la volontà popolare 
trovava modo di farsi valere anche nei re- 
gimi assoluti. 

Ma tranne questi casi, la volontà popolare 
non ha nessun tramite per poter penetrare 
nelle aule parlametatari. I cittadini vedono 
(stpesBo mdlitio teonpo dopo <ihe> il fatto è 
avvenuto) iobe sono loro cascati addosso 
leggi , regolamenti , discipline e provvedi- 
menti d'ogni sorta, che essi non hanno mai 
pensato a volere, non solo, ma che, se inter- 
rogati àaitomo a quelli, sd sareibbeffio affrettati 



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160 CAPITOLO V 



a «rasipiinjg^aie. Por lia grande an'a^^otpanza del 
popolo, che non. si octaiDpa ex professo ài legfis- 
la^one, le leiggii pfenaHi, oiviilà, fìnafluaiiairile o 
amùniinistrative, colle quali qualclhe avveni- 
mento della vita o qualche affare la politi 
in contatto, sono molto spesso causa di mera- 
viglia , e og^geitbo d' iimpreoaizsiione — tatnito 
pooc il pojpoib ha vcllito quelite leg^i, tainto 
poco ILe hia apppotvajbe. 

E di questo fatto ohe le assemlblee rappre- 
sentative nella loro attività legislativa ilara- 
mente rispondono al volere della comunità, 
abbiatoo la prova nella oÌT<Jostanza (che illii- 
streremo più avanti) che nei paesi dove 
esiste il referendum (molti provvediim^enti 
presi a grande magigioranza, e anche all'una- 
nilmdtà, da quelle assemblee, sono respinte 
dal popolo sotto valanighe di voti contrari. 

Ma nei rogùimi pua^amefu-te parllaimietntari , 
la eoimbinazione di queste due circostanze, 
ohe la funzione legiislativa è intieramente 
delegata ai Parlamenti, e che la grande mag- 
gioranza del popolo non può pronunciarsi 
previamente in modo esplicito e forte su 
tutti i provvedimenti ohe si tratta di pren- 
dere, per il lungo tempo e le difficoltà quasi 
insormontabili che richiederebbe e incontre- 
rtìbbo il provocare questa pronunciazione; la 
L>ornibhiflJ5:ioucf di queste due cipcostamze fa 
SI die là %Tìlantà popolare non ha pratica- 
mriite na^TYiiim influenza sull'opera ordinaria 
— k quiUte ptrre è quella che esenoita Taiziome 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 161 

più continua e profonda nella vita dei cit- 
tadini — delle as-sem-blee leg'isliative ; e che 
quest'opera procede, in realità, aasolutaimente 
indipendente dall' imlpujliso e d'ai controllo 
della volontà popoliare. 

Perciò avviene che, non avendo né po- 
tendo avere, quasi mai, come regolatore dei 
loro atti, la volontà popolare, i così detti rap- 
presentanti del popolo, prendano come rego- 
lateri della loro condotta quei cananei della 
schermagl'iia parlamentare, accennati dal Max 
Notpdatu, i quali fìniiisoomo per dlivietiltare soli 
(specialmente dove esistono due partiti ben 
distinti) il codi'Ce morale a stregua del quale 
9Ì giudica della condotta i>olitica d'un de- 
pu'tato. 

Di sotto al denso velo di questa scher- 
maglia, che occupa apparisicentemente la sce- 
na politicia; di sotto a tutti i disegni legisla- 
tivi che sono alle mille miglia dall'aver il 
loro germe nel desiderio del popolo, mia ohe 
lo hanno soltanto, il pàù delle volte, nel cer- 
vello d'un deputato che vuol mettersi in vista, 
o nelle aoipirazioni d'un gruppo che vuole 
dar la scalata al potere, o siimili; e che da 
questa oriigioie prendono' le mosse per poi di- 
ventar, molte volte, effettivaimente legge, ed 
esercitare la loro influenza sui cittadini tutti; 
di sotto a tutto ciò, la volontà popolare spa- 
risce completamente, e, quanto piii se ne 
parla, tanto più diventa una yeira e profpria 
qmuntità trascuraibile. 

11 



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162 CAPITOLO V 



»* ¥ 



Ma non basta. La volontà popolare non 
può estri-nseoarsi nelle elezioaii, non può espli- 
carsi mediante il Parlamento. Ma anolie 
quella scarsissima estriaisecazioae che le sa- 
reibbe possibile netU'Assembliea legiislatìiva, le 
è tolta dal cairattere speciale dhe è venuto 
dovunique assuonendo il goiverno di Ga- 
bin'Otto. 

E' a duiMitarsi se sia &tata mai vera, e se 
sia appH-oalbile, e se sia veramenite e pratica- 
menije utile, la famosa distinzione dei tre 
poteri, legislativo, esecutivo, e giudiziario, 
messa alla moda da Montesquieu. Ma il fatto 
è ehei, negli odierni governi parlamentari 
quella distinzioine è quasii del tutto soppressa 
e i ctrdtieiri &a 'cui essa si ass-iidie sono quasi 
oamjpletamenjte rovesciati. 

IJ potere legislativo viene largamente eser- 
citato da quell'organo che si dice rappresen- 
tare il potere esecuittiivo ; dail Grabinetto. E' il 
Gabfinetito che prende If inizdatìiva di fare 
le leggi, che le redige, che le fa votara E, 
in concreto, si luò dire ohe quasi tutte le 
leggi volute dal potere esecutivo vengono 
adottate, e, i>e!r converso, ohe nessuna legge 
viene adottata ohe non sia voluta da quel in- 
tere. 

iSu questo argomento il Summer Maine 
ha qualche pagina assai profonda. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 163 



« Menìtre la Camera éeà. Comtimi (egli 
scrive (1)) assume il oonirolk) di tutto il po- 
tere esecutivo, essa scarica sul governo ese- 
cutivo la parte pili importante del lavoro legi- 
slativo. Poiché 3 nel seno stesso del Grajbi- 
netto che inoomin'cia V opera effettiva della 
Iniziazione. I ministri, appena riposati dalle 
fatiche, oiggidì assai serie, d'una sessione che 
dtira fin quasi al prinicipio di settembre, si 
riunie'cono in consig-lio di gabinetto al miese 
di novelmtbre, e, nel corso di alcune sedute, 
che durajno appena oltre una quindicina, de- 
terminano le preposte, abbozzate al piii con 
un semplice ac<*enino, d'a sottomettersi al 
Parlannento. Queste proposte — lo si crederà 
agevolmente — sono in seguito consegnate 
a un apposiito ledattore legislativo del Go- 
verno. Ora, in ogni legislazione, il lavoro 
consisite , per una piarte così grande , nelle 
manipolazioni di particolari e néll' adatta- 
mento alile leggi preesistenti di innovazioni 
di cui r idea madre è piii o meno vaga, che 
noi pirobabilm'ente non ci inganniamo molto 
attribuendo i quattro quinti di ciascun testo 
legislativo al consumiaito giurista incaricato 
di dare foitma presentabile ai hills del Go- 
verno. Secondo iJ numero delle misure che 
escono dalle sue mani , si fabbrica il pro- 
graanmia dei hills che è annunziato nel di- 
scorso della regina; e, a questo momento, la 



(1) ScMMER Maine — Op. cit,^ pag. 330 e seg. 



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164 CAPITOLO V 



le;p:iisl azione in'glese fa la sua en'trata sopra 
un'altra scena. » 

'Adunque, il Parlanniento, Porgano ohe do- 
vrebbe essere il veicolo della volontà poipo- 
lare, ed esiplioarae la sovranità precisamente 
sul campo leigìslativo, viene, reigolar mente, su 
questo campo, c^poeisessarto dal Gaibimetto, ed 
anzi, in ultima analisi, da un impiieg»ato qua- 
lunque, che è ÌTi Ing«hilliterra il redattore le- 
gislativo del Govermo, come potrebbe essere 
in Italia un capo-di.'visione o un alto fun- 
zionario del ministero -nella cui sfera d'azione» 
si tra.tta di legiferare; e, a questo punto, 
quale lanterna di Diogene potrebbe ancora 
scoprire tra-ocia della volontà popolare nella 
norm'aile produzione legislatif^a dei governi 
jriarilainenitiairii ? 

E ciò tanto più in quanto cbe il Gabinetto 
ha un'arma potentissima con cui determi- 
nare il trionfo delle mi'sure da esso, e mejlio 
dall' im.piega'to iLK'arioato, praposite: la que- 
stione di fiducia, e la mi-niaiocia di crisi. 

« Ogni hill (scrive ili MJaiue (1)) intro- 
dotto al Parlamento dal ministero — e noi 
abbiamo visto che tutti i hills importanti 
si introducono sotto questo patronato — love 
traversare la Can?era dei Comuni senza mo- 
dificazioni sostajiziali, altrimenti i ministri 
danno le dimissioni, e possono derdivaime le 
conseguenze più graivi fino nelle parti più 



(1) Loco citato. 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 165 

loBitane di un Impero ciie si eetemie ai con- 
fini della terra. Quindi bisogina aprire per 
forza al bill del Governo tm passaggio attra- 
verso alla Cannerà dei CJonuuini, portandovi 
tutto id vigore ohe presta al piarbito una di- 
sciplina severa; e la legge deve uscirne con- 
servando quasi esattamente la forma ohe le 
avea d*ato il potere esecutivo. » 

In pratica, quindi, il Gnalbinertto può co- 
stringere la mag-gioranza, ossia 11 Parlaanento, 
ossia il popolo tutto» a subire le misure legi- 
slative da esso proposte. A parte qualche 
diversità d'i grado la verità espressa dal 
Maine è tale non solo in Inghilterra, ma in 
tutti i paesi retti a siigtema parlamentare. Do- 
vunque la maggioranza, o una frazione della 
maggioranza sarà costretta ad accettare mi- 
sure proposte dal Gabinetto, e che essa disap- 
prova, per paura di precipitare il paese in 
una crisi minis.teriale e di spingere al po- 
tere gli avversari politici. 

Ne aibbiamo avuto un esempio, recente e 
limpido, in Francia. Il m:inistero Waldeck- 
Eoustseau, die era sorto col programma della 
difesa repubblicana contro il monarchis/mo e 
il olerioalismo, e che, in omaggio a questo 
programimia, aveva condotto «in porto la legge 
sulle Congregaizioni, propose poi che venissero 
indennizzate dallo Stato le società religiose 
francesi esistenti in Cina, per i damni da esse 
jsTibiiii Qurante la rivoluzione dei òoxers; ve- 
nendo cosi a niconoBcere Tesisiteinza legale di 



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166 CAPITOLO V 



quelle stesse associazioni che riiftiiitavaiao, in 
PTanoia , di Ghiedere l' autorizzaaioaie dello 
cjtato e i cui beni in cons^ueniza venivano 
liquidati. L'Estrema Sinistra, sostenitrice dei 
ministero, protestò per bocca di molti suoi 
membri contro tale ineoerenza. Ma non pochj 
deputati d^Eistrema. si vidiero, afll'atto pra- 
tico, costretti a dare un voto contro le loro 
convinzioni e contro la volontà degli elettori 
^be li avevan mandati in Parlamento, e ad 
appoggiare il ministero ancbe in questa que- 
stione per paura eb'esiso rimanesse in mi- 
noranza, e salisisero quiaidi al potere. Meline 
e i suoi seguaci. « W-aldeck-RouBseau (scri- 
veva iln tale oocasiane Pressensé s>uM.' Aurore) 
Ha oggi ohe non vi sono liimlti aila doci- 
lità del suo gregge. Sa che gli baiatearà di 
agitare lo spettro d'una crisi mimlsteritale per 
far accettare ai più feroci adepti dell'ianti- 
clericalismo una politica stramera il cui con- 
fessionismo sembra più degno dellia Repub- 
blica dell'Equatore che delia Repubblica fi- 
glila del/1' 89... Periscano tutti i prilnloipi piut- 
tosto che un solo capello dei nostri mini- 
stri di difesa repuibblicana sia in pericolo! 
Tale è la morale di questo epdlsodio». (1) 



(1) Aurore, 30 Novembre 1901. — Il fenomeno di cui 
ci occupiamo veniva messo in rilievo dall'avvocato Labori 
in uno dei suoi recenti articoli intorno all'affare Dreyfus. 
« Nel Parlamento (egà scrisse sul Journal dell'll Dicembre 
1901) nessun gruppo vota per far riuscire una riforma, per 



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IL SISTEMA PARLAMENTARE 167 

E, ili fondo, oomitinigenze anjailoghe a questa 
sono la stoPLa di tutti i giorni nel sistema 
parìLameaitare. La contesa che, in questi ul- 
timi tempi, (ha sciiseo, in Italia, i socialisti e 
i repubblicani e i socialisti fra di loro, non 
ha forse per origime il medeedmo spaiurac- 
ohio d'una crisi, il timore di veder risorgere 
un governo di aperta reazione, questo vizio 
profondo, in&omania del regime parlamentare, 
in forza del quale alcuni deputati dei par- 
titi popolani credettero opportuno iare dichia- 
razioni di mimsteritìliismjO? 

La iKDSsiJbilità, da pairte del Ministero, di 
porre delle questioni di fiducia, di mdinac- 
ciare una crisi, e, da parte della Camera di 
produrla, col dare un voto conitrario al go- 
verno, è, quindi, quella che finisce per im- 
pedire che la volontà popolare abbia solo una 
ombra di influeniza normale e diretta nel mec- 
canismo del governo parlamentare. 



applicare un principio o assicurare il trionfo d'una deter- 
minata politica. Le questioni di persone, non soltanto do- 
minano, ma occupano un posto quasi esclusivo. Si vota 
per sostenere un ministero, e si proclama audacemente, 
che si voterà, a tale scopo, contro le proprie più essenziali 
opinioni ». Citeremo ancora la Lanterne che, TU Dicembre 
del 1901, a proposito del bilancio dei culti, la cui abolizione 
si discuteva allora alla Camera francese, scriveva : •* Per 
parte nostra ci augureremmo che la discussione venisse 
condotta, di comune accordo, con tutta rettitudine, senza 
che la sempiterna questione di fiducia tornasse una volta 
di più a pesare sulla coscienza e a modificare il carattere 
dello scrutinio „. 



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168 CAPITOLO V 



Qu'amdo, adunque, si rifletfta a tutto quel 
oompleiseo d'i oircositainze che aibbiamo anume- 
rate in questo capitolo e nel precedente, uon 
si potrà sfuggire alla conclusdone che noi 
viviamo sotto l'imipero di un graiade pp^iu- 
dizio : il pregiudizio della scheda. Si pro- 
clama comunemiente, su pei giornali, ohe la 
sched'a elettorale è l'arnia con cui il popolo 
può riuscire a governarsi da sé; ma è questa 
una grande illusione. In realtà, anche col 
regime parliamentare , cioè col regime della 
scheda, il popolo non è che governato, e sulla 
saia volon'tà piovono diailil'alto og'ni sontia di 
restriaioni e di presicrizioni, sen^ che esso 
vi abbia avuto ma-no, senza che neppure ab- 
bia avuto modo da' saperlo, tale e quale come 
accadeva nelle monarchie assolute. « Quel che 
avviene colle altre forme di governo (sicrive 
il Mosca (1)) che cioè la minoranza or- 
ganizzata domina la minoranza disoi^ganiz- 
zata, avviene pure, e peirfettamente, malgrado 
le apparenze contrarie, col sistema rappre- 
sentativo. » 



VAP^'-^^ijfcy 



(1) Elenimti di Scienza politica (Loescher, 1896, pag. 166). 



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Capitolo VI. 



La democrazia diretta. 



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^^^-nw, ^ yp^^^^ ^ Qfigvg) 



Abbiamio visto come le aoute rio&rohe di 
Gaetaino Mosma, lo abbiano cotado-tto alla teo- 
ria deila « dlasse poMtica », la quale disrtipiig'ge 
la distioizioaie K^oanuneonente accettata tra le 
forine di governo. Tutte le forme di giovemo, 
infatti (eecoiiio l'autore citato) siano esse 
njonatìcihie assolute o regimi raifxpresentatiivi, 
hanno questo so&tanziìaile punto di identittà: 
cht urna è mai la massa, il popolo, la eoanu- 
nità die goveoroia, bensì una pioooìla diasise la 
qua'le coetituiaoe da sola la cateigoria dei^go- 
vei manti, menta:© la mtasea forma la categoria 
dt?i goivernati. 

(Perfino neila costituzione della « classe po- 
litica » vi è una quasi identità tra gli assetti 
politici che si pretendono profondamente di- 
stinti: imperocché, tanto nelle monarchie as- 
solute come nei presenti regimi rappresenta- 
tivi, gli eleanenti che coaiiOoorono a fotrmiare 



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172 CAPITOLOjVI 



questa classe politioa, son»0', xw^iDcdipalmeinte, 
la nasicitta e la rioch'ezaa (1). 

Questa teoria (la quale ba qualobe •analog'ia 
con quieflUa dei trattatisti tedeeohi ohe banno 
voki/ta traociare uma netta disitàfiiziioiie tra lo 
Sta»to e la S'ocietà, cioè appuaito, tra Faipipa- 
rato gcfvetpnajfcivo e reilemeii1:o governiato) que- 
sivi teoria è vera, abbiaono detto, fino ad u/n 
certo punte: e cioè fino ed inclaisivamente alla 
oooniparea ded sisieoni piuriaaiien'te paitliaimentairi. 
Ma essa non è più vena di fronte ai niuovi 
svi'lfuippd òhe la deimoicrazia ba preso nei paesii 
più progredifti e cbe pcsfstano definire col 
ncime di « deimoicnazia direltlta». 

I governi a democrazia diretta sono riu- 
sciti a disitruggeire Teisistanza della «cdasse 
politica», che i regiiani puramente pairlamen- 
tari banno rispettata. Nei primi, la funzione 
gorernatiiva, la forza poiliitiica esbrineecanteisi 
eifettiviamente e nofmiadmianite nella diirezio'ne 
della cosa pubblica, non è più raccbiusa in 
una dasse, :T>.a è diffusa, in tutto il popolo. 
Per la prima volta, dopo la compainsa delle 
gi-ii^di moniapcbie contro le quali si levò taote 
vi'l'te con impatto rivoluzionario il pojpolo nello 
in-tento di riveinidicare la propria soiviranità , 
per la prima volta, questa sovranità viene ef- 
fcHivameinjte rsggiunta. 

I governi a deanocrazia diretta ba.nino doin- 
que, per noi, un' importanza assai magigiore 



(1) Vedi retro, pag. 30 e seg. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 173 

di quella ohe sembrano darvi i tra"tt;aiii9bi po- 
liti-ci. CoBfco«ro, igeneralmente , non sembremo 
coii»^id5erar«e quai g?oiv€ffini sie no-n come una va- 
rietà, una sottodasee dei gotvefpni rappresen- 
tativi; ed essi (coque per eseonpio il Lavcileye) 
ecmprend'ono ts'nix) le monarchie costituzio- 
iia'li quamlto i regiimi a damoorazia diretta 
mila ©tesisa oii'tegK>ri'a 'di governi ddlla demo- 
orazia. Per ned, invece, i governi a democrazia 
diretta, coane quelli ohe per priani rieaciipono 
a sradicare l'^isistenza della « olasi&e poiiitdica » 
e a diffondere la funzione governa tiva in tutto 
il papdlo, rappresentano u-na fonmaziome po- 
li ti/oa aissoll'utamente n/uova, e così veraanenite 
di'vierisa da tutte le fornaaziiond anteriori (go- 
verni parlamentari e anomarohie assolute) 
qiianto dai paù, erromieamente, s"! ooneideraino 
diversi i regirai rappreseritativi daille antiche 
nicnianobie. Solo le organjizzazioaai a demo- 
era zia diretta realizzano veramente, nelFas- 
s.etto politico d^ei popoili, il novus ordo. 

Noi ci faremo ora a dikicidiare questi con- 
odrbi, e a dimostrar>e come la deimocrazia di- 
retta rapipres<3nti in realtà quell'ord'inamente 
esfeenzi'aillmente nuovo rispetto a tutte le ailtre 
ferme di gav&rno che inviamio ®i vuol riiscion- 
trare nei rieig'lmi parlamentari rispDtto alle 
monarchie assolute. 

I puntti che segnamo le sostanziali diffe- 
renze tra i governi a democrazia diretta e i 
governi puramente parla/mentari sono, priioi- 
oipaHmfiinrtte, i seguenti: 



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174 CAPITOLO VI 



1) Eleig^bilità e periodicrtà di tutti gli 
uffici puibbilàoi; 

2) Elezionle dei rapppe&eatanftì dlelila na- 
zione per un termine fìsso, avanti la scadenza 
dvl qusàe Ila Oamera mon .può essere sioiolta; 

3) IuMmmsBiibiilità della fKxsiizioaie di que- 
stioni di fiiducva, mei senso paTlaflnemtaTe, da 
parte diei nainiistri; e quindi imamimiijsstìlbiilità 
df+lla lio(PO dimniseione dinanzi a un voto coai- 
triiirio deUlia Camera; 

4) Apjplioaaione dlel referendum, del dirótto 
di imlLziiiatifva, del diiitto di reviisdione. 

N'oi ai siaimo proposti di trattar qui la 
quiefetionie dai sol^ punto di vieta delia sovra- 
nità pqpoiare; e dovremmo, per tanto, limi- 
tarci a moetriaire come il volere dellia comu- 
nità, menitre non ba m'odo di esenci tarsi col 
sktema puramente paTlamentare, lo acquisti 
CLii r introduzione dei ptriucipi ora enuimerati 
che icoistiituite' jono iil govetnno a democrazia 
diretta. 

Ma non ipo,5ei'aimo non aodennaipe dhe l'apipli- 
cazione di questi principi, oltreché permet- 
tere quel piicno e uoirmiale essrcàzio della vo- 
lontà popolare, che il sistema purannente par- 
lamenltatre non concede, tog-lie aniohie la mag- 
gior parte di quegli inconvenienti su cui i 
pantilti conservatori di tuitti i paesi ©i com- 
piiacciolno di insistere con lo scopo di scre- 
ditare i govarni rappresentativi di'minuendo 
1?. fiducia per la parte che ha iu eesii Fele- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 175 

mento i>o|pala''e, e aumea-taindoia pesr 'la psjrte 
che vi ha l'elemieiito regki e burootratico. 

Il pri'iDoipale di qiieistii incoiwenii'eQti è , 
senza <kibbdo, T imisita'bdlità del governo, ca- 
gionata dalie loriis-i nd.niistepiali. Nei sdetemi 
pui acnemfce pai^amentari il governo jpruò essere 
abbattuto qua-nido che sia, mediante un voto 
di sfiiduloia; e a soetìttuiinlò poasono essere chia- 
ma tii aid cxgni moomeiilfco ecHoro che qiuesto voto 
di sfiducia hanno provocato e dÌTetto. Sembra 
un meoca'ndisimo coBtpuito apposta per to»g'l'ieirG 
ogni stabiiliità al governo, per eacdtare le cu- 
pide aimibiziom dei membri delle Oaimere, per 
dsre il mlim Intero m piena balìa deili'iaisisiem- 
blea, e, mjeg>iia, dele impazienze, «deflfle vanità, 
dela bnaona di potere dei membiii dii questa. 
Se noi non fossimo abituati a veder funziona- 
re questo statema e ce lo descrivessero» come 
esistente in un altro pianeta, esso ci sembre- 
rebbe comipletaimente asBurdo e ridicodo. 

Ma q-uiesto a«?Tind'C' e questo ioiconveniente 
scompaiono negli Stati a democrazia diretta. 
In questi il governo viene nomdinato (e-ia 
direttamente dail popolo, sia dall' Assemblea 
del rappresentanti di questo) per un periodo 
determiiiato. iN^easrun voto contrario dedras- 
semblaa può abbatterle, e costringerlo a ri- 
tirarsi priana della aoaxienza del suo periodo 
di nomina; anzi, ciò è vietato, se non dalla 
legge, da una consuetuidine non mai infranta. 
Se una prap.>sta del governo ha il voto con- 
trario deilla Camera, la proposta cade, ma il 



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176 CAPITOLO VI 



Governo resta al posto; concetto questo pie- 
namente prari30 e a;93olutamente democratieo, 
perohè, in democrazia, il governo non deve 
césere ae non l'amministratore secondo i vo- 
leri del pj>t>Dilo, e agire quinidi conforme- 
mente a quanto il poipolo stesso o coloro che 
sfmo presunti esprimerne la volontà leg'isla- 
tiv€ gli imdicano. 

La democrx/:ìa diretta soipprime in tal cnodo 
il grave inconveniente delle crisi ministeri adi; 
e non è poco, se si consideri ohe in questa 
poeeiibdlità delle orisi provocate d'ai voti della 
Camera ha radice princiipaile la corruzione 
parlamentare e l'ingerenza dei deputati nel- 
l'amminisitraziione. Imperodchè i ministri sono 
obbligati a concedere faivori d'ogni specie ai 
deputati, e a permettere, a favorire anzi, la 
loro ingerenza nell'amministrazione, quando 
dc-vono calcoLire sui loro voti per mantenersi 
al potere, e quando sanno che un loro voto 
contrario paio abbatterli. 

Un altro gravissimo inconveniente impu- 
tato giustamente ai governi parlamentari 
è quello della servilità dei deputati verso il 
governo. Nel si-stema paTlamnentare, se il go- 
verno ha interesse ad essere servile verso i 
deputati per assicurarsene i voti, i deputati 
alla loro volta hanno interesse ad essere ser- 
vili verso À gCA^erno, sia per evitare lo scio- 
glimento della Camera che li obbliga al la- 
voro di riconquistare il collegio, sia per as- 
sicurarsi, una volta la Camera sciolta, l'ap- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 177 

pog'-gio elettorale dell Gloverno, che abbiadilo 
vediuto ooffne e per quianti mazzi sìa potente. 

Da questo doppie ordine di servilità deri- 
vano tutti qu3i giuochi e quelle sterili com- 
binaziomi panlamentari (ila politica di corri- 
doio, il lobby ing), che, per confessione uini- 
voreale, dUontanano e straniano l' amjbiente 
parlamentare dulia coooienza del paese, o, in 
altri termini, scavano un abisso tra la vo- 
lontà del popoilo e la condotta dei suoi rap- 
presentaniti. 

Ma il fatto che nei governi a dlemocrazia 
diletta la Oaimera viene eletta per un pe- 
riodo determinato e non può essere sciolta 
dal miinistero prima del termine di quel ps- 
riodo, eilimina del tutte aniche questo seconio 
icconvendente. I deiputati sono affatto indi- 
pendenti di fronte al governo, come questo 
lo è di fronte ai deputati, per quanto ha 
tratto all'esiscenza politica* La min<accia di 
una crisi ministeriale, il pericolo di provocare 
una x)erturbazione negli affari pubblici, lo 
stesso timore che un partito debba abban- 
donare il timone dello Stato, non hanno più 
presa sulle deliberazioni dei deputati, e non 
li possono più determinare a emettere voti 
contrariamente alle loro convinzioni, e a 
quelle deigli elettori che li rappresentano. Non 
avviene più così che i deputati debbano, per 
usare una fra^e diventata di moda, «ingoiare 
dol rospi », e ohe (come è accaduto recente- 
mente in Italia) i deputati d^'Estrenna Sini- 

12 



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178 CAPITOLO VI 



stra debbano sostenere coi loro voti un mi- 
nktero ohe segue una i>o(liti)ca miiitare ed 
estera, aisbolutamente oontraTda ai postulati 
radicali, unioamente pel timore di far cadiere 
il potere in mano di un Gabinetto ancora 
pii! reazionario. 

L'dliminazii >ne di quesiti due iinioonivenienti, 
per opera della deonocrazia diretta, sempli- 
fica, monalliz55a, rende più trasparente e re- 
golare Finterò' andamento del governo. Le 
congmire di corridoio, che tenigono tanta parte 
nel sistema puramente parlamentare , non 
hanno più ragione di essere, perclhè l'esito di 
un voto non può né abbattere né salivare il 
governo. I favoritiismi, le corruzioni, l'inge- 
renza dei deputati neU'amiministrazicjne pub- 
blica perldono per gran parte il loro mo*tiivo, 

Einallmentei osserveremo che l'elegigibiilità 
e la periodiicità della carica di capo ddllo 
Stato permette quel rafforzamento del potere 
esecutivo che è tra i desideri più vivi dei 
censervatoiri. E' verissimo che il Presidente 
americano' esercita, apertamente, maggior po- 
tere di quello che si vegga esercitare da un 
r3 costi tuzionale. Ma ciò può avvenire per 
la ragione seouplicissima che eg'li è nominato 
dal popolo e che il suo potere è di breve du- 
rata; cosiicchè se la tendenza spiegata dal 
I^resMente al governo è contraria alla volontà 
<Uilk raagigiomtizri del popolo, egli non viene 
più dìianiaito airuiìicio. 

Oiò apiega acppunto il successo dei diritto 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 179 

di veto praipìcato dal Presiideiite ameniioaaio, 
mentire è, attjialmente, cadut» in disuso nelle 
raonanehie oosftìiuzioxmìì euroipee. Quel sri-c- 
cesso (come osserva il Bryoe (1)) si spiega, 
cioè coil fatto die «il Presidente essando un 
magfistrato elettivo e non ereditario , è re- 
sponsabile davanti al popolo». 

E lo s-tesso autore fa amcora, a questo pro- 
posito, le eep^uenti importanti oeservazioni : 

« 'Si credeva, un tempo, che la forza 
dei monar»ohi ereditari consistesse in ciò 
che e&si traevano il loro potere da sé stessi 
e non dal popolo. Un preisidente è potente 
pe* la Taglione esattamente opposta, psnohè i 
suoi diritti gli vengono direttamienite dal po- 
pok Oggi il Presidente è ritenuto rappre- 
sentare il popolo allo stesso titoilo ohe i mem- 
hA dedle Camere legisllative. L'opinione pub- 
blica (al pari di questi) governa peir mezzo 
suo e attraA^ei-so di lui, e lo rende popolare 
amebe contro un Cotngreseo eletto daJ papolo. 
A'' questo un fatto che non dovrebbe sfuggire 
ai filosofi europei i quali cercano nella con- 
solidazione del principio ereditario un rime- 
dio ai difetti aei governi parlamentari ». (1) 

A un uomo come il Presidente americano 
il quale non iia esercito permanente, né modo 
di crearselo; cui il Congresso può tener in 



(1) Bryce — La république américaine^ Giard et Briéro 
J, 95. 

(1) Bryce — loco citato. 



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180 CAPITOLO VI 



isoaióco, rififutaDldogii i erediti; ohe non pos- 
siede um^ar.i&toicrazia siu-sicettibile di ragi^up- 
psrsi intorno a lui; ohe non ha una Corte, 
nà può 'pensai'^ a giovarsi dedla soia potenza 
pclitiica per far vaiere la continui'tà di inte- 
ressi di una dii astia; a un tal uomo, è am- 
mieisibile ohe si con<3eda senza oppoisizioni e 
senza periteoli di esencitaone un'azione perdo- 
nale effiicaH3e e di imprimere le sue idee nefllo 
andaimento deila cosa puibblica. 

« I fondatori della Costituzione americana 
(scrive il Sunìiraer Maine (1)) adottarono 
come de'finitii7e le idee di Giorgio III sulle 
aittri'buziom diella reig-ali^tà. Essii abba)nd'0'ni?j"io 
al presidente tutto l'insieoue dei potere esecu- 
tivo e non permettono' ai suoi nniiniBtri di 
sedere né d'-aprir bocca in ailcuno dei rami 
della leigislaiara. Per limitare i poteri dfeil 
presiden^te e dei ministri, essi non han»no 
fatto riicorso ad alcuno dei procedimenti 
ccnofiiciuti del costituzionalismo maderno- in 
Ing-hil'terra : ma si limitano a mettere un 
termine ogni quattro anni alle funzioni pre- 
sidenziali ». Di qui appare che neigli Stati 
a democrazia diretta, è possibile rinforzane il 
potere eseicutivo, perohè le garanzie limita- 
tive imiposte a questo potere nelle monarcbie 
I>a riamen tari sono rese superflue dal fatto 
ch.:j esiste la garanziia, ben più oomiprensiva 



SuMMER Maine'— Essai sur le gouvernemmt popu- 
laire (Thorin 1887) pag. 299. 



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la'democrazia. diretta 181 

J^ogni ailtra, che ogni quattiro anni le fun- 
zioni di ohi ò investito del potere es-eeutivo 
cessano, e la volontà popolare può aprii^si 
la stnada fino a questo iM^tere ad og^ni breve 
pc^piodo nueddante l'elezione del presidente. 

Quanldo, dunque, i conservatori insistono 
scfpra gli inoonvenienti del sistema parlaaion- 
tare, e cercano di sicreditarlo per susini tare 
nell'opinione pubblica una corrente di fiducia 
e di aspettazione per l'esercizio del patere 
regie, noi possiiamo rispondere loro che quegli 
in-conivenienti e&istono venamente, ma ohe essi 
SI guarisicono non retrocedendo, bensì pro- 
gnedenido; non ritogliendo al popolo i diritti 
che esso ha conquistato sul potere regio, per 
ridonairli a questo; bensì concedendo ai po- 
polo tutti i diritti che sono contenuti nel 
eciiioetto della sua sovranità, e che gli sono 
stati, mediante il sistema puramente parla- 
mentare, affidati in mode del tutto incompleto 
e imperfe>tto. 

Come ha, scritto Tocqueville : « L' estrema 
democrazia previene i pericoli della demo- 
crazia ». 



JUL* JUL 



Ma il punto in cui l'attuazione dei priu- 
cii-i della democrazia diretta seg^na la diver- 
genza più profonda dai sistemi puramente 
parlamentari è in quanto si riferisce alla 
possibilità del pieno esercizio della volontà 



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18^ CAPITOLO VI 



poipclajre, la quale, (meddamte l'arpiplicazionie 
di quei p-riarlpi, riesice i>er la priona volita 
nella storila politica moderna, a riiapecdiiiairsà, 
tale giuale effettivamiente esiste, nella dire- 
zion'e idoMa cosa puibblioa. 

E' superfluo, in primo luogo, awentire come 
la circostanza che in deanocrazia diretta la 
funzione di capo dello Stato è eLettiva, tolga 
tutti gili iimioacci ohe 'all'esencizio della vo- 
lontà po(polare può opporre la presenza d'una 
diaiaeitia: su questo punto, diei resto, non 
icedistiamo, peluche tale vantaggio è comune 
anche adle repubbliche puiraanien'te pairila- 
mentari. 

Più epeoiaimente importante è l'altra oir- 
coistanza che in demoicrazia diretta non sodo 
quello del capo dello Stato, ma tutti gli uffici 
pubblici sono elettivi e periodici. 

Per quante riguarda il potere esecutivo si 
hanno, iin democrazia diretta, due sistemi di- 
versi. Quello del potere esecutivo federale 
degli Stati Uniti, nei quali la Convenzione, 
ossia r asBettniblea degli elettori presidenziali 
nominiatli a questo sioopo daJ popolo, elegge 
il Presidente, e qjuesti poscia sceglie, con as- 
soluta inidipenidenza, i suoi ministri. E quello 
del potere esecutivo federale della Svizzera , 
in cui l'Asseiniblea Nazionale (ossia la riu- 
nione dei membri del Consiglio nazionale — 
Camera dei deputati — e del Consiglio degli 
Stati — Senato elettivo — ) nomina tutti i 
memibri che devono coonporre il potere ese- 



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LA democraziaìbiretta 183 

<3uti'vo m€ld)ei&imo, «cioè il Consigilio Fe^deraie, 
per la dfuraita di tre anni, e sceglie poscia, 
annualmente, e nel seno di essi, uno per turno 
a fungere da presidente della Confederazione, 
quasi del tutto senza funzioni e poteri spe- 
ciali ohe non siano di sempfldoe rapiprasen- 
tan^a. 

Questo sistema su>bis»ce però uin ulteriore 
sfvàiupipo se passiamo dal potere esecutivo fe- 
derale dei due Stati nooninati a qiualo dei 
sirjgoli Stati o Cantoni. 

In America ii potere esecutivo dei singoli 
Slati si conupone, generaiknente, di un go- 
vernatcTe, un segretario di Stato, un teso- 
riere, un attomey generale, un controBore, 
un verificatore dei conti, un sopraintendente 
alFis'tnmone puibMica, tutti noanin-ati diret- 
tamente dal popolo. Questi funizionaod non 
cofetituisicono un Gabinetto. Ciaaouino è inica- 
ricato d'ell'amministrazione òé. suo diparti- 
mento, e non è neloessario vi sia un'intesa 
generale sulla politica, penchè la poHtiica non 
la fanno i rappretsentanti del potere esecutivo, 
ma la Camera (la legisilatura) «le cui leggi 
prescrivono ai fun2iionari tutto queUo ohe de- 
vono fare e non lasciano che pochisisimo poe.to 
alla loro iniziati/va. » (1) 

In Isvizzera il potere esecutivo dei Cantoni 
si compone, generalmente, di cinque nuemibri, 
nominati, nella maseiima parte dei Cantoni, 



fi 



(1) Brycb — Op. cit. II, cap. XL. 



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184 CAPITOLO VI 



diretteimeiite dal popolo. Ordinariamente i 
memibri dei Consigli di Stato oan tonali scel- 
gono nel kro seno un mejnibro, per turno, 
quale presi'deinjte, ohe dura in carica pochi 
mesi e non Jia importanti funzioni speciali. 

In queste varie applicazioni deUla deimio- 
crazia diretta al potere esecutivo noi tro- 
viamo co&taaiitemente che la sovranità popo- 
lare possiede quel mezzo di esercitarsi che 
nom ha iniveoe nei sisitemi purameinte pairla- 
menl^ari. 

E' ili popolo che, direttaonente o- indiretta- 
mente, nomina il potere eseoutivo. E' il pop'odo 
che, dopo un breve periodo di tempo, quattro, 
se: anni, ne giuidLcherà la condotta rinoani- 
naindo le stesse persone all'ufficio, o chiaman- 
done altre. I rappresentajnti del potere eseou- 
tivo sentono, quinkii, costantemente, pesare 
s(u ciascuno dei loro atti il giudizio dell .popolo. 
Se questa situazione di cose è accompagnata 
dalla presenza di una stampa molto diffusa 
(e ciò sembra essere una necessaria conse- 
guenza della democrazia diretta, perchè noi 
riscontriamo una stampa imimjensamente dif- 
fusa così in America come nella Svizerà) ; 
di una stampa che porti a cognizione di tutti 
i cittakiini ciascun atto del governo, oomonen- 
tp.nidoilo 'liberaanente a sua guisa; il potere 
esecutivo fini-ioe i>er diventare un delicatis- 
sinio strumento atto soltanto a farsi il tras- 
mettitore della corrente che prevale neU'opi- 
nione p^abblica e di ogni sua osciiMiazioaie. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 185 

Il fatto, già Gsiservato, che i'I potere esecu- 
tivo è nominato per un termine fisso senza 
ch'i possa ritirareii cBavanti a un voto conitra- 
rio dell' afisem^bleia lagàslatAva , e due qiueiata 
piu're è eletta per un periodo determinato senza 
cli> il potere kgisilativo possa sicioigilionla, que- 
sto fatto, eliminando d'un colpo tuitto quel 
oomjplieato armeggio che, nei goivemi pura- 
mente piarlamentari, si svolge nei rapfporti 
tru deiputati e governo-, lontaoio da qualeiiasi 
influsso della volontà popolare, mette imme- 
diatamente ^li fronte il popolo e i suoi rap- 
presien tanti nel potere legislativo e neill'ese- 
cutivo; e permette a quallo di ripercuotere 
diiettamen.te e immediataanente su questi il 
SUO' voliere, eenza. che questi possano, a dir 
così, sichermirsene dietro il compl>esso arruf- 
fio dedia tattii-^a parlamentare. 

Ma sopra un altro punto chié non sia quello 
dbl potere esecutivo il principio deflila demo- 
crazia diretta, essere tutti gli uffici pubblici 
eleggibili e period'ici, 'oonioede un piiì pieno 
esei^cizio alla volontà popolare : e cioè in 
quanto riguarda la burocrazia. 

E' la burocrazia, il corpo degli impiegati, 
che oostitnifiice il vero governo; percibè è essa 
chc\ viene in dinetto contatto coi cittad,ini, 
che traJduice in pratica quotidiana i prdnicipì 
direttivi formulati in modo generale dai piii 
alti enti governativi, e che può, dunque, effet- 
tÌTaimiante, per gran i>arte interpretare e 



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186 CAPITOLO VI 



quindi misurare a suo* beneplacito la portata 
e l'effloacia di quei prin^cipi. 

Ora, negili Stati a regime puraimente par- 
lamentare ojgnii indirizzo politico nuovo ohe 
prevalg-a alla oiima, aUa superficde, dell'as- 
setto politico, s'infrange contro l'immoibilità 
granitica delle burocrazie cibe sta alla base 
di questo assetto. Posso-no caoubiare i mini- 
stri, ala uno reazsioniario può siuooederne uino 
liberale; ma la polizia, gli impiegati aammi- 
niatrativi (prefetti, ecc.), i giudici sono ri- 
masti tali e qiiali. Essi ocntiniuano ad aippli- 
oare i vecdbi criteri nella loro effettiva e 
pratica sfera di governo; e ne risiulta die in 
realtà, il nuovo indirizzo governativo non è 
rinsicitc' ad innovare niil-la. 

Spiesse volte neppure le rivoluzioni gioin- 
gono ad una effettiva innovazione se attra- 
verso ad esse si salva e perdura la burocra- 
zia. Ne abbiamo la prova nella Francia in 
cui si può diTe ohe la Eepubblica, tuttora 
insidiata da uno stato maggiore, ohe (come 
ha dimostrato Urbano (jfohier) è ccnuposto 
dei nepoti e discendenti degli em'igrati del 
1793, non è ancora riuscita a penetrare nelle 
intime fibre dell'ordiTiaimento x>0'liticiC', e, per 
così dire, ad attuarsi completamente, appunto 
perchè la Francia è sottoposta al governa-' 
d'una burocrazia creata dalle monarchie e da- 
gli imperi, i membri della quale, per essere 
nominati a vita non consentono che un rin- 



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la'democrazia diretta 187 

novairaen'to lentiBsimo, e soltanto per cadere 
in un nuove-' iimmoibilisimo. 

Uno storico recente (1) delinea tale stato 
di cose con le seguenti parole ohe egli apfplioa 
solamente alla Francia, ma che ai riferi«3cono 
ujguakn/ente bene a tutti gli Stati nei quali 
gli imipiegati della pulbblica amministrazione 
detengono permanentemente le loro funzioni. 

« La Francia è dunque governata da un 
personal© politico, organizzato secc-oido il 
prinicipio democratico dell'elezione; i suoi 
capi (politici sono i deputati, mandatari di- 
retti degli elettori, i senatori e i ministri, 
mandatari indiretti, tutti sottome^i al con- 
trollo della stampa e dell'opinione. Essa è 
amministrata da un personale burocratico di- 
viso in servizi speciali, organizzato secondo 
una gerarchia ; i suoi capi amimàni&trativi 
sono dei funzionari che cooperano tra loro a 
si controllano a vicenda, e obbediscono a re- 
golameinti o casi speciali, e sono indipen)denti 
dall'opinione jmbblica. 

« Questi due personali, tirando la loro au- 
torità da due principi I opposti, tendono ad 
applicare due concezioni opposte di Governo. 
Il personale politico, non avendo ohe un po- 
tere delegato dal basso e temporaneo, tende 
sopratutto a soddisfare gli elettori da cui di- 
pende, obbedendo all'opiiuione della maggio- 



(1) Seignobos — tfistoire politique de l' Europe contem- 
poraine, (Paris Colia 1897) pag. 208-209. 



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188 CAPITOLO VI 



ranza. I funzionari, esenc5Ì1>ainido imi potere 
coaferiio dall' alto e praticamente a vita, 
tendono a vedere nei cittadini d'egli ammi- 
nistrati che bisogna mantenere nella sommis- 
sione dovuta ai reigolaanenti e alil'autorità. 

« .... La frequenza delle inteppellanze e 
V ingerenza dei deputaitli nelP a^nUministra- 
zione sono condaniiati da tutti i teorici di 
diritto puibblico come usurpazioni del Leg-i- 
slativo suir Esecutivo, contrarie aiMa dottrina 
della separazione dei poteri; ma, ciò non di 
memo , esse sono divenute i cios-tumi f ondia- 
mentali della vita politica in Francia. Esse 
sono espedienti pratici che permettono di 
conservare insieme due sistemi centra ddi- 
torii di iistituzioni — un reg'ime pubblico de- 
mocratico, un regime amimiinistrativo gerar- 
chico — costringendo il corpo dei funzionari 
a sottomettersii agli eiletti del i>apolo ». 

Nei paesi a democrazia diretta questo im- 
mobilismo burocratico che impedisce qualun- 
que cangiamento nel governo pratico e reale, 
e vieta ohe anche una forte scossa impressa 
alla cima dell'ordinamento politico si riper- 
cuota fin nel profondo, non esiste. In demo- 
crazia diretta tutte le fuiuzioni pubbliche 
sono elettive e i)eriodiche; e quindi la buro- 
crazia, anziché essere, come negli Stati pu- 
ramente parlamentari, quell'organo opaco e 
greve contro il quale si spunta lo sforzo di 
tradurre nella minuta pratica quotidiana un 
nuovo indirizzo di goveinniO', è invece uin or- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 189 

gano dlaeti<?o, agile ed dbbediente alle muta- 
zioni dhe la volontà po»polare, ooll' eleigigepe 
a'I potere eseKmtivo e al leigielaiivo uomini 
d'un partito piuttosto che di un altro, mostra 
di volìer im.primere alla direzione della cosa 
pubbli«oa. E' sempre la volontà popolare dhe, 
come è sovrana del potere esecutivo e del 
leigislativo, oasi è sovrana anche del giudi- 
ziario e deE'aftnaaini&trativo, peaicihè ad ogni 
breve termine è ad ees-a riisottoposto il que- 
sito (sia ptresientandolo direttamente al po- 
polo, sia, indirettamente, a i>er9one investite 
da poco e per poco di uffici che tengono 
ugualmente dal isuffragio popolare) se voglia 
mantenere in carica Fattuale corpo burocra- 
tico, ovvero cangiarlo iu tutto o in parte. 

•Che tale sistema permetta resercizio defila 
sovranità popolare in modo assai più pronto 
e comipleto ohe non col sistema prevalente 
negli Staiti puramente parlamentari, è evi- 
dente. Né a noi importa qui rispondere ad 
obbiezioni di altro genere che al principio 
deHelieggiibilità o i)eir.iodiicdtà diai funizionairi 
pubblici si oppongono. 

Il fatto è però che nei paesi dove è appfli- 
oato tale principio — come in Aimerica e in 
Isvdzzera — ncn si vede che l'aminnistrazio- 
ne pulbblica abbia gran ohe da iinividiare a 
quella dei paesi dove esiste un corpo per- 
manente di funzionari di carriera, eletti a 
vita; ma è piuttosto il contrario che è vero. 

Finakniente non è da tacere un'ultima 



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190 CAPITOLO VI 



considerazione. Si famno seonipTe più alti i 
lamenti intorno alla influenza fune&ta ohe 
esercita sulla peiolie dii una nazione la ten- 
denza semipre maggiore nei giovami delle 
classi bonghefei ad! entrare nelle caimere che 
offrono gli imipieglii dello Stato. Valorosi 
pubblicisti (citerenuo solo il Dieinoilinis (1)) 
sootenigono che questa tendenza aminiorza 
o'gini iniziativa nelle classi dirigenti, e fa sì 
che ama nazione divenga nel saio comiplesso 
ionpotente a sostenere sul mercato mondiale 
la concorrenza delle altre nazioni in cui le 
giovani energie non assopite nelle vie deigli 
impiegihi pubblici, ma costrette a lanciarsi 
e a intensificarsi nelle professioni usuali, si 
espandono, con immenso vigore, alla conqoii- 
sta coimimer«oiale, ind^»striale, agricola, finan- 
ziaria del mondo'. 

Negli Stati a democrazia diretta questo 
torpore che saHe dalle carriere degli impie- 
ghi governativi ad' assopire le energie e le ini- 
ziative private non esiste. Colà non vi sono, 
a parlar propriamente, carriere pubbliche. 
Chi è oggi nominato pubblico funzionario 
è state fino a ieri bandhiere, commerciante, 
industriale, ingegnere, e sa che potrà essere 
cositretto a ridiventarlo domani quando il po- 
I>olo non gli dia piii i saioi soiffragi. 

Il pubblico funzionario , adunque , negli 



(1) Cfr. Demolins — A qiioi tiens la superiorité des 
Anglo-Saxons. (Didet, Paris). 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 191 

Stati in cui vìge il primeipio della eleggd'bi- 
bilità e della perioddicità degili ufficiali pub- 
blici, come porta nell'ianipiegc quell'attività 
e quell'enengia di cui ha conitratto Tabi-to nel 
mondo degli affari, anzidbè la mollezza e 
rinerzia dei ronds-de-cuir; così non lascia la 
sua eneng-ia addormdpsi nel nuovo impie^^o, 
non si alblbandona pafiisivaanenite al flusso del- 
l'avanziameiito autoonatico, come awiene de- 
gli impiegati nominati a vita, peidiè sa che 
dopo un breve i)epiodo efg^ può trovarsi a 
dover riprendere la vita degli affari con tutte 
le asprezze di cui è sJeminata e gli sforzi che 
rioibiede. 

Quesjta comdizione di cose, adunque; il pen- 
siero sempre presente ai funzionari pubblici 
ohe la loro s<ituazione attuale non è perma- 
nente; il fatto che questa situazione si miuta 
assai di frequente in realtà; bandisce del tut- 
to dalle nazioni rette a democrazia diretta 
quel sentimento di inerzia, di mancanza di e- 
nergia, di abbandono morale che è proprio dei 
burocTatici ; non accarezza né tende ad e- 
stendere questo sentimento coli'attirare verso 
gli imipieigihi pubblici, come carriere perma- 
nenti, i g-iofvani, e tiene viva, sveglia e di con- 
tinuo sollecitata Peneig'ia e Finiziativa anche 
di quella larghissima parte delle classi diri- 
genti ohe occupa gli impieghi dell'aimmini- 
strazione pubblica, e che, negli Stati dove 
questi impieghi sono concessi a vita, vi i>ol- 
trisce e vi insiteriliBce. 



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192 CAPITOLO VI 



»*» 



Oli istituti pei quali i governi a demo- 
cpazia dirotta si disti'gnono eesenziaJiimemlJe da 
quelli aolaimeiite parlaanentari, e mediante i 
quali nei priim si attua vera<5emente la so- 
vranità popolare, sono il referendum e i di- 
ritti di imiaiativa e di revisicine. 

Sono questi i tre istituti ohe distruggono 
resistenza della « classe poìlitica » la quale, 
come lil Mosca dimostrò, detiene ed e^encita 
es/olu3Ìvamente il governo tanto nelle moniar- 
ohie assolute ehe nei governi paTlameintari. 
Sono quelli i tre istituti dhe, i>er la prima 
volta nella storia moderna, trasportamo il go- 
verno effettiiivo d'alia « classe politica » nel 
popolo intero. 

I governi a classe jyolìtica sono caratteriz- 
zati dal fatto che in via normale, solo per- 
sone appartenenti alla classe hanno aperta la 
via al potere; e che dal potere fantno piovere 
la legislazione — cioè una seuLe di restrin- 
zioni della libertà ioidividuale — sui gover- 
nati, senzia che questi abbiano come che sia 
partoaiipato a quella legislazione, senza che 
intorno ad essa abbiano mainifestato il loro 
parere, senza che, nella maggior parte dei 
casi, sappiamo neppure che tale legislazione, 
tale diminuzione della loro libertà sii com/pie. 
La legislazione ha, nel fatto, tanto negli Stati 
assoluti come in quelli puramente parlamen- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 193 

bari, il suo g>erm-e e il sue svolgiinnenito al 
di fuori e al di sopra del poipolo. 

Il referendum sovverte oompiletajmieinte que- 
sta situazione di cosi?. Quando una \&g>ge vo- 
tata dall'assemblea legislativa noni entra im- 
meidiatamente in vigore, bensì, se un oerto 
numero di cittadini k* desidera, dev'essere 
sottoposta all'inftero corpo elettorale perchè 
questo si pronunci &e vuole aocettark o no; 
allora la concentrazione deireffettivo eserci- 
zio del potere politico im una classe di go- 
vernanti vien mieno iistantaneamentte. 

Tutto il popolo, infatti, viene mediante il 
referendum chiamato a pronunoiarsi intorno 
a una misura legislativa. La legge non si 
oom$>ie più lontano da lui nelle chiuse aule 
delle asB'amblee. I giornali fanno un'attiva 
campagna e richiamano vivissinuamente l'at- 
tenzione popolare sull'oggetto che si tratta di 
votare. E mentre adesso, in realtà, accade 
che la legge si formi non solo inaudito il 
popolo, ma a sua insaputa, coll'introduzione 
del referendum ciò è tanto im/possibile come 
sarebbe imipossibile che in un qualunque 
Statar- parlamentare moderno le elezioni avve- 
nissero ad insaputa d'un solo cittadino. La 
stessa larghezza di imifofpmazioni e di agita- 
zione che noi vediamo prodursi, in tempo di 
elezioni, intorno ai candidati, ai partiti ecc. 
— e che ncai permette ainche al cittadino 
pili asfecrbito nei suoi uegoai privati di non 
essere riohiaimato a quell'episodio politico — 

13 



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194 CAPITOLO VI 



avviene, niei paesi di democrazia diiretta, in 
caso di referendum, intorno alla questione su 
©ui si tratta di votare, osisia intoimo alla leg- 
ge medesima. 

Mediante il referendum, quindi il popolo 
viene reso oonlsapevole di tutti i priincipì di 
unia oerta imi>ortajnza introdotti nella Icigi- 
slazione; non solo: ma chiamato diiirettamemlte 
a paTteciipare alla loro creazione eoi dire se 
vuole ammetterli o no. 

•Si obbietterà fonse cihe quelle medleedime 
forze di pressione e di oorruzioffie meditiate 
le quali la « classe politiica » e il governo cihe 
esce dal suo seno tengono in iBcaòco la vo- 
lontà popolare nel p^ime rappresentativo , 
opereranno anohe in democrazia diretta e riu- 
aciraimuo ugualmente ad impedir© cihe la vo- 
lontà popolare Sii faccia strada col referen- 
dum. Ma questa obbiezione' non resiste a un 
atteaito elsame dei fatti. 

Inif atti, nel regiìme rapprefeenitativo, le forze 
di presisione e di corruzione che abbiamo ac- 
cennate vengono masse in opera per due ra- 
gioni: dal governo, percihè esso ha immense 
interesse a fare che vengano eleitti alcami 
candidati anziK^hè alcuni altri, dipendendo 
la possibilità della sua esistenza dai voti 
con cui i primi lo appoggeranno in Par- 
lametnito; diai candidati meidesimi, perchè esai 
hanno un initeresse vivissiimo e personale (di 
amibizione o altro) ad essere nominati. In- 
somma le pressioni e le corruzioni che, nel 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 195 

regime rappreseoiftativo, impediscono il liJbero 
corso della volom'tà papolare hanmo sopra tutte 
orione d'ai fatto che la lotta elettorale sov- 
viene sopim persone concrete, non sopra prin- 
cipi o diisiposizioniì aistratte. 

Ma, miediante il referendum, la situa-aione 
viene del tutto mutata. Quamdo il ix«polo sia 
chiamato a votare se accetta o se reatpinge 
una leg'ge, i>er esempio, sullo stato oivtile, sul 
divorzio, sui brefveitti d'invenzioni, solile as- 
si'cuTaziond operaie, è eviidente ohe i moHjivi 
per cui in regime rappresieintativo venlgono 
messe in opera le forze della pressione e della 
corruzione da parte della « classe politica » 
9compiani®ciono quasi interamente. 

L'esistenza del ministero, infatti, non è in 
giuoco, qualunque sia l'esito della votazi^me 
sui progetti di legge sottoposti al referendum. 
Xon è in giiuooo l'interesse i>eTsonale cihe un 
deputato porta alla sua carriera politica e 
che lo spinge a procurare ogni mezzo per 
essere rieletto. I membri del governo, i dfe- 
putati , potranno sentire desiderio ohe una 
legge sottoposta al referendum sia approvata 
o respinta. Ma sao'à, nornualmente, un desi- 
derio astratto, il quale potrà manifestarsi con 
un'attiva propaganda in un senso piuttosto 
che in un'altro; ma raramente andrà fino ad 
assumere, per trionfare, quei mezzi di pren- 
sione e di corruzione che normalmente met- 
tono in opera, nel sistema rappresentativo, i 
ministeri e i meanfbri della «classe politica». 



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196 CAPITOLO VI 



Tali mezza, in ogni modo, non saranjno mai, 
in ocoaisione della votazionie sopra una ooisa, 
quale è quella che ha luogo col referendum, 
nnessi in opera oon quella violettiaa e con 
quella sistemati'oi'tà, oon cui ventg'oaio ulsati 
quando .si tratta dell'elezione di persone — 
la quale nltiima, lo si noti bene, costi tuiisce 
l'unieo mezzo <con(oei3so al popolo per ma/ni- 
festare, nei sistemi pa^rlaimentafri puri, la sua 
vclointà. 

Che, in realtà, queste forze dii pressione e 
di corruzione, atte ad impeldiTe la miaauife- 
staz'ione della volonftà popolare, siano, se non 
del tutto inesistenti, di grain lumjgia più de- 
boli, quaindo si tratta d'una votaaione per 
referendum, che non quanido si tratta di ele- 
zioni, è dimostrato da un fatto semipl'i'cis- 
simo. 

[Mentre è un caso aisisai raro che, un mi- 
nistero il quale fa le elezionii non ottenga La 
miaiggioranza, è un caso frequentifesimo che 
una legige sostenuta dal governo e aipprovata 
dalla maggioranza dell'assemblea legislativa, 
sottoposta al referendum, venga respinta dal 
popolo. Si sono dati perfino dei caei di reie- 
zione da parte del popolo di leggi approvate, 
nell'asBemiblea legislativa, da tutti i partiti. 

Il Laveleye (1) rifenLsce l'esito delle vota- 
zioni per referendum, sopra leggi e decreti 



(1) Laveleye — Le gouvernement dans In démocrcUie, 
(Alcan 1896), II, 160. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 197 

fedenaJi, in Svizzera, dal 1874 al luglio del 
1891. Sedici leggi furooio sottoposte al refe- 
rendum (isenaa contare le sei nLodifioaziioiiiii 
piarziali della Gostituzd'oae) e undi«ci di esse 
sono sitate respinte. 

iSi noti ohe queste cifre riguardano sol- 
tanto le votazioni circa leggi federali av- 
vemute in lavizzera. Assai più, di grain lunga, 
Sfono i casi di reiezdone da parte del popolo 
dd leggìi, in materia canton-ale, elaborate dal 
' Governo ed accettate dal Gran ConsigLio (as- 
seini'blea legislativa) ; e ne vedremo più in- 
nanzi degli esemu^i. Ciò ai avvera sopra tutto, 
con. grande frequenza, nei Cantoni dove è 
instituito il referendum obbligatorio, sotto il 
quiale devono passare due volte per anno tutte 
le leggi vctaite dal Gran Consiglio. 

Bisogna leggere i giornali 'governativi di 
questi Cantoni (p. es. di Berna) per capire 
come il referendum obbligatorio sia un po- 
deroso colpo di piccone nella «-classe poli- 
tica». E' costante in essi un lameinto che si 
può riassumere in due parole: col referendum 
obbligatorio non si può più legiferare; il po- 
polo respimge la maggior parte delle leggi 
ohe noi elaboriaano. 

Ora, se ciò prova, da una parte, ohe dove 
il referendum non esiste, il popolo subisce , 
contro la sua volontà, la maggio-r parte delle 
leggi; ciò prova anche ohe il referendum 
toglie ogni base consistente al governo della 
« classe politica », la quale è costretta a di- 



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198 CAPITOLO VI 



ahiaTare di non poter gioverniare in gnazia 
dell'immietioine oontinua della volontà popo- 
lar© nell'esercizio del potere pnbbMco. 

Noi tnoviaimio, adiunque, in ciò um prin- 
cipio di sigretolamento del governo della 
« classe politica », additato dal Moeioa. I go- 
veirnanti f-anno, bensì, le leggi. Ma i gover- 
nati le esaminano, e, quando loro non piac- 
ciono (e ciò accade bene spesso), le resp in- 
goino. 

JjSl frequenza con cui il popcilo, mediante 
il referendum (e apeciialmente mediante il 
referendvmi, obbliigaitorio) recinge le leggìi 
approvate dall' Assemblea — questo fatto in 
cui molti trovano un aTgomento d' accusa 
contro il referendum — è per noi la prova 
cJhe questo dà modo al popolo di far prevalere 
effettivamente la sua volontà sul governo. 

Le leggi non piovono più dall'alto di una 
Camera di deputati sopra il popolo senza ohe 
questo abbila modo dii sottrarvisi se ncnn gli 
piacciono; anai, il più delle volte, senza che 
la sua attenzione sia neppure richiamatia alla 
legge che si sta per imporgli, la quale non 
gli si rivela che più tardi nell'applicazione. 
Il popolo tien gli occhi aperti e controlla; 
impediisoe che abbiano vigore tutte le restrin- 
aioni della sua attività che i governanti vo- 
gliano imporgli mia che esso esplicitamente 
non accetti; e non permette che entrino in 
attività se non quelle disiposjìzioni legislative, 
quelle restrizioni di attività, cui esso, il po- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 199 

polo, abbia dato il suo consapevole ed espli- 
cito oomsenso. 



*** 



Se il governo a base di « classe politLoa » 
viene profondamente intaccato dal referen- 
dum, Sjpeoialmiente se obbligatorio, esso viene 
distrutto dal diritto di iniziativa, vale a dire 
il diritto del popolo di doanandare la modi- 
ficazione delle leggi esistenti o la promul- 
gazione di leggi nuove. 

Il diritto d' iniziativa s.i di-stinigue da 
quello di revisione in ciò che mentre il primo 
consifiite, come abbiamo detto, nella faicolftà 
del popolo di dcimandare la modificazione o 
la promulgazione delle leggi ordinarie, in- 
vece il diritto di revisione consiste nelia fa- 
coltà del popolo di domantdare una riforma 
della legge fondamentale dello Stato, ossia 
della Cos'titiuzione. 

Prati'oameaite, però, i dize diritti vengono 
in alcuni oasi a oonifonidersi ; o, più preci- 
samente, il popolo, giovandosi del diritto di 
revisione, viene in realtà a conquistare ed 
esercitare anche quello di iniziativa. 

Questo fenomeno è evidentissimo nei sin- 
goli Stati componenti l' Unione Americana. 

Le Cositi tuzioni degli Stati della Confede- 
razione Nord-americana jxossono modificarsi , 
in generale, con questo procedimento: l'As- 
semblea legislativa (sia con un voto di sem- 



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SOO CAPITOLO VI 



pLLce mag^gioranza, sia con la maggioranza di 
tre quarti, sia a semplice maggioranza ma 
per due legislature su-ocesadve) propone al 
popolo alLciine sjyeoiali modificazioni, ovvero 
domanda al popolo di decidere con un voto 
se vi sia luogo di convocare una Convenzione 
per rivedere la Costituzione. In alcuni Stati 
(p. es. nel New-Hampshire) l'Assemblea le- 
gislativa non ha diritto di proporre emeuda- 
menti; ma iuveoe le autorità devono ogni 
sette anni consultare il popolo sull'utilità di 
una revisione della Costituzione. In altri 
Stati questa consultazione deve avvenire ogni 
dielei, sedicd, o venjt'anni. 

Quindi « la Costituzione d'uno Stato (scri- 
ve il Bryoe (1) dal quale prendiamo questi 
cenni) è semplicemente una legge fatta dal 
I)iopolo che votai sopra un progetto a lui 
sottoposto. Il popolo, votando in tal mjodo, 
agisce come una prima assemblea costituente, 
come se esso fosse chiamato a radunarsi in 
un sol posto, alla guisa delle assembUee popo- 
lari dei nostri antenati teutoni. Soltanto il 
numero gl'impedisce di riunirsi in un- unico 
luogo e lo obbliga a votare in luoghi diversi. 
Così la legge eos'tituzionale è l'ox)eira diletta 
della sovranità popolare». 

Ora, mentre le prime costituzioni degli 
Stati americani erano brevissime e contene- 
vano quajsi esiclusivamente una dichiara- 



ci) La rép. americ, II, Chap. XXXVII. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 20 1 

ZÌOQ& fondamentale d'i diritti, queste cois«ti- 
tuzdoni v^ennero posci-a aoquistanjdo una mole 
atìs-ai maiggiore, e comiprendendo sotto il ti- 
tolo « KjlaiiBole diverse » delle vere leggi or- 
dinarie, per es., sulla procedura, sul diritto 
civile, suM© Banche, sulle Ferrovie, sulFa- 
griioolitura, eoe. 

Insomma, il popolo sii giova del momento 
in cui &ì fa una nuova costituzione, e d'ella 
oircostanaa che sulla formiazione di questa 
osso ag-iaoe in modo diretto, mediante il suo 
voto, per ottenere, nella sitessa maniera , e 
sotto la medesima sua azione diretta, le leggi 
spedali ohe gli stanno più a cuore. 

(Questa azione diretta del popolo ameri- 
cano sulla legislazione avviene in due ma- 
niere. 

La prima è la formazione o l'emenda- 
mento di una Costituzione, nella quale, come 
albbiamo osservato, vengono introdotte dispo- 
sizioni a ppar tementi alla legislazione ordi- 
naria. In questo caso, si ha nulla pili ohe un 
referendum , giacdiè la C ositi tuzione (e le 
leggi speciali die sotto il titolo di «clausole 
diverse » vi vengono introdotte) viene redatta 
ed approvata dalla Convenzione speciale o 
dalla legisla'tura, e poscia sottoposta al po- 
polo. 

La seconda maniera « consiste nel sotto- 
mettere ai suffragi del popolo, in conformità 
con le clausole della Costituzione, una pro- 
posta alcune proposte specifi-cate nella legge 



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202 CAPITOLO VI 



fonidlaimieiitale...* le la legislatura non ha pre&o 
una decMone su qiueste proposte, e s© il 
voto popolare ha luogo in "oon-formàià con le 
claAisole oontenut© nella Oostituzione, non 
si ha più, la rigore, un referendum, ma un 
caso di legislazione da parte del popolo solo, 
come se tutti gli elettori d'uno Stato si 
riunisisero in una assemblea ». (1) 

Sebbene, adunque, il popolo americano non 
possegga il diritto d' iniziativa propriamente 
detto, nondimeno riesoe, sia pure mediante 
un giro vizioso, a legMenare direttameaite. 
Giacché è evidente ohe le leggi speciali o le 
proposte di legge che vengono accluse nelle 
Oostituzioni non x>ossono essere dalla Oonven- 
zione dalla legisiktura che formulate con 
stretta obbedienza ai voleri del popolo, do- 
vendo poi a questo essere sottomesse, e po- 
tendo da esso venir respinte fino a che non 
gli vengano presenltate come le desidera. 

Il popolo svizzero, in questioni fedenali , 
e in ma/teria di legislazione ordinaria, non 
possedeva, fìnoal 1891, il diritto d' iniziativa, 
e a rigor di termini non lo possiede, per 
quanto riguarda la legislazione ordinaria , 
nepipure ora. 

Ma il 29 luglio 1891 è entrato in vìigore 
un emendamento costituzionale, mediante il 
quale venne introdotto nella Costituzione fe- 



ci) Bryce — Op. di., Voi. II, pag. 79. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 203 

dorale, uno dei suoi più importanti prin- 
cipi. 

L'art. 121 (riformato) (1) ammette e di- 
sciplina il diritto di iniziativa da parte del 
popolo in materia costituzionale, per oftte- 
nere cioè la riforma parziale della coetitu- 
ziome, in modo, così ampio e democratico, che 
il popolo svizzero può, in fatto, giovarsi di 
esso per far valere il suo diritto di inizia- 
tiva anche in materia di legislazione ordi- 
naria, e per legiferare direttamiente come me- 
glio gli piace, ancora più agevcJimenite che 
non il popolo amerijoaiw). 

Questo articolo stabilisce ohe cinquaata- 
mila cittadini aventi diritto di voto possono 
richiedere l'adottamento, l'abrogazione o la 
modificazione di dati articoli della Coabitu- 
zione federale. La domanda può essere pre- 
sentata o come proposta generale, o come 
progetto già elaborato. Nel primo oaeo, se 
le Camere federali sono d'accordo, estse de- 
vono provvedere alla revisione nel senso do- 

(1) Si noti che in molte riproduzioni della Coòtituzionu 
federale clie si leggono nei libri che trattano delia Svizzera, 
Tart. 121 è riportato nella forma che aveva prima del 1891, 
e con ciò la Costituzione appare mutilata d^una delle sue 
più notevoli conquiste democratiche. Così, per esempio, nel 
bel libro di Ettore decotti Attraverso la Svizzera è ripor- 
tata in calce la Costituzione federale quale era prima della 
mellificazione del 1891. Lo stesso si dica della Costituzione 
riportata ed esaminata nel!' ìnstrudion civique di Numa 
Droz, giacché questo libro fu scritto prima della revisione 
del 1891. 



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204 CAPITOLO VI 



mandata, e sottoporre la revieione stesaa al 
poipolo e agli Stati per racoettazione o i)er il 
rifiuto; se le Camere federali non sono d'ac- 
cordo per fare la revisione, la quesitione se 
la revisione deve farsi sarà sottoposta alla 
votazione popolare, e, quando la maggioranza 
dei votanti si sia pronunciata affermativa- 
mente, l'Assemblea federale deve uniformarsi 
alla decisione popolare e procedere alla re- 
visioaue. Nel secondo caso, quando cioè la do- 
manda di revisione è messa innanzi in forma 
di progetto già elaborato, o TA-ssemiblea fede- 
rale vi aderisce, e allora il progetto stesso 
viene sottoposto al popolo e agli Stati per 
Facoetìtazione o per il rifiuto, o FAssemblea 
federale non aderisce al progetto, e allora 
può fare essa medesima un proprio progeitto, 
opipure propG(rre il rigetto di quaiUio che fu 
presentato e sottoporre alla votazione del po- 
polo e diegli Stati il suo progetto o la sua 
proposta di rifiuto insieme ooUa rispettiva do- 
manda d'iniziativa. 

E' diiaro ohe con queste disposizioni della 
Costituzione federale svizzera è assicurato al 
popolo il diritto di legiferare direttamente, 
perchè le leggi invece di scendere dall'alto 
al basso, dai governanti sui governati, senza 
dh? questi abbiano nessun mezzo per oppor- 
visi, salgono dal basso all'alto, partono dalla 
massa, ,i)erfino sotto forma di progetto ela- 
borato in tutti i suoi particolari, e s'imipon- 
gono ai governanti. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 205 

Ma dove la distiiizione tra il diritto d'iini- 
ziattiva in materia di legiislazione ordrnatia, 
e quello di revisione costituzionale, è formu- 
lata nebtameinte e con tutto rigore sioientifieo, 
s-i è in qued Cantoni svizzeri che hainino ri- 
formata di recente la loro coetituzioine intro- 
ducendovi tutti i postulati della mo*dertia de- 
mocrazia. 

Tale, per esempio, il Cantone Ticino, che 
oiDìaimo tmn\to più volontiiejpi pe<rcthè abitata 
da una razza italiana, la quale ha saputo 
oonquicstare e mettere in prartriica tutte le piiì 
avanzate riforme dem.acratiahe. La costitu- 
zione del 1892 mentre regola agli art. 25 e se- 
guenti il diritto di revisione da parte del 
popolo della costLtuziione, sta'biliiSice all'art. 10 
che « ili d'iritto d'iniziativa in materia legis- 
lativa » spetta amiche al popolo, e determina 
che «l'iniziativa poipolare è il diritto di pro- 
porre al Gran Consiglio l'accettazione, l'ela- 
borazione, la modificazione o l'a)broigazione di 
una legge o di un decreto legislativo » me- 
diante domanid'a che «deve essere firmata da 
almeno cinquemiila cittadini attivi ». 

Così, adunque, il papodo che dapprima può 
esercitare, come in America, il diritto di ini- 
^ativa nella legislazione ordinaria, solo me- 
diante un giro alquanto tortuoso, giovandosi 
cioè del diritto di revisione costituzionale, e 
introducendo nella Costituzione leggi speciali 
o presicrizioni ai poteri legislativi di legife- 
rare in un dato senso, conquista finalmente. 



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206 CAPITOLO vi 



noll-e forniie demoora^iohe più modlemie, esipli- 
ci'taimente il diritta d!i iniziativa in malteria 
legislativa, o^a il diritto di fare 1© leggi die 
la magig'io'ranza effettìvamjeinte vuole. 

A questo punto, 'noi possiamo agevolmeoite 
eons-ta-taire come il goviernio a « clasee poli- 
tica», la cui esistenza fu additata dlal MoBca 
in tutti gli aspetti politici, dalle monaBohie 
assolute agli Stati parlamentari, vanga sra- 
dicato dalla d€imocr*aìzia diretta. Nei paesi 
dove esistono gli istituti d'i cui abbiamk) par- 
lato e specialmente U referendum e il diriftto 
di iniziativa non si può pili dire ohe «alla 
direzione della cosa pubblica vi è una mino- 
ranza di persone influenti di cui la maggio- 
ranza subisce, di buono o mal grado, la di- 
rezione » (1) ; è, invece, la magg-ioranza, cHie 
oon mezzi diretti e indiretti, imlprime alla 
cosa pubblica il proprio imjpulso; e gli enti 
in cui esfteiriormenlte is' iindarna lo Staitìo — 
governo, assemblee legislative ecc. — non 
sionici ohe i timidi e dosiili seirvirtori di quesito 
imlpulso ohe parte dalla maggioranza popo- 
lare. La vecchia teoria della sovranità po- 
polare proclamata da Kousseau, die, davanti 
all'esempio degli Stati puramente parlamem- 
tari, sembrava diventata un vieto dottrina- 
rismo, ritorna, in presenza degli Stati a de- 
mocpaziia diretìba, ad essere perfettaimente 



(1) Mosca — Elementi ecc., pag. 61. 



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LA DEMOCRAZIA. DIRETTA 207 



Gli istituti, di cui abbiamo parlato, hanno 
il loro coronamento nel diritto d'i revisioaie, 
viaflia^ la tdiiie niella ftìwolltà •comoesaa >al [po- 
polo di modificEire a suo benoplacito la Co- 
stituzione fondamientale dello Stato. 

Beigli Stati ordinati a monarchia il Belgio 
ammatte formalmente questo diritto. L'art. 
131 della 'Coetituzione belga stabìlisice, in- 
fatti, che il potere legi'sliativo ha diritto di 
dichiarare che è il caso di procedere alla re- 
visione di una dilspoeiziione costi tuzionaie ; 
doipo questa didiiarazione le Camepe devono 
essere rimnovate, e le nuove, di comune ac- 
cordo col re, deliberano sui punti sottomessi 
alla revisione; due terzi almeno deli memlbri 
devono essere presenti, e remendamento deve 
raccogliere i dHie terzi dei voti. 

Ma è chiaro che queste disposizioni dello 
Statuto belga non potranno mai avetre un'effi- 
cacia profondamente innovatri-oe, stante spe- 
cialmente il necessario aiccordo col re per 
iiitirodiurjpe le modificazioinii. Niom solo, infatti, 
questo accordo implica il perenne manteni- 
mento delia forma monarchica, ma essendo il 
re il rapiwiesentante più alto degli interessi 
della « d'asse politica » e di quelli speciali 
della dinastia, è evidente che il conJsenso del 
re alle modificazioni da farsi alla Costitu- 
zione importa che nessuna modiificazioine so- 



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208 CAWTOLO VI 



stainai-ale — la quaflie, vale a ókae, ferisda g"!! 
interessi della clatssie politica metdesi'ma , o 
della dinastia — potrà mai comlpiersi; al- 
meno quando non si manifesti una pres&ioaie 
rivoluzionaria, ciò che, come fu spesso avver- 
tito, rendeva oonsegTiibili le riforme nel senso 
voluto dal popolo, anicihe sotto le monarchie 
assolute. 

Nella Eepubblica francese troviamo già un 
notevole progresso: la maggioranza assoluta 
delle d!ue Camere, riunite in Con^nesso, è suf- 
fi-ciente per compiere una revisione della Co- 
stituzione. 

In America p^er quanto riguarda la Costi- 
tuzione federale, vi sono (secondo l'art. 5) 
due metodi x>er proporre le modificazioni, e 
due metodi per adottarle. Per quanto con- 
cerne la proposta di modificazione, il Con- 
gresso, mediante un voto di due terzi in cia- 
scuna C'amerà, può preparare e i)>poiponre gli 
emendamenti; ovvero le assemblee legislative 
di due terzi degli Stati pos&ono linviitare il 
Congresso (che deve obbedire) a convocare 
una Convenzione costituzionale, la quale deve 
redigere gli emendamenti. Per quanto con- 
cerne l'adozione degli emendamenti redatti, 
nell'una o nell'altra maniera, vi soaio altri 
d'uo metodi a siccità del Congresso; e cioè 
sottoporre gli emendamenti proposti alle as- 
semblee legislative degli Stati, ovvero sotto- 
porli a Convenzioni apipositaimenite nomimate 
nei diversi Sitati. Nell'un caso e nell'altro gli 



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LA. DEMOCRAZIA DIRETTA 209 



emendiaineii'bi devono eesfeire approvati da tre 
quarti delle aissemlblee o delle Convfeimo- 
ni (1). 

Per quanto riguaTda la revisione della Co- 
stituzioine nei siligoli Stati della Confedera- 
zione Nord-ameriicana, abbiamo veduto, par- 
lando del diritto d^ iniziativa, quali sono le 
disposizioni òhe la risolano: la proposta di 
modifiicazione parte in generale dalle aisseun- 
blee legislative e deve essere sottoposta al 
rK>palo; oweipo, si intenrogia a/d oigini p8(r*iodo 
determinato il popolo, se intende modificare 
la Costituzione. 

Ma il paese nel quale il diritto di revisione 
è formulato osplieitamenite nel modo piii de- 
mocTati'CO è certamente la Svizzera. Secondo 
la Costàtuzione federale (art. 120) quando 
50.000 cittadini donuandano la riforma totale 
della Costituzione, la questione «se la ri- 
forma abbia o no ad aver luogo » è sotto- 
posta al popolo. Se la m?aggioranza ri-sponde 
affeirmiaitivaimen'te, i due Conisigli ventgono riin- 
novati, e ile nuove CaimeiPe pongono miano 
Hill'a riforma totale. 

Quanto alla revisione parziale deUla Costi- 
tuzione svizzera abbiamo già visto quali sono 
le disposizioni (le quali sono riprodotte, pres- 
s'a poco nel^'istesso tenore, anehe nelle Costi- 
tuzioni dei Cantoni più democratici, come il 
Ticino) ohe regolano l'esercizio di questo di- 



ci) Bbyce — Op. cU., VoL 1, Chap., XXXII. 

14 



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210 CAPITOLO VI 



riitto popolare. Esse sono anooira più osee- 
quenti alla sovranità popdlai^ di quelle ohe 
regolano la riforma totale ; poiché è una 
stessa frazione di popolo, una pajfbe della nias- 
sia, la quale può elaiborare un progetto pairti- 
oclareggiato e farlo adottare. E quando si 
pensi ohe, mediante reviisioni parziali, una 
Costituzione può venire totalmente riformata, 
e che podhe revisdoni parziali bastano per 
trasfoffimjairne initeramente lo spirito, si con- 
verrà •che in I^vizaera è veramente la massa 
popolare, e non una piccola «daisla© politica» 
che tiene in miano la somima delle cose delio 
Stato e che lo domitna fino a plaBmarilo, o 
a trasformarne la foggila a suo beneplacito. 

S"! rifletta ora alla profouda diversità che 
questo diiritto di Tevisione (speci'aknente se 
formulato secondo il sisitema svizzero) segna 
tra gli Sitati di vecchio tilpo e quelli di ca- 
rattere moderno. 

NeMo Statuto italiajio, per esempio, si 
legge questo preaoailbolo : «di nostra certa 
scienza, regia autorità, avuto il parere del 
nostre consiglio, abbiamo ordinato ed ordi- 
ni amo in forza di Statuto e Legge Fonda- 
mentale, pesrpetu'a ed irrevocabile della Mo- 
narchia, quanto segue» ecc. La legge è per- 
petua; e quindi, legalmente, niesBuna modifi- 
cazione potrebbe esservi introdotta. Le "Stato 
italiano è di conseguenza fondato sull'immo- 
bilismo. 

Negali Stati che sono, in tal modo, fondati 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 211 

aopra una base immobiliiata, in oui la Costi- 
tuzione non pr^fvede nessun mezzo- per essere 
mod'ifieaita, la stessa legge fondamentale rap- 
presenta un enorme majoigno che sibairra la via 
ad ogni pro^greseo legiailie, -ad ogini muova mia- 
nifestazione della volontà popolaire oltrepas- 
sante o cantnaddieente la liegge fond'amen- 
tale medesiraa. Una tale estrinsecazione della 
volontà popolare non può aver luogo, in que- 
sti Stati, in mjodo legale; e non potrebbe 
operarsi cbe mediante una rivolutone o una 
agitazione rivoluzionaria. 

Ma negli Stati in oui la possibilità di 
mutare la oostituziione è prevista e oonoessa 
al popc'lo dalla Co&tituzione medesimia, la 
base di imttnobilifemo, la barriera ad ogni no- 
vella manifestazione deMa volontà popolare, 
viene tolta di mezzo. Quel mutamento nelle 
forme statutarie che negli Stati a tipo im- 
mobilista non si può ottenere se non col 
mezzo straordinario della rivoluzione o della 
a^tazione rivoluzionaria, diventa ottenibile 
in forma tutt'affatto normale e legale. E sic- 
come il mutamento della legge fondamentale 
dello «Stato costàtuisoe ciò che noi (abituati 
agli ordinamenti politici a tipo immobiliista) 
ohiami'aimo rivoluzione; così sd può dire che 
le democrazie nelle quali è affidato al popolo 
il diritto di revisione hanno legalizzata la 
rivoluzione. 

Ma legalizzare la rivoluzione — nel senso 
di mutamionto della legge fondamentale dello 



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212 CAPITOLO VI 



Sitato — sìgniMoa reniderla inutile nel semso 
di distriuzione violenta di una forma dd go- 
verno. Infìatti, la volon1;à popolare non ha 
più bisogino di -usare questo mezzo eetremo 
per passare oltre le ba/rrieire d'una costiitu- 
zione esistente, quando questa stessa costitu- 
zione le offre un moido normale, legale, pa- 
ciifioo per farsi valere pur contro la costitu- 
tuzione medesima. 

Perciò il D.r von Holst (1) nota giusta- 
mente ohe il principio d'ella sovraniìtà diretta 
del popolo apip<licato costau'temente e com- 
pletamente, è stato un ostaicolo alle tendenze 
rivoluzionarie in Aknerica, perchè ha offerto 
un mezzo legale e pacifico- di coanpiere i can- 
giiSffnenti ix>li.tijci ed economici, e hai abi- 
tuato il popolo ad avere, per le decisioni, dellla 
maggioranza, il rispetto che è condizione es- 
seniziale per il suocesiso dei governi pr polari. 



Non abibiamo parlato di due istituzioni che 
pure sono, o accennano axi essere, parte im- 
portante nella democrazia moderna: vog^liamo 
dirt: la ra*ppiresentanza proporzionale e la na- 
zione armata. 

Per quanto riguarda la prima, non si può 
ancora dire che es'sa faccia parte di fatto 



(1) Costitutional LawZof the United States, § 90. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 213 

delle istituziioiii d'ella deimoicrazia moldarna: 
esiste bensì in molti Oantoni della Svizzera, 
ma nel 1900 cadde 1' inÌ25Ìativa popolare ten- 
dente a'd introdurre la raippresentanizia propor- 
zionale n^elle elezioni dell' AB&amJbla federale. 
Puire è certo die le dieanoorazie moderne ten- 
dono air aldo2!Ìonie di quiesto principio ohe , 
miramdo a dare a tutti i partiti la rappresen- 
tanza che loro spetta, e a fare delle assem- 
blee le^islaiive l'esatto specchio della situa- 
zione politica del piaese, è di pura equità; (1) 
e che, riducendo l'iimpero d'elle magigioranze, 
dà maggiore mobilità all' ordinamento dello 
Stato e permette alle mutazioni della vo^lontà 
popolare di riflettersi, in tutte le kro gra- 
duazioni, nelle Caimere dei rappresenitanti. 

Ogeerviaimo però che la rappresentanza pro- 
porzionale, che costituisce una questione es- 
senziale nei governi puramente parlamentari, 
peixie alquanto della sua importanza in quelli 
a demoicrazia diretta, njei quali aillla questione 
della origo^rosamente esatta rispondenza delle 
AiS'settnblee «alila situaizóiolne dei pair ti ti mei pa)ei3ie, 
toglie valore il fatto che il popolo può sempre 
ràprenidere esso in esame le deHilberazionii p»pe»e 
dall' A'Siseimiblea mederaimia e pronoLnK^iiarei su 
questa iil s/aso giudizio supTemo ed dmapped- 
labile. 

Quanto alla nazione armata ci porteirebbe 



(1) Cfr. Q. Rensi. — Per il sistema del quoziente^ in 
Critica Sociale, !• Settembre 1897. 



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214 CAPITOLO VI 



troppo in luiHgo a parWiiie qui ex professo. (1) 
Ci basta di dire che da quanjtx> aibbiiamao 
.scritto più sopra circa l'esercito permanente 
risulta che la nazione armata, mediante la 
quale la forza materiale vi*ene sottratta alle 
incontrollato arbitrio e alFaiasoluta diaposi- 
zione del governo per essere afiSdaita ai cit- 
tadini, è la base d'i fatto sulla quale soil^tanto 
possono rimanere saldamente assise le libertà. 
Le democrazie di.re>tte (abbiauno detto) co- 
stituiscono la forma di goivernc veraimente 
nuova per'chè la vis pollinica anziché essere 
ristre*tta in una piccola olaisse è diffuisa in 
tutta la massa. Parallela a tale diffusione 
nella massa della vis politica (perchè questa 
sia efficiente ed attiva) dev'essere la diffu- 
sione della forza materiale; la quale quindi 
nelle democrazie moderne più pejrfezionate 
accomjpagna il movimento di diffusicne della 
facoltà di prender parte diretta al governo, 
e come questa ai. estende a tutti i -cdttadimi, 
00^ a tutti i cittadini si esibende l'uso dedla 
forza ana'teriale. 

Osserveremo ancora che oramai l'opposi- 
zione ohe si fa alla nazione armata non ha 
più ohe due motivi: quello del timocre ap- 
punto di veder sottratta la base materiale 
al predominio della « classe politica », mo- 
tivo energicamente espresso nelle parole iel 



(1) Cfr. G. Rensi — Una Repubblica Italiana (Edizione 
della Critica Sociale) 1899, pag. 8 e seg. 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 215 

Mosoa che aibbiamo ri^jardato paplanido é&We- 
seipcito peronaii/einte : e quello, più apecial- 
meirte dlinastioo, di giovarsi daU'eseaicito per- 
mianente, coane di sostegno della monaaxìliia, 
di base ai alleanze con altri sovrani , di 
stromento di imprese estere. Imperoocilnè è 
provato ohe, dal punto di vista di-fenisi-vo, 
nesetun eseroito vale la nazione armata. 

Giovanni von Modi, il oeleiba:^ e compe- 
tentimmo autore della grande oipera «La 
Ghierra», la quale mosse (si dioe) Nicolò II 
a parocnuovere la conferenza dell' A j a, mette 
in luioe cbiaraimente questa verità in un ar- 
tico intomo al conflitto anglo^boero, pub- 
blicato sulla Deutsche Bevue del giugno 
d^l 1901. (1) 

EgiH norta come, ioi primo luogo, la guerra 
angdo-^boera dimostlri che è vano sperare nella 
superiorità di um eseroito bene aJddestrato 
e ottimaonente disciplinato: infaM i volon- 
tari inglesi e boeri hanno fatto miglior prova 
delle truppe da lungo tempo sotto le bandiere. 

Inoltre, la campagna suri-africaina prova 
all'evidenza che, date le aarmi moderne, non è 
più poesiibile precisaire le forze né le posi- 
zioni del nemico, sia per le conldiaiomi deter- 
minate dalle recenti invenzioaii, sia perchè 
è impossibiJle dare a enormi esercirti unità di 
azione. Constatata la forza di reeiotenaa che 



(1) RiftSBimto dalla Minerva, 9 Giugno 1901. 



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216 CAPITOLO VI 



I>uò sipdegare un piocalo popalo valoroso con- 
tro un'enorme massa miliitare, bisogna con- 
cludeo:^, che la mobilitatone dii un grande 
esercito non raggiungerà mai lo sccpo, per- 
cih'è prima di aver conseguito alcun riisulitato, 
le forze politiche ed economiche del paese 
saranno comipletanuiente esauste. 

Il Bloch inclitre constata come le varie fasi 
della guerra anglo-boera abbiano confermato 
la verità della tosi da lui sostenuta nel se- 
condo volume della « Guerra », e cioè che 
la guerra offensiva è divenuta, pressoché im- 
possibile. 

Infatti, nella prikna fase, i boeri assalirono 
con forze preponderainti gli inglesi e l' as- 
salto fallì. Nella seconida fase, gli inglesi, che 
frattanto avevano ottenuto una notevole su- 
periorità numerica, assalirono alla lor volta, 
ma isenza risultato. Nella terza fase, mediante 
una strabocchevole superiorità di forze ((poi- 
ché gli inglesi si trovairono ad essere, rispetto 
ai boeri, nel rapporto di 7 ad 1) gli inglesi 
poterono, con gravi difficoltà e gravi perdite, 
costringere i boeri a ritirarsi dalle lor-ci po- 
sizioni, ma senza infligger loro perdite note- 
voli di uomini o d'armi. E attualmente d 
boeri ridotti a 15,000 tengono ancora il oaim- 
po contro' più di 250,000 inglesi, i quiali, fuori 
delle città fortificate non sono riusciti ad 
imporsi defìnitivaimente al paese che essi pro- 
clamano conquistato. Questa quarta faise di- 
mostra a meiraviglia la imonenisa potenza della 



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LA DEMOCRAZIA [diretta 217 

guerra difensiva e la grande imipotenza di 
quella offensiva. 

Le ragioni principaii di quesito faitto sono, 
speciadmente (rileva il Bloch), le seguenti: 
la polvere senza fumo ohe rende iinvisibile il 
manipolo acoampato nelle tapin-cee; e la rapida 
costiruzione dii tfrinfceramienti i qu/ali porgono 
alle truppe la più effioiace difesa eonitro il 
ca-anoneggiamento e la fucileria. Le trincee 
hanno reso inutile la cavalleria; e quanto al- 
rartiglieria, è provato che i cannoni della 
difesa hanno una imaneinsa superiorità su 
quelli deM'assaliitore. Basterà ricordare ohe a 
Paardeberg, i 4000 uomini di Cronje, trin- 
cerati in modo mieiraviglioiso, rimiasero per 
dieci giorni, chium in uno spazio piocoli«BÌmo, 
sotto il fuoco di cento cannoni da caniipo e 
di marina, alcuni dei quali cari/calti con 40 
ohilogramuni di liddite. Ejppure quando Oro- 
nje si arrese, per fanne, i suoi morbi e feriti 
non erano che 179. 

Gli assalti di fronte degli inglesi contro 
i boeri riuscirono , adunque , quasii sompire 
vani. L'unico mezzo col quale gli inglesii 
ottennero qualche sucoesiso furono i movi- 
mienti di aiocerchiamienito. Ma questi non sa- 
rebbero i>ossibili in una guerra europea, prima 
di tutto perchè nessun esercito pota-ebbe man- 
tenere rispetto al nemico la superiorità nu- 
merica-che hanno nel Sud-Africa gli inglesi 
rispetto ai boeri; poi perchè per i movimenti 
aggiranti ocoonre un terreno quasi deserto. 



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218 CAPITOLO VI 



nuefiitirie in Europa, gitazie alle f ortificaaiiGaii 
ohe si trovano in tubiti i confioni, un eseireàto, 
anche niDmericamente inferiore, pota?eibbe pren- 
dere posizioni tali da render vano ogni ten- 
tativo di aooeaxjhiiaimienix). 

Le condlusicoii a oui viene il Blodh, sono 
le seguenti: in una guerra avvenine la dieci- 
sione non potrà assolutaaiieinte essea^e naipida. 
Se, per esen^io, i tedeeohi, in guerra coi 
fraaieetsd, riuscieeero a romipere la linea di 
difesa di questi, si «troveipebbeax) di fronte ai 
milioni di soldati di riserva di cui dispone 
la Firancda; e tra questi, vi sarebbe certa- 
mente una piccola frazione pairi in valore ai 
boeri, che divisa in piiocola sohieffa conti- 
nuereibbe, come fanno i boeri, a lottaire di- 
speratamente, molestando il nemico, cattu- 
rando disitaceaimen'ti isolati, inteirromjpendo le 
comunicazioni ferroviàrie e telegrafiche ; e, 
pirolungando così la campagna in modo da 
prodhinre petrturlbameipti eoonionDici tanix) di- 
sastrosi, che il vincitore stes&o dovrà pie- 
garsi alla pace. 

Nelle preeieniti comdisziom degili stronueinti 
e dei metodi di gujerm., vsrm lotta con esito 
decisivo fra le Poteonze «oiiroipee è diujnlquie 
sempliceaneaite limpoesibiille. | 

Questa concluadone a cui viene un osser- 
vatore attento e competente ooffnie il Bloch 
autorizza noi, alla nostra volta, a concludere 
che la nazione armata serve alla difesa me- 
glio che Fesercito stanziale, e che Topposi- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 219 

zione ohe ad essa si muov© non ha per ra- 
gione se non il fatto che estsa non si piresba, 
coane rosertoito nazionale^ a soaben€»re il pre- 
dominio deiMa « classe politioa » e a compiere 
alleanze od Lntrajprese diniastiche. 



Chiuldiamo questo capitolo con uno s^pec- 
chio .dei diritti popolari, quali esiiistono at- 
tuatoente nei vairii Cantoni svizzeri, da cui 
appairiscono in tutta la loro pienezza le baisi 
coati tuzion'ali e legali ohe gaa'antisicono al po- 
polo il suo concorso nell'opera dellia leigisla- 
zione. 

Zuarigo possiede l'iniziaitiva in materia le- 
gislativa e cositi tuzionale dal 1869; il numero 
dd elettori richiesto per l'esercizio di questo 
diritto è di 5000; la priima iniziativa sa ap- 
plic^a alle leiggi e ai decreti. A Zurigo eaiiisite 
inoltre il referendum oibbligatorio sotto il 
quale devono passare le leggi, i trattati, i de- 
creti. 

Berna possiede l'iniziativa in materia le- 
gislativa e costituzionale (la prima appliiea- 
bile alle leggi e ai decreti), dal 1893; per 
la priona occorrono 16.000, per la seconda 
12.000 elettorL II Cantone possiede anche il 
referendum obbligatorio per le leggi e per gli 
oggetti fìnianziari. 

liucema possiede l'iniziativa in materia 
costituzionale dal 1863, esiepcitabile su do- 



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220 CAPITOLO VI 



nmnjda di 6000 elettori. Lo stesso mumero oc- 
corre per il referendum facoltativo sulle lei^gi 
e i trattati introdotto nel 1875. 

Uri (loanitone a landsgemeinde) ha l'ini- 
ziativa in nmtexia costituzionale dal 1888; 
il numero degli elettori ridiiesto per eserci- 
tarla è di 50. Per T'iniziativa in materia 
legislativa introdottìa pure nel 1888 per le 
proposte di legge, basta la dounamda di un 
solo cittadino. Esdlste dal 1888 il referendum 
facoltativo, promovibile su domanda d'i 20 
cittadini, per i regolaanenti e i deoreti; e, da 
tempo inmiemoira'bile, il referendum obbliga- 
torio per le leg-gi, i trattati, e gli oggetti 
finanziari. 

Sviltto possiede dall 1848 riniziativa in ma- 
teria costituzionale, su domanda di 2000 cit- 
tadini; e dal 1876 quella in materia legieila- 
tiva circa le leggi propriamente dette soltan- 
to, pure su domanda di 2000 elettori. Lo 
stesso num^ero è richiesto per il referendum 
facoltativo circa i trattati, i decreti, e i re- 
golamenti, introdotto nel 1876, nel quale anno 
fu pure introdotto il referendum obbligatorio 
per le leggi, i regolamenti e gli oiggetti fi- 
nanziari. 

L'Alto Untervaldo (Cantone a landsgemein- 
de) possiede, dal 1867, 1 iniziativa in miateffia 
costituzionale, su domanda di 600 cittadini; 
poire diali 1867, su domamida d^uIn eoi oit- 
tadiino, queilla in miateria leigdislatilva ri- 
guardo le proposte di legige; dall'istesso a-nno, 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 221 

SII d'omanda di 400 ci'ttadini, il referendum 
fa)ooltìativo soillle leggi e decreti elaiborati dal 
Gvsm OoinBiigilio p&r dtelegiazione di potere; e 
da tempo iinniiemorabile, il referendum obbli- 
gatorio sulle leggi, decreti, e questioni finan- 
ai'arie. 

Il Basso Unterval'd'o (Oantone a landsge- 
meinde) possiede l'iniziativa in matteiriia costi- 
tuziottiialLe su donnaaiida di 800 eittìadM, diail 
1877; dall'istesso amno, su domanda d'un elet- 
tore, l'iniziativa in materia legislativa, con- 
cernente le proposite di legge; da tempo i/m- 
memorabile, il referendum obbligatorio per 
le leggi e le pToposte di legge. 

Glarona (Cantone a landsgemfiinde) pos- 
siede, da tempo imtmemoraibile, l' iniziativa 
in miateria costituizionale, quella in materia 
legislativa (quest'ultima per le proposte di 
legge; entraimbe su domanda d'un solo cit- 
tadino) e il referendum obbligatorio cÌT«ca le 
leggi, i trattati, e le questioni finanziarie. 

Zugo h)a dal 1873 l'iniziativa in materia 
costituzionale su domanda di 1000 elettori ; 
dal 1894 quella in materia legislativa, su do- 
mandu di 800, applicabiUe alle leggi e ai de- 
creti; e dal 1873, il referendum fiajcoltativo, 
promovibile nuediante 500 firme e applicabile 
alle leggi, ai tiattati e agli oggetti finan- 
ziaci. 

Friburgo posBiedte soltanto l' iniziativa in 
miaiteria cotstituzioniale, dal 1857, sopra do- 
manda di 6000 cittadini. 



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222 CAPITOLO VI 



Soletta ha dal 1856 l'iiiiziativa in malteria 
costi tuzioaiale, su domanda di 3000 elettopi; 
dal 1875, quella in malteria legislativa, ap- 
pli'cabile alle legi^ e ai decreti, su domaaixia 
di 2000 ciittadini; e puTe dal 18Y5 il referen- 
dum obbligatorio sulle leggi, trattati, deiareti 
e oggietti finanziari. 

Basilea-Oittà i>ossiede dal 18Y5 rin;izia;tiva 
in materia costituzionale e legis-latinra (leggi 
e decreti) e il referendum facoltaitivo (leggi 
e decreti), semtpire su domanida di 1000 elet- 
tori. Dal 1875 pure il referendum obbliga- 
torio per le leggi e decreti elaiborati in se- 
guito a una domanda di iniziativa. 

Basilea-Oampagna possiede l' iniziativa I-n 
materia costituzionale, dail 1863, e queila in 
materia l-egislativa (leggi, decreti, regolajmen- 
ti) dal 1802, entrambe su domanda di 1500 
cittadini; e, dai 1863, il referendum obbliga- 
torio per le leggi, d^ecreti, trattati. 

iSciaffuisa. possiedie dal 1876 l'inizilativa in 
materia costituzionale e legislativa ( per le 
leggi propriamente dette soltanto) su domian- 
da di 1000 elettori; e, dal 1895, il referen- 
dum, obbligatorio per le leggi, deciseti, e og- 
getti finanziari. 

Apiycnzello-E-stterno (Oantone a landsge- 
mcinde) possiede dal 1876 l'iniziativa in ma- 
teria costituzionale e legislativa (leggi sol- 
tanto) esperibile su domanda di un numero 
di elettori uguale a quello dei membri del 
Gran Consig'lio (70) ; e il referendum oibbli- 



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LA DEMOCRAZIA DIRETTA 223 

gatorio per le leggi, i trattaci, e gli oggetti 
finanziari. 

Appenzello-Initerno (Cantone a landsge— 
meinde) possiede, da temipo inunnemorabile la 
iniziativa in materia costituzionale e lagisla- 
tiwi (leggi soltanrfio) su doonanda enttramibe di 
un solo ciittadino; e il referendum obMigatorio 
per le leggi. 

iS Gallo ha l'inizi'ajtiva costituzionale dal 
1861 su domanda di 10.000 ele«ttoiri; quella 
legislativa (leggi e decreti) dal 1890 su do- 
manda di 4000; e pure dal 1890 e su domanda 
di 4000 cittadini il referendum facoltativo 
per le leggi e i decreti. 

I Grigioni possiedono dal 1880 l'iniziativa 
in materia oostilnizionale s-u domanda di 5000 
elettori; dal 1892 quella in malteria legisla- 
tiva pier le legigii, i diecretii e i neg'olaniein'td su 
damalida di 3000 elettori; dal 1880, su do- 
manda pure di 3000, il referendum faioolta- 
tivo per i regolamenti e i decreti, e dal 1852 
quello obbligatorio per le leggi, i trattati, i 
decreti e gli oggetti finanziaTi. 

Argovia possiede riniziativa coe»tiituzion.ale 
dal 1885, e quella legislativa (leggi soltanto) 
dal 1852, su domanda entramibe di 5000 cit- 
tadini; e dal 1885 il referendum obbligatorio 
per le leggi e gli oggetti finanziari. 

Turgovia possiede dal 1869 e su domanda 
di 2.500 elettori riniziativa costituzionale e 
legislativa (leggi e decreti) ; e il referendum 



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224 CAPITOLO VI 



olybligatario per le leggi, i trattati e gli og- 
getti finanziari. 

Il Tiioino pcyssied'e l'iniziativa in materia 
costituzionale, su domanda di YOOO cittadini, 
dal 1875; quella in miateria legislativa (per 
le leggi e i decreti) dal 1892 sai doman/da d'i 
5000 elettori ; dal 1883 su domanda di 5000 
elettori il referendum facoltativo per le leggi 
e i decreti, esteso poscia nel 1892 agli oggetti 
finanziari. 

Yaud possiede, su domanda di 6000 elet- 
tori, r iniziativa costituzionale dal 1885 , e 
quella legislativa (per le proposte di legge) 
dal 1861; dal 1885 il referendum fa-coltativo 
per le leggi e i decreti, e dal 1861 quello ob- 
bligatorio -per le questioni finanzi'ajrie. 

Il Vallese potstsiede dal 1852 Tiuiziativa in 
materia costituzionale su domanda di 6000 
cittaidmi e il referendum obbligatorio su que- 
stioni finanziarie. 

Neucihàtel possiede l'iniziativa costituzio- 
nale dal 1848, quella legislativa ((leggi e de- 
creti) dal 1882 , entrambe su domanda di 
3000 elettori; e dal 1879, su domand'a d'ugual 
numero, il referendum, facoltativo per le leggi 
e i de>ereti. 

Ginevra possiede dal 1891, su domanda di 
2500 elettori l'iniziativa in malteria costitu- 
zionale e legislativa (leggi e decreti) ; e dal 
1879 sai domanda di 3.500 elettori il referen- 
dum facoltativo per le leggi, i decreti e gli 
oggetti finanziari. 



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LA DEMOCRAZIA DIRBSTTA 225 

Da questo quadro, meglio ohe da qualsiasi 
ragionamento, appare l'abisso enorme e insu- 
peraibiiLe «ohe divide i paesi miOoiaipahioo-Tiaip- 
presenvtaitivi, comic l'Italia, e quelli nei quali 
fiorisoe pienamente la demoorazia moderna; 
3 l'assurdo di pensare ailla possibilità dì u- 
nrre insieme i due capi delle istituzioni che 
dlamimauo nfei primi e di quelle che reiggoinio i 
secondi. 

Eppure è sotltanto in questi ultimi, e me- 
diante le istituzioni che aibbiamo in es&ì ri- 
scontrate, che la sovranità popolare ha la sui 
intiera espansione e la sua attu'azionie coan- 
pleta. 



va^J^^-'-^Qa^ 



15 



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Capitolo VII. 

La sovranità popolare. 



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^^nv^ ùi ^^^^ J S.T=^ ^ Q££fV0 



La modeipnaj diemtìeraizia diretta , f uinizio- 
nante ool mezzo degli istituti -di aui albbiiatoo 
parlante, attua pienamentte il comicetto della 
scyvranità popolare. Davanti ad essa s'airre- 
stano le aoute eoas-ild'eT'azioni del Mosica in- 
tese a sostenere ohe in tutti gli ordinamenti 
politici la pidoola clasee dei goviea^niainti co- 
manda di fatto alla grande classe dei gover- 
nati. E se si oomprenJde come una siff^atta gene- 
ralizziazicne si s-ìa stabilita nel pensiero del- 
rilltustre tprofesi9ore delP Università di Torino 
di fronte allo spettacolo degli Stati poira- 
menite parla-mentari, e apeoial mente di frante 
alk vita dello Stato Vitaliano; si deve anclie 
riconoscere che quella generalizzazione perde 
ogni valore in presenza degli Stati orditnati 
nelle forme democratiche moderne, come l'A- 
merica e la Svizzera. 

Un iK)polo è governato da una clasise poli- 
tica quando, come aiwiene nelle monarchie 



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230 CAPITOLO VII 



assolute o negli Stati pirnainieiKte ipajAamien- 
tsri, Mia'bopazìio'ne deille leggi — ossia doHe re- 
atriinzioni imposte aliFattiiFità individni'ale — 
aT:viene in semo» a igoiella olasse; e da essa. 
disoendoBo poscia siuilla masea, la qtuiale è 
costretta a siubirle. 

Questo fenooneno — ha osservato gmista- 
menite il Mosoa — m avverte, conne nelle 
monalrcliie asàoloite oasi nei regimi .puramieiite 
pairkmentard. In iqnasti, aniohe neilF iipctesd 
più favorevole "che lina Oamera di rappresen- 
tanti siia «riuscita a concentrare in 8è, come 
in Inglhilterra, tutto il potorie, vi è semipre 
una distinzione netta tra il Governo, rappire- 
sentato in questo oasc" dai deputati!, e la 
massa del popolo òhe costituisce i sudditi, 
i governati. Le leg^gi si elaiborano all' infuori 
e al disopra del popolo, dal governo (dioè, 
mal'V' ipotesi, dalla Camera dei deputati) e 
discendono da questa 'imperativamente sul 
popolo. 

Abibiamo dimostrato come relezicne dei 
deputati sia lontana dafl. garantìire ila sin- 
cera manifestazione della volontà popolare. 
Che questa volontà non possa esttrinsieioairsi 
mediante i Parlamenti se ne ha una prova 
di fatto nedla circos-tanza delle frequenti 
reiezionli da parte del popolo, nei paesi dove 
esista il referendum,, di leggi approvate dal- 
FAssemlblea dei rappresontanti. Ciò prova che, 
in questi casi, &e il referervdunu non esi- 
stesse, il popolo avrebbe subito una legge la 



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LA SOVRANITÀ POFOLARB 231 

quale non era meiM> contraria alla sua vo- 
lontà i)er essere stata votata da un'Aisaem- 
blea di eletti ifal iK>pol"0 stesso. 

Un popolo iinveoe si goverma da sé quando 
esso, aniziobè doverle senz'altro snibirle, può 
acoettaxe o lespinjgeie le leggi elaiborate dagli 
enti ohe inoarnamo il govergio, e quando le 
leggi ainziAè avere sempre iil loiro germe in 
questi enti p«>S9ono averlo anehe neiUa massa. 

Oiò si ottiene mcidliante il referendum e il 
diritto poi>olare d' iniziativa in miateria le- 
gislativa e oositituzdoiLaile. 

Ora ed domandiamo: è possibile ohe anche 
attraverso il referendum e l' dmiziativa Sii 
faccia sentire la preidominanza politica della 
alasse dirigente Siulla massa, e che oontinui 
a maìnifostarsi 'il governo dei pochi siui 
molti ? 

E Tistpondiamc: no, njon è possibile. 

3a»ta, per aooertansene , peneare un mjo- 
mento a vanito accade quando alla massa 
popolale viene sottoposita per la votazione 
vrna legge, conf rancandolo oon quanto aocade 
quanido alla mss^sa viene linvece preseaitata 
un^ persona i>er l'eLeziooie. 

Quest'ultimo mieazo è l'umico oanale aperte 
alla manifestazione della volontà popolare 
nel regimi puramente rappresemtativi. Ma, 
che cosa aiooade quando queeto mezzo viene 
messo in aizione ì 

Accade ohe la « cilasse i)oliti>oa » riesee 
sampre -ad avere e a oonservare la eiua pre- 



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232 CA1>IT0L0 VII 



valenza. E', per la m'a^icT parte, da questa 
classe — cioè, attua/lment^ dall^ailta e dalla 
media borgiieeia — ehe Bs<x>no i eandidiati 
ai vari uffioi publxLiei elettivi, 'andie perchè 
questa classe ha il monopolio dedla col/tura. 
La miassa, nelle eleaioni, eli trova coȈtaiate- 
m/ente davanti, per la isoelta, candidati usioenti 
dalla « classe politica » ; e anidbe quando con 
essi concorrono caaadijdati non uscenti da 
questa classe i primii hanno sempre di giraii 
lunga maggiore probabdlità dd vitto-ria, sia 
per i magigiori mezzi finanziari, sia per Fasiceu- 
dente personale che in grazia della loro si- 
ituazione economioa €<sercitano sulla maiscta, 
aia infine amohe per una, specie di tendenza 
atavica all'obbedienza che, almeno in molti 
luoghi, trascina la massa a votare par la per- 
sona la cui famiglia ha da tempo inmiamo- 
rabile esercitato la aupremiazia nel luogo; 
pe«: cui, molte volte, rantLca supremazia foa- 
dale non fa che cangiansli, passando da una 
generazione alFaltrai, in snipromiazia efletto- 
rale. (1) H Mosca nota acutamente che an- 
che la fninzione di deputato tende a diven- 
tare ereditaria. « Bisogna osservare (egli 
scnive) che riescono quasi isempre eletti coloro 
che posseggono le forze politiche che abbiaimo 
già enumerate e che speissifesimo sono ere- 
tarie. Difatti, nel Parlamento inglese ed an- 



(1) Vedine un esempio nel bellissimo romanzo del De 
Roberto, / Viceré. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 233 

che >iii CLueilli fraiuoese ed .italiano vediam<:' 
freqiien temente eedeire d figli , i f ra-tellii , i 
niipoti e i generi di deputati ed ex-dejpu- 
tati». (2) 

Finalmente, mediante reiezione, la « aWse 
politiica » riesce semipre a m.antenere il suo 
predoaniimo per im'altra ragione già adom- 
brata: essa pfpesienta aU^elezàcuae /un iKwmo, 
cioè un complesso di idee, di tendenze, di 
preconcetti die sono patrimonio comune della 
classe. La massa lo elegge iperohè promette, 
per esempio, una ferrovia, una strada, o an- 
che un dato voto in una determinata cir- 
costanzia. M-a ekggendoilo per queste ragiicni 
la m;aissa dlegge tutto l'uomo coq tutte le 
sue idee, li suoi preconcetti, le sue tendienze. 
Quand'anche la vclontà della massa riesca a 
prevalere per quel deteraninato caso, cioè nel- 
l'ottenere la feriovi-a, la strada, eoe., si tro- 
verà contraddetta dall'opera del suo elette in 
mille altri casi non previamente chiariti, nei 
quali egli segudfrà u/na condotta conforme al- 
l'interesse della claisise e contraria 'alla vc^ 
lontà della maggioranza della massa. Eppure 
questa nelle nuove elezioni ai troverà forse 
decisa a rinominarlo' ancora per riuscire a far 
prevalere la sua volontà sopra uno o pochi 
soli punti, fatti oggetto dli prograniiniii elet- 
torale da parte del candidato; e andrà in- 



{3 Mosca — Elementi, ecc., pag. 75. 



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234 CAPITOLO vu 



con'tro in tal modo ad mexieBiiiii injcanvenìenjti 
di prima. 

Si paragioni questa eituaziioine di cose con 
quaaito accade quando alla masaa viene sot- 
topoeta una difiposiizione di legge, o ohe tale 
disposizione sia stata elaborata dai governo 
(referendum), o cihe sia stata elaborata e 
presentata da un<i frasàoaie dalla massa me- 
des»ima (inliaiativa). 

In tal caso la massa deve non più eleggerò 
una persona, ma votare sopra urna cosa. Si 
trai?terà, per esempio, dd alcioettare o respin- 
gere un progetto di ooddoe cavile, di votare peo* 
l'e£ercÌ2do di Stato o per la cessione a «una 
ocm,i>agnia priivata di una ferrovia, di apjpro- 
vaire o rifiutare una tassa o una legge di 
polizia dei pubbli^cd esercizi. In questo oaso, 
non è più, in primo kiogo, possibile ne6»suna 
conifusdone : non avviene piiì, clioè, come ac- 
cade qiuando la massa è chiamata ad eleggere 
una persona ohe essa elegga in questa tutto 
un complesso di idee, di tendenze, di pregiu- 
dizi, la cui azione sfugge quasi totalmenite 
al controllo della massa e agisce indipendlen- 
teniente da questa una volta che la persona 
è stata eletta. Il giudlitzio, invece, verte sop-ra 
nvvii sola e determmata questione: e di frooi.te 
ad essa ciascun cdttadiino emétte il giudizio 
che gli pare piix opportuno. 

In secondo luogo, nessun asicendente perso- 
nale — qiueirasoenjdente famigliaire, eooino- 
mdco, intellettuale per culi un uomo, apparte- 



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la'sovranità popolare 235 

nieiiite alla dasse politica dirigente, ha mille 
probaibilità di irrjpoTsi alla maissa — è pos- 
siibile. Si tratta di una questione astratta; 
non d'una x)ersona; e -quiindi ila visione -del 
ppci|piTÌo interesse appare nitidamente a cia- 
scuno, non otfusicata da consideraizioni estra- 
nee o da eraori, e a norma di tale visione 
ciascuno emette il saio yoììo. 

Finalmente, itutti gli altni mead con oui, 
trattanxloei di elezioni di persone, ila «elaistse 
politica» riesce a d'cminaire la maiS»a — cor- 
ruzioni, piressioni eoe. — vengono meno. 
Quando, i)er esempio, ali» presenti come can- 
didato al Parlameoto un proprietario fou- 
diairio, questi potrà essere eletto grazie, 
poniamo, a'ila promessa di votare per la co- 
atruzlione d*ulna strada, o di emettere un voto 
contrario a un ministero inviso agli elettori; 
e oltre a ciò riuscirà «ad essere eletto mediamte 
la corruzione da kid esercitata, il s/uo ascen- 
dente personale ecc. H deipoitato, nominato 
per queste ragioni e con tali mezszà, voterà 
bejiBÌ per la strada, voterà contro il ministero, 
mi voterà anche, presentandosi il caso, fajvo- 
rericlmente al dazio aul grano. La massa, 
quindi , grazie alla promessa della strada , 
del voto contro il ministero, e per opera daJ- 
Fasoendente personale del candidato' e della 
corruzione da lui esercitata, si troverà ad aver 
votato», in modo indiretto e as^i^lu am mLl^ 
contro sua voglia, anche a favore ilul ^Lijììc' 



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236 CAPITOLO vn 



STi! grano, il q-uale, per ipotesi, tdannegigia 
i suoi interessi e non è <ìa essa voikito. ; 

Ma si supponiga ora che la questione stessa 
del dazio &ul grano venga dinettaanente s-ot- 
toiposta alla massa. Come è possiibile, in que- 
sto caso, che si esplichi il ppedominio della 
« classe politica » e il governo dei pocihi sazi 
nDclti? Oiascun cittadino vede cpale è liil suo 
interesse sopra quella sola questione precisa 
e diretta, e seooi:do qoiel suo interetsse voterà 
senza che né l'iìscenidente né le soiggestiomi 
di chioohesia possano distornamelo. Neppure 
la corruzione potrà aA^er presa: imperocché 
mentre, trattandosi d^eirelezione di una per- 
sona, TelettoTe n'on ha quasi mai chiara e 
nitida dinanzi agli occhi Fintuizione di dan- 
neg'giare i propri interessi votando per quella 
persona, ha invece sempre chiarissima Fin- 
tuizione di dainmegigiaTe sé stesso votando, 
per esempio, un da^io sul grano, se questo* 
gli aumenta il prezzo del pane, senza of- 
frii-gli altri comipensi: la corruzicne, quindi, 
che nel primo caso è faciiMssima, è, nel se- 
condo quasi impossibile. 

Mediante la dom'ocrazia diretta, adunque, 
il governo dei pi-chi sui molti è praiticamente 
inattuahile. 

Non vogliiamo dire ocn ciò, si noti, che la 
lotta di classe non si manifesti nei paesi a 
democrazia diretta. Soltanto, in questi paesi, 
la daisse socialmente predominante non pu"^ 
farsi un 'contrafiorte deirordiinamento po'i- 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 237 

tiico, (per TeiLdersd' più poftente che in realtà 
non sia, e, mediante Tina legiislaziane <ii oliasse, 
cristallizza;re il suo predcmiinio per mo'do d'a 
rinforzarlo e perpetiiiaplo oltre quanto cor- 
rila pomde alla sua poftenziialità sociaile efiet- 
tiya. La democrazlia diretta impediisce, in- 
somma, che il piedomi'nio eco-nomiioo si -con- 
verta in pradc-ondnio politico, o, almeno, im- 
pedisce che il predooninio politliico diella classe 
prevalente eoonKjmicamente divenga esteso, 
continuato, efficaice, serio. La democrazia di- 
retta, permettenido alla massa di rovesiciaTe 
tutte le leggi che non le vanino a genio, 
st£<ibiiliisce e maaitiene un -terreno politico di 
uigua^lianzia e di neutralità nel quale le lotte 
di dasise vengono comibattute ccille forze ef- 
fettive di lOui ciascuna classe dispone senza 
ohe ajd esse sii posisamo aggiunigere le forze 
artificiali dieilla politica e della legislaziione. 
Abbiamo, altrove (1), notato come in Is- 
vizzera il partito socialisita volga quasi esiclu- 
STvamente la sua attiv'iità al campo econo- 
mico : organizzazioni operaie, sicioperi ecc. 
Ciò avviene appuinto perdhè nella Svizzera, 
paese a demioorazia diretta, Passetto politico 
e la legislazione non formano un rempart per 
la classe economicamen'te prevalente, ma co- 
stituiisioono • un icamipo aperto nel quale le 
lotte economiche si possono liberamente com- 



(1) Cfr. G. Rensi — Il Socialismo in Isvizzera in Cri" 
tica Sociale 16 Gennaio e 1"» Febbraio 1901. 



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CAPITOLO VII 



battere dalle varie cilas&i dhe spieigaiio nella 
lotta le rispettive forze effettive, nuediaoite 
le aTìgiaiiizzazioni operaiei, gli soioiperi, i con- 
sorzi pajdxoiial'i, i loch-outs, oemza, «che Ttaizione 
poliitiica poss-a v-enir a (pertiirbare l'oipera di 
queste forze. E iiotaivaano anche <3Ìhe un itisi- 
gne statista svizzero, il Droz, o»9&erva aippumto 
come iil referendum rimsdiBse ad impedire dhe 
il formarsi d^una classe eoanamiioamente po- 
tente in seguito al ocstifcuirsd della graade 
industria venisse a prodiuipne una l'e(gislazion€ 
di classe. 

«Era rapoea (scrive il Droz (1)) in eui, 
sotto il regdme della libertà d!i eommemo 
e d'indiustria, si fondavano le grandi Società 
d'azionisti per lo sfruttamento delle ferrovie, 
della Banca, e degli altri ramH dell^attività 
nazionale. Ne risultaiva uno' sviluppo oolos- 
saue della prospeilità econoanica, ma anche 
uno ©tato di dipendenza piii granidle da parte 
delFindividhio, Incapace di lottare da solo con- 
tro Queste potenti organizzaadoaaii. dosi veniva 
a ricostituirsi «una specie di feudalità. Es- 
sendo la divisione del lavoro spinta fino alle 
su'3 ultime conseguenze, veniva «d imporsi ai- 
l'operaio una regolarità meccanica. Istinti- 
vamente 'il i>opolo ceroaiva un correttivo e 
domandava alla legge di proteggere maggior- 
mente l'individuo. Ma la legg» chi la faceva? 



(l)Hi8toire Politique delaSuiaae au XIX Siede in Seip- 
pel : La Sutsae au XIX Siécle, Voi. P, pag. 813-13. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 



I parlaonenti soprani. Uiua volta eletti i de- 
putati il diritto d€^g'li elettctri ceesava. Per 
forza di cose, i parlameoilli erano oomipofiti 
di avvocati, di grandi i'niduistriiali, di (rilcdii 
proprietari, di uomiiii di fittan-za^ li' qiiali s4 
iaitendevano tra loro come in fani%lia. Era 
una miova ari'stCOTiazia sositituita all'aiitioa. 
H rimedio ccnsisteva mei daa*e al pojpolo non 
soltanto il potere eoatitmente, ma aaidhe ii 
potere leigislativo , e ciò mediiante il refe- 
rendunìr, » 

In Ameri-ca, noi awerti-amo lo steseo fe- 
nomeno: vale a dire, la barriera insounDon- 
tabile ohe la democrazia diretta oppctie ail 
formared di una legislazione dr olasee. Ecco 
ohe cosa dice in pipoposi'to rautore cihe ha più 
lai^mente e profondamente studiato la pre- 
sente situazione poliftica americana, il Bryce: 

«Sarebbe dir poco raffermare che non vi 
sono in Amenica leggi, come le legigi di classe 
in Europa, le quali opprimono i poveri per 
salvaigjuiardaire «geloiaamente i ipiaceii e la ta- 
sca dei ricchi ; giacché in un paese dove i po- 
vieri sono da kin^o tempo in maggioranza e 
hanno nelle loro mani il potere (politico, è 
evidente che essi si sono fatti giustizia da sé 
medesimi. Ma si igareblbe potuto temere il 
pericolo iconirario'; i poveri avrebbero potu'to 
prendere la loro rivindita contro i ricchi, far 
cadere su di questi tutto il peso delle im- 
poste , e disprezzaro , protestando V interesse 
delle m-asse, ciò che si chiama il diritto di 



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240 CAPITOLO vn 



proprietà. Non soltanfto la cosa non è sbata 
tentata — nxa non è stata quasi suig-geiiita 
(se nom, naturalmente, <ia p-a-rte dei socialisti 
d'Europa), e non ispira aloun serio timore. 
Niente neil meccanismo dlel governo potrebbe 
fav più ebe ritardare per qiMilcbe teTjpo l'ade - 
zione di ìe^gi di chiesto genere, se le masse 
le desiideraseero. Oiò che lo impedisce è l'one- 
stà- e il senso comune dei cittadLni in gene- 
rale, i quali sono convinti che gli interessi 
di tutte le classi sono press'a poco i mede- 
simli, e che la giustizia è il piiì grande d'i 
questi interessi. L'uguaglianza, la liibera oon- 
CGTremza, il campo libero per tutti, ogni in- 
coraggiamento possibile al laivoro e ogni spe- 
cie di garanzli'a per i frutti del lavoro: ecco 
quel che essi consideraaio come i principi evi- 
denti della prosperità nazionale. » (1) 

Queste parole del Bryce ci conducono ad 
un'altra considei'aziome. Negli Stati a demo- 
crazia diretta, se è impossibile per la classe 
economicamente più forte di emianaire una 
legislazione di classe, oppressiva per i x>overi, 
è quasi altrettanto impossibile i>eir la classe 
operaia di ottenere, alla sua volta, una legis- 
lazione d'i classe, apertamente diretta cioè a 
distruggere il privilegio econcmico dei deten- 
tori dei mezizi di produzione. E si capisce 
perdbè ciò afwiene. La massa dei cittadini 
non si presenta divisa nettamente in due 



(1) Bryce — Op. ciL, in% 493. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 241 

clflisisi: i poveri e i ricJcihii, i padroni e gli 
operai. Vi sono moHiesiinae oategorie iateò'me- 
dìairie : i piosoli proprietari - ooltivajtori, gli 
artigiani, i piccoli conmiercianti ecc. i cui 
iiìt/cressi" non collimipno eon quelli d'una d'elle 
classi prinoifpàli e divergono tra di loro. Su 
di ciascuna questione sottopoèta ai voto 
p(ìipolare,.i suffragi dei " cittadini 'appartenenti 
a queste classi e sottoclassi si intreecd'a'no e 
si raggruppano, sopra CNgni se'paraaione di 
classe, per modo da esisere pratiioamente im- 
possibile che una misura estrema raccolga la 
maiggioranza dbi suffragi. Così la lagislazione 
segue una via mediana ed equitativa, con 
tendenza a costituire seniipre migliori condi- 
zioni per gli operai, senza attacoaire alla ra- 
dico il privilegio della proprietà — a seguire 
cioè la linea che, secondo la risultante delle 
opi'nioni (Com.uni alla grande m'aggiorauza , 
costituisce la combimaizione del diritto con 
l'equità e con la benevolenza che va tribuita 
ai più sfavoriti dalla sorte. 

Non vogliamo, però, miancar qui di avver- 
tire come vi siamo argomenti per sostenere 
die la democrazia diretta opera ainche nel 
senso di attenuare la lotta di clasise ed' ezian- 
dio di appianare fino ad un certo punto le 
stesse divisioni di classe. Abbiaimo altrove (1) 
notato che in Isvizzera il concetto di lotta 



<1) Cfr. Il Socialismo in Isvizzera in Critica Sociale, loco 
citato. 

16 



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242 CAPITOLO vn 



di d'asse, il qmaile è la pietra aji^laire del 
moTiimento socialista in Ita/lia e in Germa- 
nia, è relegato oielPomlxm, né nappfpeisenta un 
principio fondamentale o grandemente im- 
portante; e abbiamo, in qnelPoocaJsione, ci- 
tata l'opinic-ne d'uno dei capi cfeil partito 
soicialista svizzero, Teodoro Ourti, il quale 
scrisse: «Le speoulaisdoni, quali la leigge di 
bronzo dei salari^ la proletarizizazione delle 
miaJsse e la lotta di classe non hanno com- 
moslsio profondiamente gli spiriti, precisa- 
mente perchè, grazie alle libertà politicihe, 
rimaneva aperto il campo alle riforme so- 
ciali e tra le classi della società avvenirla 
un contiliuo scambio di idee e di conces- 
sioni ». (1) Quamto agli Stati Uniti d'Aìne- 
rioa , V auto(pe che li ha meglio studiati e 
descritti , il Bryoe , ci conferma relplica.ta- 
meinte che una divisione di claissii come in 
Europa, non esiste colà. « Le differenze di 
opinioni (egli fiJcrivie, in un pasfiagigio della 
sua grandiosa opera (1)) sono verticali e 
non orizzontai ». E in un altro punto apiega 
queste suo concetto così : « Le olassi non sono 
affatto in America ciò che sono nelle grandi 
■niaizioni delFEuropa, Non bisogna dividerle, 
dal punto di vista politico, in alte e basse 
classi, in ricchi e poveri, ma piuttosto se- 
condo le loro oocuipazioni e seioondo le con- 



ci) Nella Suisse au XIX aiécle, Voi. 2\ 
(1) Op. cit m\ 358. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 243 

diziomi di vita che costitliisacono il loro 
ainbienite» ; (1) e cioè, per esempio, in 
cotltivatori , riicdii e polveri , padrooii e la- 
vena tori, che forniia.no tu'tfci una sola oart>e- 
goria e portano nelFoipinionie poibblica un'u- 
nica data tendenziaj; in commeipcianibi, anche 
qui, rilochi e poveri, i>aldTonii e lavora.tari, che 
determinano tutti insieme un'a)ltra corrente 
di opinione pubblica. Mentre in Europa la 
divisione , dal puinto d!i vista poli'tiico , è , 
3<;'mm)ariamente , in senso orizzontale, e cioè 
tutti i padroni, tutti i ri^dGihi (proprietari fon- 
diari, commercianti, industriali ecc.), e tutti 
i poviari, tutti i lavoratori appartengano all'a- 
gricoltura, all'industria edG, 

Ma, andhe ritenuta questa distinzione ver- 
ticale di classi, non è da credere, secondo 
Il Bryce, lohe um di esse sia riuscita a costi- 
tuirsi in classe dirigante. « In Europa (cigli 
scrive (1)) vi è semjpre una classe diTigente, 
un gruippo di persone che la naiscita, «la ric- 
chezza o l'educazione hanno elevato al di 
sopra dei loro simili, e alle quali fu l'asciata 
la aura di formare l' opinione puibbli'ca, di 
determinare la direzione dell'amministrazione 
pubblica, di occupare i seggi delle legisla- 
ture. L' opinione pubbli«ea della Germania , 
dell' Italia , della Francia e dell' Inghilterra, 
è stata, in complesso, l'opinione della olassia 
che porta abiti neri ed aJbita buone case , 



(1) Op. ciL, IIP, 391. 

(1) Op. cU., Voi. IIP, pag. 355-7. 



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244 fcAPiTOLo vn 



quaniniTDque nei due ultimi paesi, sìa ©tata sem- 
ppe più influfiffiaa-ta,. duraimte gli ulftimi anini, 
dalla opinione d(^le lolalasii fioiciaibnenite* iniferiori. 
Sebbene i membri del Pairlamento in^gilese 
obbediscano ora alia m-assia dei loro elettori 
quando questi e^primomo nettamente un de- 
siderio, rinfliuenza ebe ag-iseè an^cora mag- 
giormente su dii essi e li aArvolige, è sempre 
l'opinione d'una «claSBe o di certe claiasi, e 
non quella di 'tutta la nazione. La olasee a 
cui appartiene la grande ma^ggioranza dei 
memlbri d'elle duo ■Cameone (ciioè quella dei 
proprietari fondiari, e dei membri d!elle pro- 
fessioni liberali o dell'alto commercio) è la 
classe cbe forma in gran parte e che esprime 
ciò che si chiama Topinione pubblica... Negli 
Stati Uniti, ropinione pubblica è Topico ne 
di tutta la nazione, quiasi senza distinzione 
di classi. Gli uomini politici... non aspirano 
a formare V opinione; essi sono come lo 
schiavo orientale che dice: odo ed obbedisco. 
E non vi è neppuT»e 'una classe, un gruppo 
d'iuomini, uno state sociiale, il quale crei, piut- 
tosto che un altro^ delle id^ e che costruisca 
una dottrina politica per le masse. L'opi- 
nione della nazione è la rìs(ultan<te delle viste 
non d'un certo numero di classi, ma di una 
moltitudine di in dividali, differenti senza dub- 
bio l'uno dall'altro, ma meno differenti dal 
punto di vista politico che se fossero membri 
di gruppi separati dal rango sociale o dalla 
pioprietà. » 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 245 

Altre imiportantii Qonferme, nello stesso sen- 
so, ed offre Taoitore nominaito : « In Europa 
(®crive (1)) le cl-asBÌ sono* divenute dei fat- 
tori melila politi-oa per interesse o per pas- 
sione. Le leggi e ramministrazione sono state 
talvolta assad dure per una classe e qiuesta 
cksBe ba voluto •dàfendepsi ed affrancarsli. Ov- 
vero i suoi sentimenti sono stati feriti da 
ini^ustizie o insulti antepiord, ed essa cerca 
Foiccasioine di v€ndik:aT&i. Ma non si può dira 
die in America una classe abbia una dd que- 
ste ragioni per agire così. Le classi non sono 
dunque state uno dei princi{pali fattori nella 
politica americana o nella formazione del- 
l'opinione pubblica del popolo ajmericano ». E 
firialtnente : « Possiamo ripetere ciò che ab- 
biamo già d'atto, cihe in America l'opinione 
non ha la &ua origine in una classe par- 
ticolare, ma che essa cresce e si sviluppa in 
tutta la naai'one». (1) 

ìSenza voler approfondire più oltre l'argo- 
mento, ed bas(ta poter veniire alla coniolusionc 
dio siembna si possa sostenere aver la demo- 
crazia diretta un'influenza nel senso sia di 
attenuare la lotta di dasse sia ancbe di atte- 
nuare la stessa divisione fra le clajssi. La teo- 
ria della divisione e della lotta di classi ha 
preso origine nella mente di poderosi pensa- 
tori volta a situdiare lo spettaioolo ch'e offri- 



ci) Op. cU. 111% 407. 
(1) Op. cit. IIP, 344. 



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246 CAPITOLO vn 



vano i maigigiori Stati d^Europa, nei quali 
quella teooria è perfettamente vena. Ma po- 
trebbe daisi òhe il nuovo monido e igli as- 
setti politici verameinte nuovi presentino 
molte cose ohe (eome dioevia Amleto) non 
eritramo nella nostra filosofia. 



Per toooaTe con mano come la teoria del 
Mo^oa, che le minoranize or^anLazate domi- 
nano sempre sulla massa diisorigaiiizizata, vien 
meno davanti alla democrazia diletta, dob- 
biamo vedere che cosa faccia, nella pratica, 
il popolo, mediante il referendum, rinizia- 
tiva, e il diritto di revisione; se veramente, 
là dove esistono questi i&tituti, la minoranza 
organizzata detti essa, ifn realtà, le legigi alla 
masisa; o ®e non piuttosto la massa riesca ad 
ottenere soltanto le leggi che piii le piac- 
ciono. 

Per fare questa constatazione esporremo i 
dati che ci presenta la statistica politica sviz- 
zera. Abbandoneremo le votaiaioni federali, 
coma quelle ohe sono noieno significanti per 
noi; e oi faremo ad esaminare quelle canto* 
nali, osservando che cosa aidoade ned vari Can- 
toni onde trarne il giu'diz»io se il popolo di 
questi sia veramente sovrano o se invece sia 
governato da una « classe politica ». Ci limi- 
teremo al periodo 1S90-1894. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 247 

Nel 1890, iti OTdme di Kiata, fiiroiiio pesjpinte 
dal popolo (kd segneoiti Oaiitoiii le veglienti 
leggi: 

Zugo : TCJviaione parziale della higge sul- 
VsseÌKmTazione immoibiliaa^e contro g-li in-een- 
.di: Basilea-Città: l&gge suH'asisi'eu'raBionie ob- 
bligatoria contro le malattie; Berna: legge 
suU'iflHposta ; Ginevra : legige costituzionale 
SfuUe incompatibilità; legge oostituzionale sul 
referendum facoltativo; legge coetituzionale 
sul diritto di iniiziatiira ; Ticino: legge sul- 
Timpoista; Grigioni: censimento degili imimo- 
bili; proigetto di legige dica le frazioni «di 
comune; Basilea-Città: domanda d!i inizia- 
tiva circa la rappresentanza profporzionale 
nella nomina dei decitati al Gran (Consiglio. 

Nello -stesBO anno, 1890, vennero accettate 
le seig«uenti disposiziolii legisìlative : 

Basilea-Città: costituzione riveduta; Svit- 
to : disposizioni concementi le intimazioni 
mediante affissi relative alle saiooessìoni ; di- 
sposizioni legali sulle scomparge di x)erisone 
o aaBenze proltiingate ; Zurigo: m'odiificazione 
alVart. 4 della legge sulle votazioini; legge 
sui funerali; Berna: legge sulla prooed'upa in 
materia di responisabilità civile e proprietà 
inteH'ettuale o industriale; Turgovia: legge 
sull'igiene pubblica e sulla polizia delle der- 
rate alimentari; Ticino: damanda di inizia- 
tiva per la reviedione della costituzione, da 
farsi col mezzo di una costituente; S vitto: 
diispoeizioni legali concernenti l'assilouirazione 



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248 CAPITOLO VII 



dei faibbrioati e del moibilio in caso d'inoen- 
dio; legge sull'indennità in oaso di inoendio 
dei faibbrioati; nioid'iifiicazioiie deWart. 2 d'ella 
legge sulla Banoa eantanale; legige co<ncer- 
nente l'imposizione 'degli staibilimenti di tras- 
porto, depositi di mercanzie eoe.; Berna: leg- 
go sulla ereazione d'una sianola induistriale; 
decreto modificante una legge precedente circa 
la scuola d''agricoltura della Riitti; Grigioni: 
revisione della procedura penale; 8. Gallo: 
piogatto di oos'tituzione. 

Nell'anno 1891 furono respinti: 
Lucerna: domanda di iniziativa iper la revi- 
sione della costituzione; Zugo: domanda di 
iniziativa eoncernente la revisione della legge 
sugli esercizi e saill'imposta ; 8ciaffusa: legge 
costituzionale concernente la revisione delle 
dkposfizioni relative al potere gi'udiziario ; 
Soletta: legge circa l' applicazione della legge 
federale d'Esecuzione e Fallimenti; Berna: 
idem ; Argovia: idem ; Basilea-Campagna: 
idem; legge relativa al diritto miatrimoniale 
in materia di bemi, al diritto d'eredità, e alle 
do>nazioni; Argovia: secondo progetto d'una 
legge cantonale per l'a/pplioazione di quella fe- 
derale d'Esecuzione e Fallimenti ; art. 65 della 
legge predetta; domanda di revisione per affi- 
dare- al popolo l'elezione dei membri del Con- 
siglio di Stato e di quello degli Stati; 8 vitto: 
revisione parziale della costituzione; Soletta: 
legge sulle conseguenze in ordine ai diritti 
civici dell' eeieicfuzione infruttuosa ; Grigioni : 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE ] 249 

legge su^li fltipen-dii dei memlbri del corpo 
iasegnante primario; Turgovia: decreto con- 
oernente la riongaaizzazioiie degli stalbilimenti 
cantonali di alienati. 
Nell'anno 1891 furono accettati: 
Lucerna: revisione della Costituzione; Ti- 
cino: oostituzione riveduta; Berna: decreto 
circa la percezione d'un imiposta per l'es-ten- 
Siione del servizio puJbblieo degli alianati ; 
legge icirca rubrogazione di leggi concernenti 
la faibbricazione deiraioqoiavite e del trois-six; 
Turgovia: legge circa la revisione del capi- 
tolo XI della legge rurale; legge d'apiplica- 
zione di quella federale d'Esecuzione e Falli- 
nienti; Basilea-Città: elezione dei giudici da 
parte del i>o(polo; Ticino: domanda di inizia- 
tiva per una revisione parziale della costitu- 
zione cantonale, mediante una Costituente; 
Zurigo: legge d'apiplicazione di quella fede- 
rale d' Esecuzione e Fallimenti ; Berna : de- 
creto concernente la partecipazione dello Sta- 
t-j alla costruzione di nuove ferrovie; Soletta: 
codice civile rivedui>o ; codice * di procedura 
rivedoito ; Basilea-^Canvpagna : secondo pro- 
getto di legge concernente il diritto matri- 
moniale in materia di beni, il diritto d'ere- 
dità, e le donazioni; Ginevra: legge costitu- 
zionale in materia di iniziativa; legge costitu- 
zionale circa l'epoca dell'elezione del Gran 
Consiglio e del Consiglio di Stato e durata 
delle loro funzioni; Zurigo: legge cosititu- 
zionale con'oemente disjposizioni particolari 



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250 CAPITOLO vn 



ajpjplioaibili ai cccl^uhì che h^nno più idi 
10.000 albilianti; legge concernente PaTmes- 
sion© alla città di Zurigo di alcuni ooomini 
limitrofi, e le inii>oiste conwiniaili di Zurigo 
e Winterfiiir (.aff)pirovata, mano un articolo 
riguardante Festerisione delia siouola prima- 
ria) ; concordato tra i Cantoni di Zurigo , 
S vitto e S. Gallo circa Tesercizio della pesca 
nel lago di Zurigo; Basilea-Città: decreto 
ccjinioernente la libera disposizione della Piazza 
del Mercato; Soletta : secondo progetto di 
legge d'applicazione di quella federale d'E- 
secuzione e Fallimenti; legge per incorag- 
giare e migliorare riallevamento del bestiame; 
Zugo: iniziativa di revisione costituziomale ; 
Svitto: secondo progetto di revisione costitu- 
zionale; legge d'applicazione di quella fede- 
rale di Eseoudone e Fallimenti; Berna: se- 
conido progetto di legge d' app-licaziome di 
quella federale d' Esecuzione e Fallimenti ; 
Basilea-C am/pagna : decreto concernente la 
revisione della costituzione cantonale ; se- 
condo progieitto dil legge d^ appLìjcajzione di 
quella federale d' Esecuzione e Fallimenti ; 
Origioni: legge concernente la revisione delle 
ccnd'anne penali; Zugo: legge relativa alla 
creazione d' ana banca cantonale ; Basilea- 
Città: deoreto modificante la Costi<tuzione nel 
senso di affidare agli elettori la nomina dei 
mieanibri dei tribunali cantonali. 
;Nell'anno 1892 furono respinti: 
Ticino : legge sulla partecipazione dello 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 251 

Stato alla costa^uzione e all' esenoiizio delle 
ferrovie pedonali; Tur go via: legge sullo sti- 
pendio degli iiisciepi di prefettura ; Ticino : 
leigge sulla poliz^ia dfegli esercizi p-ubbli<3Ì ; 
Zurigo: legge modificante alcune disiposizioni 
relative ai giudici di distretto; Ginevra: re- 
visione totale della oostitujsione; 8 vitto: de- 
creto coneernente l'acquisto di 200 azioni del- 
la ferrovia died Sud-est svizzero; 8. Gallo: 
logge sui funerali civili; Argo via: legge re- 
Irtivia alle tasse di naiburailiziaaizione; Basi- 
h a-'Camypagna : legige riguardante il riposo do- 
menicale. 

Nell'anno 1892 furono accettati: 
Turgovia: decreto concernente la ricostru- 
zione d'un manicomio; Berna: legige circa il 
riordinamento dei registri fondiiarì e titoli 
ipotecari distratti nell' iincend'io di Meirin- 
gen; 8oletta: legge stille tasse da prelevarsi 
per diritti di concessioni idraiulidie acicor- 
date dallo Stato; legge trasformante la se- 
zione commer'ciale della scuoila cantonale in 
scuola di comonercio; iniziativa circa le iaiti- 
mazioni di pagamjento e le minaiooie di fal- 
limento; Zurigo: decreto aiutorizzainte un cre- 
dito per la trasformazione dello staibilimenbo 
Btugger a Wiilflimigen in casa di salute; de- 
creto axrtorizizante un credito per la costru- 
zione d'una clindloa e poliolinioa orf talmiJca ; 
Basilea—C a^mpagna : costituzione cantonale ; 
Tvrgovia: iniziativa per il ripristino d'una 
tas^a sull'a birra; Ginevra: legge costituzio- 



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252 CAPITOLO vn 



naie sulla rappresentanza proporzionale dei 
deputati al G^r?.ii Consiglio; lefgìge costituzio- 
nale- moditì-oante un artiioolo della legge sul 
culto protestante; Turgovia: decreto per la 
costruzione d'un nuovo osiped'ale per vaiuolosi ; 
Grigioni: oosrtjituzione aantonale riveduta; Ti- 
cino: costituzione canitonale rivediuita; Sciaf- 
fusa: legge relativa alia revisio'ne di tre arti- 
coli della costituzione; Friburgo: revisione 
parziale della costituiziione cantonale; Berna: 
revisione della costituzione, mediante il Oran 
Consiglio; legi^e comcernonte la partecipazione 
dello Stato al mantenimeuto delle strade di 
IV olasise ; naodificiazione a completamanto 
della legge suiraesicurazione imimobiliare. 

INell'anno 1893 furono reepiati i prowc- 
dimenti seguenti: 

'Soletta: revisione della -costituzione, me- 
diainte una costituente; S, Gallo: iniziativa 
per r introduzione del voto proporzioni! le ; 
Turgovia. : secondo progetto di leigge sugli si i- 
pendi degli uscieri di precfettuna; legge sul- 
l'esecuzione d'un catasto generale; legge circa 
un'imposta sugli spacci di birra; leggfe sulla 
sovvenzione dello Stato alle ferrovie a scar- 
taouento ridotto; Basilea—C arwpugna: legge 
sugli onorari dei memlbri del Consiglio di 
Sta>to, del cancelliere e del suo sostituto ; 
Grigioni: legge sugli stipendi degli inseignan- 
ti primari; legge circa l'obbligto del bollo i)er 
le cambiali; legge d'imposta sulle successioni 
K^oU'ateraili , legati, don'azioni ecc. ; Berna : 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 253 

leig>ge sulle oonse^ueuze oividie del fallinDento 
e delFeseciizioiie infruttuosa; Argovia: ini- 
ziativa •conceimenrtic la revisioaie della leg!ge 
sulla caccia ; Soletta : riforma finanzi'aria ; 
Svitto : iniziativa e (noernente una legige sul 
bollo; Turgovia: questione della gratuità del 
m-ateriiale scolastioo peop le scuole primarie e 
Vò scuole di perfezionjamiento ; Lucernai do- 
ma;njda d'iniziativa concernente Fintroduzione 
dell'elezione piioporzion'aile per i deputati al 
Gran Consig-lio, e la divisione del Cantone 
ir. 8 circoli elettonalli. 

Nell'anno 1893 furono accettati: 
Soletta-, legfge sull'istituzione dei tribunali 
d*. probiviri ; Lucerna : legige sull' imposta ; 
Sciaffusa: ripristino della pena di morte per 
omiioidio; Zurigo: miodifìcazione dell'articolo 
della Costituzione riguardante l'elezione dei 
maestri e dogli eoolesi astici, nel senso pro- 
posto dal Gnan Consiglio e non dalla do- 
manda d'iniziativa; modificazione d'un arti- 
colo della legge concernente l'industria degli 
alberigbi; leg»ge sulle costruzioni nelle loca- 
lità urbane; Berna: legge concernente l'orga- 
nizzazione della polizia cantonale; Argovia: 
Iqgge circa il ritiro del cantone di Argovia 
dal concordaito con altri Cantoni relativo ai 
vizi redibitori del bestiame; Berna: costitu- 
zione cantonale; Ginevra: legge costituzio- 
nale per l'elezione da parte dbl popolo dei 
deputati al Coniriglio degli Stati; Zurigo : 
l'eigge riguardante la custtodia e la tassa dei 



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254 CAPITOLO VII 



cani; legge sulla di'visiooie di quaittro parroc- 
chie; legige sul traaifermiento allo Stato della 
ma^iior parte died iser^vizi stradali; Berna : 
modificazione alla leigige suirimposta; Soletta: 
secondo prog-etto (M legge sulle conseguenze 
civiche del falliinento e della esecuzione in- 
fiuttuosa; S vitto: legge sui diritti d'eiediità; 
Ticino: revisione parziale della cositituzione 
riguardante TeseTcizio elettorale dei tieinesi 
doimioiliati alPestero. 

Nel 1894 furono respinti: 

Berna: secondo progetto sulle conseguenze 
civiche del fallimi ento e dell'esecuzione in- 
fruttuosa; Ginevra: legge accordante un cre- 
diito di un milione e mezzo di frandhi al 
governo per lasoaeurare la costruzione d'una- 
ferrovia; Grigioni: legge sull'esercizio della 
caccia; Zurigo: decreto determii'naiLte a quale 
comune politico deve essere aoinesiso Her- 
zogenmiihle; iniziativa per la soppress-ione 
delle pensioni dei maestri e degli ecclesia- 
stici; legge sugli sitipenidi dei membri del 
Coaisiglio di Sftato e dei giudici ca'mtonali. 

Nel 1894 furono accettate: 

Friburgo: revisione parziale della costitu- 
zione cantonale; Turgovia: legge concernente 
il pegno del bestiame ; Zurigo : legge ohe proi- 
bisce il lavoro nelle fa'bbriche nei giorni fe- 
stivi; modificazione alla legge sull'asBicura- 
zione dei fabbricati; Soletta: legge sull'allog- 
gio dei cauioellieri di tre prefetture ; Ticino : 
revisione della costi'tuzione nel senso di sta- 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 255 

bilire una aied<e| permiaaienìte del Tritonale 
d'Aipipello ; Zugo : revLs-iome della costitu- 
zione; Berna: legge sulle scuoile priimarie; 
Turgovia: decreto coiicer*ri©nte rampi^aiineinto 
de*^ Manicomio cantonale ; Grigioni : legige 
sulle costruzioni ; Zurigo : legge circa le fiere, 
i m/ercati, il conumencdo amibul'ante; deicreto 
circa la conservazione del fondo cantonale 
I>er i vigneti; pevisione della legige sulla fi- 
lossera; elevazione dell' imlpoista dei biglietti 
di Banca dal 6 al 6 p. cento delFammontare 
dell'einiissione ; Berna : legge suHl'edilizia ; 
legge sugli apiberghi; Zurigo: domanda di 
iriziiaitiva concernente la revisiione dell'art. 
32, alinea 2, della costituzione; legge sul di- 
ritto d' imiziatirva popolare; legge siuila pro- 
tezione degli operai; Argovia: comjpletamento 
della legge rurale; legge sulle conseguenze 
del fallimento e dell'esecuzione infruttuosa; 
parziale modificazione della legge sulle ele- 
zioni e le votazioni; Soletta: legge suM'as- 
si'Gurazione del bestiame; Sciaffusa: domanda 
di inizia tiiva per la revisione della costitu- 
zione cantonale, da fansi per mezzo d'una Oo- 
stituente; Ticino: legge circa la creazione di 
un manicomiio; riforma dell'organizzazione 
giudiziaria e della procedura pena/le. 

Abbiamo qui la statistica delle votazioni 
cantonali awerniite in tutta la Sviiizzsra nel 
periodo di cinque anni conjsecutivd, scelto a 
caso, e sufficiente per darci un'idea di quello 
cbe (può fare, in ordine alla direzione della 



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256 CAPITOLO VII 



cosa poi^bMlea , quella miasaa disorganizzata 
ohe, nei regimi purattnentJe parlaanentari, co- 
me niello mtonapchie assolute, è semipre go- 
vernata da U'na piccola « classe politiioa ». 

Dalla sempli'oe lettura dello sipeodliio delle 
votazioni surrrLportate badza agli occhi l' im- 
rniensa differemiia che corre tra queste forme 
d* governo e la democrJazia diretta; e appa- 
risele la potenza veraanente sovraina della vo- 
lo ^ntà della massa in queist' ultimia. 

Gli oggetti ynù disparati, che, megli Siati 
puT-amente costi tuziomali, si trattano e si ri- 
solvono, del tutto lontano dalla masisa me- 
desimla, e senza che questa ne aibhia sipesse 
volte neppure sentore, qui sono intieramente 
sottoposti al suo giudizio inaippellaibile. Que- 
stioni dhe pnessto di -noi sono di compet?i:iaa o 
del Parlamento o d'^una diviisione ded Ministe- 
rc , o del Consiiiglio di Stato, o d'un Prefetto, o 
d'unia Giunta provinciale, sono, nei paesi or- 
dinati a democrazia diretta, gi.udiicate © ri- 
solite dalla maggioranza del popolo. Questa 
decide di tutto: dal mutaimento della costitu- 
zione, a)ìla pairteoipaizione dello Stato aliai 
costruzione d'una ferrovia; dall'erezione di 
una scuola, all' introduziome di una nuova 
imposta; dalila determinaziione di una circo- 
scrizione atti mini strat iva a una legge di po- 
lizia; dal diritto civile agli stipendi dei mae- 
stri o degli ecclesiastici. 

(Ohi consideri il forte numero di leggi ela- 
borate dai Gran Consigli e dai Goverui oan- 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 257 



temali — minoraiiiza oirganiazata, «"class© po- 
litica > — © a cui la mag^ioraiiza dei cit- 
tad'ini — miasisa disoirgianiizzata — ha, col 
suo voto contrario, neigato viigore; non paio 
non isoong^re imimediataimieaite quanto noti' 
ci tpoviamo qui lontani dialla teoria del Mo- 
sca, e quanto gli Stati a demiooraizsia diretta 
rappresentino al'cuntcibè dà v-eraanente niuovo e 
di radicalmente diverso da quelli a ouii la 
teoria stessa si ap(pJica. 

E ee ne persuaderemo miaggiiomiente, ri- 
flettendo, non solo al numero delle leggi che 
i governanti apfprovarono e la massa respanise, 
ma anchte a quelle ohe SKjatUTirono diretta- 
mente daJ volere della nuaBSia: ne aibbiaono 
parecchi eseanpi, nella serie sopra enumeraita, 
siia nelle domanide di iniìziativa (le quali 
hanno sempre un'origine e uno sipirito con- 
trari alla claSi.^ dirigente, giaiodhè ai spiegane 
là dove una determinata tendenza popolare 
non trova la sua esplicazione né nel governo 
né nell'assemblea dei rappresentanti) che fu- 
rono accettate dal popolo; sia nei secondi 
progetti di varie leggi che furono sottoposti 
alla votazione popolare ed approvati. La pre- 
sentazione, infatti, di un secondo progetto di 
legge che, dopo la reiezione del primo, viene 
accettato , sigmifLca che il secondo progetto 
venne elaborato in modo da introdurvi quelle 
disposizioni o togliervi quelle altre la cui 
miancànza o la cui presenza aveva fatto re- 
spingere il primo progetto dalla nuaggioranza 



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258 CAPITOLO VII 



pqpollare. SiigiiLfioa inscttmna dhe gli enti go- 
vernativi e legiferainti han'no sentito e bamno 
obbedito alla volontà di questa maggioranisia. 

Ciò ne eonduioe ad un'ialtra osservazioiie. 
Nei paesi dove esisttomo il referendum e i di- 
ritti d'iniziativa e di revisione, la potenza 
della volontà delia massa sul governo è asaai 
maiggiore di qusilo cbe apparifiee d'aiUa nadsuna 
con cui, in concreto, tale volontà sii fia via- 
kire mediante quegli istituti. 

Jli'esistenza del referendum, dell'iniziativa 
e della revisione, è, per sé stessa, iaitfatti, 
una spada di I>amocle che pende sopirà ogmi 
diapoisiizione legislativa o costituzionale oon- 
trariia al volere della miaggionanza dtelUia co- 
mtunità. Batata Pesilstenizia di quegli isitituti, 
per determinare gli enti governativi a pre- 
stare la massima attenzione a/lla volontà della 
miassa e tad obbedirvi prontaimente, giiaochè 
essi sanno che qualunque disoibbeldienza sa- 
rebbe punita dalla massa con um voto che 
manderebbe a picco la disposizione di cui si 
tratta. La sola esistenza di quelle istituzioni, 
adunque, esercita, indipendentemente dalla 
loro messa in azione, un peso decisivo nel 
senso di rend'ere sovrana nelle determinaizioni 
del governo la volontà popolanre. 

Chiunque ha qualcthe pratica della vita po- 
litica d'un Cantone svizzero sa quanto que- 
sta paura del referendum influisica sulle de- 
eiadoni del governo e dell'assemibiea ; e sa 
come, consegiuenteanente, il governo obhedi- 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 259 

soa docilmeiifte a quella ohe i conservatori 
italiani chiaimer<elhber,o «la piazza», cdioè al- 
Pqpinione pubbEoa. E quan'to all'Ajmepiica, il 
Bryoe, iról suo libro più volte oiitato, offre 
numerose eld egpliicite testiimoniianzie, «he vi aic- 
cade la stessa >006a. 

« Anche là (egli scrive) dove il meooa— 
nisnaso per pesare o aniBunare la volontà i>o- 
polajre, da una settimana all'altra, o da un 
mese all'altro non è stato inveaiitato o non è vi- 
cino ad esserlo, può aWeniTe òhe i 'oapi, mini- 
stri o legi^atori, siano condotti aid a^re come 
s ». eedsfteaise ; ciò è a dire, che essi osservano 
tutte le maniifestazioni deH'opinione puJbbQjiica 
corrente, e 'dhe cercano d'i agire sieoondo l'idea 
che si fanno di queste manifestazioni. In que- 
sto caiso la massa dei cittadinii, non perde 
di visJta gli affari pubblici, perchè eeinte dhe 
è essa che governa raalm.en'te, e òhe i suoi 
rappresentanti, esecutivi o legidbajtivi, sono 
piuttosto i suoi servitori che i suoi rappre- 
sentanti.... Al di sopra dei Presidenti e dei 
governatori di Stato, al disopra del Congresso 
e delle legislatuire di 'Stato, s'erge l'opinione 
pubblica ohe è, agli Stati Uniti, la grande 
fonte del i)otere, il padrone di tutti i servi- 
tori ohe tiemano dinanzi a lei.... SLocomie (la 
americana) è ]a formia di governo popolare 
più sviluippata, è antche la forma che produce 
più naturalmente ciò che ho chiamato iH go- 
verno mediante l'opinione pubblLca. Si può 
dire che il governo popolaire esisite dovunque 



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260 CAPITOLO vu 



il potere intàera è dato al poipolo e viefiie dal 
popolo. Il govenno medraii'te l'opiaiioaie p^ib- 
bliioa esiiste là dove i desideri e le viste del 
popolo prefvsàgouìo, ancbe prima d'eseere stati 
espressi per mezzo deg-li orgiani regolari sta- 
biii'ti daLLa leigige, e senaa dbe sia necessario 
ohe vengano espres&i in tale foirmia.... Ee&a 
(l'opimione piibblica) cre&oe e si svikuppa non 
al Congresso, né nelle legislautre di .Sitato, 
m- in quelle grandi Convenzioni ohe fanno i 
prograaiilnii e stoelg-ono i candidati, ma nedla 
mjaiasa del popolo. Efe&a viene espressa dovun- 
que dalla voce deUia foflJia. Esaa governia icome 
una i)otenza imjpaljxabile dhe penetra tutto, 
a guisia dell'etere die passa traverso a ogni 
cosa. Esea raccorda tutte le parti di questo 
sistema coanplicato, e dà ad esise l'unità di 
sloopo e di azione die pos'seigigono ». (1) 



Abbiamo più volte accennato alla circo- 
stanza dhe tra le monarchie assolute e quelle 
parlamientari non Ve divensi'tà di sostanza, 
e dije la viera «e so^tanzfiale disitinzionie iel- 
le forme di governo deve farsi tra gli Stati 
assoluti e parlamentari da una parte, e quelli 
a democrazia diretta dall'altra. Ciò forma 
anz5 il punto centrale del nostro pensiero. 



(1) Bryce — Op. cit.. Voi. Ili, Quatrième partie. 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 261 

Ma alcuni .uottmini politici (ooone, per e- 
seanpio, l'on. SaKsdhi) prafessano in Italia la 
teooi'ia che la monarchia aia oomjpatibille col 
governo dcmocratiico. 

Non sappiamo che coeia costoro intenidaino 
per governo dieanocratico ; forse quaAehe larva 
di referendum^ ammitnistrativo naédiante il 
quale si potrà votare sopra la convenienza 
o imeno <li erigetre im piazza una fontaaia, o 
di istituire una bilblioteca ci-rcolante. Oonj 
questo la monarchia è comjpatiibiliissiima ; ma 
col governo democratico, di cui noi abbiamo 
delineata qualche fattezza, col governo nel 
quade (come scrive Tocqueville) « al di sopra 
d* tutte le iistituzioni e al di fuori di tutte 
la forme, esiste un potere supremo, quello 
del popolo che le distrugge o le modifica a 
sua posta» (1) — con questo governo, che è 
il Qok) nel quale la volontà jKDpolare sia pie- 
naimente sovraaa, la monardhia è, intuitiva- 
men»te, incompatibile. 

E' incompatibile, non tanto per iH fatto Ln 
se stesso deM^eei-stenza, alla testa dello Stato, 
d-'un potere ereditario; quanto perchè questo 
fatto ridhielde imprescindibilmente un ordi- 
namento generale deUo Stato che sd dirami 
in tutta la nazione (mediante una rete di 
ietituzioni immobi'li&te, non atte cioè aid es- 
sere amoeise o modificate profondamente dal- 



(1) Tocqueville — La Démoci-atie en Amérique^ Voi. II, 
Chap. I. 



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262 CAPITOLO VII 



Tond'a in penpertuo oangLamesiito della volontà 
popolare; kaipercodbè, senza questa forte rete 
di istituzioni immobilli'site, ferme come siooigli, 
resistenti all'urDo del volere dlella folla, non 
potrebbe restare immobile e perenne nepipure 
l'istituzione au/prema, la motnardiia. 

lOio è, pipieti'aQnio, intui-tivo, così die oi 
paTrebbe superfluo l'insisctervi. La questione 
della monarchiia non è una questione dii forma 
pemhè non si tnaitta soltanto deiU' ereldita- 
rietà anzidiè dell'edeggibilità del jxotere su- 
premo. L'esisteniza dela monarchi'a dmapoine 
una serie di istituzioni, saMe ooatro la vo- 
lontà della massia, non d'ipendeniti. da eissia, le 
quali movano dal eentro dello Stato e giun- 
gano alla perilferi'a, e creino degli argini la 
cui eBistenza o il .oui abbattimento non di- 
penda da un voto della maggioranza. Sarebbe 
ridieolo il pensare ohe, non diciamo la noamina 
d? parte del popolo dei ministri, mia il refe- 
rendum (illimitato, come Tabbiaono visto in 
Isvizzera), e i diritti d'iniziativa e di revi- 
sione — vale a dire i mezzii coi quali soltanto 
la massa riesce a sifuggire al govei^no della 
« classe palitiica ». e a imporre pienamente la 
sua volontà nella direziione della cosa pub- 
blica — siano compatibili con una istitu- 
zione legalmente eterna e alla quale una certa 
paffte della sovranità deve, legalmente, appar- 
tenere in modo perenne. 

La teoria del Mosca, adunque, la quale si 
applica con perfetta verità a tutti i fenomeni 



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LA SOVRANITÀ POPOLARE 263 

politici Òhe si fmianifestamo nelde varie forme 
di governio fino e in'oMsiviaimente ad siisteana 
parlaimeai'taTe, viea meno di fronte a qiiel 
moderno sviluppo della demoarazia mediante 
il quale la le^gifelazione, oi^diinaria e oostitu- 
zicnale, è plasanata diretta'mente dalUa massa, 
coi sistemi di cui abbia-mo paorlato. 

Un tale ordinamento pollitioo sfug'ge oomi- 
pletaanente al prixncipiio genenale affermato 
dal Mosca. Esso si innalza di fronte alle 
monarchie assoilute e ai governi parlamentari 
— • entramlbi anciens régimes — come un as- 
setto veramente nuovo. Esso costituisce (come 
scrive il Bryce (1)) «in fatto, se non in 
apparenza, un governo diverso dal sistema 
raippresentativo quale se lo figupavano i pen- 
satori e gli uomini di Stato europei delFul- 
tim-a generazione. Ed è a questo genere di, 
governo ohe sembrano tendere le nazioni de- 
mocratiche ». 



(1) Op. ciL, Voi. Ili, paj?. 346. 



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Errata- Corrige. 



A pag. 218, riga 15, invece di e in piccola schiera » leggasi 

« in piccole schiere ». 
A pag. 219, riga 3, invece di « esercito nazionale » leggasi 

a esercito stanziale >. 



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I 



INDICE 



Inirodwsione di A. Ghisleri pag. vii-xiii 

Prefazione - 3-12 



CAPITOLO I. 
Veeobi e nuovi governi. 

La distìnzione delle forme di governo — Sua errata appli- 
cazione — I governi contro i popoli e i popoli contro i 
governi — Persecuzioni comuni alle monarchie assolute 
e ai regimi parlamentari — La " classe politica » — Il 
passaggio dal vecchio al nuovo pag. 15-38 

CAPITOLO II. 
I^ monarchie assolute. 

L'opinione pubblica nelle monarchie assolute e nei regimi 
parlamentari — Prove del suo trionfo nelle prime — 
Enrico IV, Maria de' Medici e Luigi XIII — La volontà 
popolare anticlericale vincitrice nella monarchia asso- 
luta fk'ancese — Necker e il " contoreso « — Il popolo 



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266 INDICE 



e la politica estera prima della Rivoluzione — I clubs e 
le associazioni operaie pag. 41-61 

CAPITOLO III. 
Il sistema parlamentare. 

Ostacoli speciali contro la volontà popolare — La monarchia 
costituzionale — Re-travicello? — Interessi dinastici e 
mezzi per farli valere — 11 tipo normale della monarchia 
costituzionale — La volontà del re nella scelta dei mi- 
nistri — Le crisi — L'educazione polìtica professionale 
del monarca — I rapporti personali di politica estera — 
L'opinione di Max Nordau — Re e Presidenti, pag. 65-101 

CAPITOLO IV. 
Il sistema parlamentare (cont.). 

Ancora degli ostacoli speciali contro la volontà popolare — 
Senato di nomina regia — Opinioni del Summer Maine, 
del Palma, di Cavour, di Crispi — L' esercito perma- 
nente — Sua funzione, dichiarata dal Mosca — Le armi 
e la Costituzione — Questione di forma ? — Un'obbiezione 
insostenibile — Le violazioni abituali dello Statuto — 
Superfluità del colpo di Stato pag. 105-131 

CAPITOLO V. 

Il sistema parlamentare (cont. e fine). 

Ostacoli di ordine generale contro la volontà de) popolo — 
Il meccanismo parlamentare — Il vizio alla radice: l'ele- 
zione — Pressioni e corruzioni governative — La facoltà 
di sciogliere la Camera — L'azione del candidato — II 
funzionamento del' sistema: osservazioni di Max !N'ordau 
— L'annientamento della divisione dei poteri — La que- 
stione di fiducia e la trasformazione del potere esecutivo 
in legislativo pag. 185-168 



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INDICE 267 



CAPITOLO VI. 

I^a democrazia diretta. 

Il novus or do — Effetti dell'assenza di crisi e della impos- 
sibilità di sciogliere le assemblee ~ Vantaggi deir eleg- 
gibilità e periodicità delia funzione di Capo dello Stato 

— n principio dell'eleggibilità in tutti gli uffici pubblici 

— Stati Americani e Cantoni Svizzeri — L'azione del 
referendum — I diritti d' iniziativa e di revisione in Ame- 
rica e in Isvizzera — La rivoluzione legalizzata — Rap- 
presentanza proporzionale e nazione armata — I diritti 
politici del popolo svizzero pag. 171-225 

CAPITOLO VII. 
Ita sovranità popolare. 

Lo sradicamento della " classe politica „ — La votazione 
sulle cose anziché sulle persone, e la sua portata — La 
democrazia diretta e la lotta di classe — Le classi in 
America e in Europa — La massa legislatrice: esempi 
svizzeri — Il dominio dell' " agora „ — Monarchia e 
democrazia — Conclusione pag. 229-263 



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